2016-06-25 13:47:00

Lombardi: Francesco ha toccato il cuore degli armeni


Il Papa ha usato la parola “genocidio” per ricordare le ferite e sanarle, non per riaprirle e rinnovarle. E’ quanto affermato da padre Federico Lombardi commentando l’aggiunta a braccio da parte di Francesco al suo discorso alle autorità armene. Al microfono di Alessandro Gisotti, il direttore della Sala Stampa Vaticana si sofferma sulla seconda giornata del viaggio apostolico in Armenia, a partire dalla toccante visita al Memoriale delle vittime del genocidio:

R. – Un momento molto toccante: è il luogo in cui si vive più intensamente l’esperienza anche di sofferenza del popolo armeno, e il Papa si è fatto presente senza fare discorsi ma pregando, con il raccoglimento e la preghiera. Certamente anche la dedica che poi ha lasciato sul Libro d’oro era molto espressiva della sua partecipazione a questa tragedia del popolo armeno, e della sua speranza che attraverso le tragedie si costruisca, però, un futuro di pace. E’ stato bello anche l’incontro con alcuni discendenti dei bambini che, orfani, erano stati accolti a Castel Gandolfo proprio ai tempi del genocidio. Tra l’altro, una di queste persone è il fratello dell’arcivescovo Minassian di Gyumri: è una storia che è anche vicina a tante persone che sono tuttora qui presenti e attive.

D. – Alla Messa il Papa ha esortato gli armeni a non lasciarsi abbattere dalle avversità. Ecco, quindi con questa visita c’è un incoraggiamento a una comunità cristiana così provata in tante occasioni … anche il terremoto, che è stato ricordato …

R. – Certo: la Messa è stato un fatto assolutamente storico per la comunità armena cattolica e anche per la città di Gyumri che ha accolto il Papa con grandissimo calore. Questa città è stata colpita anche recentemente dalla tragedia del terremoto – ci sono stati circa 25 mila morti nella sola città, nel grande terremoto di qualche decennio fa – e la città si sta riprendendo; e la presenza del Papa per una grande celebrazione a cui hanno partecipato naturalmente tutti i cattolici che hanno potuto venire, ma erano presenti anche diversi fedeli apostolici – cioè, il bello di questa celebrazione è che è stata la prima celebrazione della storia fatta in piazza, perché gli armeni apostolici non le fanno in pubblico, ed era partecipata dai fedeli delle due Chiese principali e c’era la presenza del Papa come celebrante, ma anche una cordiale presenza del Catholicos e di tanti rappresentanti della Chiesa armena apostolica. Quindi, un momento di festa spirituale molto espressiva. E l’omelia del Papa è stata molto consistente: aveva diversi temi, anche proprio di carattere spirituale – il tema della memoria, che è molto caro al Papa, come fondamento dell’esperienza spirituale che si proietta poi verso il futuro; il tema della fede, il tema della misericordia, un riferimento alla grande ricchezza della spiritualità della Chiesa armena, la figura di San Gregorio di Narek in una celebrazione estremamente ricca di temi e molto raccolta. Il momento poi dell’entusiasmo è stato in particolare quando ha fatto il giro in papamobile: qui il Papa ha fatto salire sulla papamobile anche il Catholicos Karekin e ha fatto insieme con lui il giro in mezzo alla gente. E’ stato uno di questi gesti semplici ma estremamente espressivi di uno spirito di grande accoglienza e di vera fraternità spontanea.

D. – Cosa la colpisce in particolare in questo viaggio nel rapporto tra il Papa e la gente dell’Armenia? Il popolo è così fortemente presente in questo pontificato: c’è qualche carattere particolare che si è espresso in questi due giorni di Francesco, in Armenia?

R. – Qui i cattolici sono una piccolissima minoranza: in questo senso, non è che la presenza del Papa abbia richiamato grandi masse se non questa mattina con la Messa a Gyumri; e poi, questa sera vedremo la celebrazione ecumenica nella Piazza della Repubblica di Yerevan, a cui si aspettano alcune decine di migliaia di persone. Ma quello che si verifica anche qui, come altrove, è che Papa Francesco ha un certo carisma indubitabile di comunicazione con la gente, attraverso i suoi gesti, i suoi atteggiamenti, la sua spontaneità e la sua semplicità, per cui si attira dalla gente comune un affetto e una simpatia abbastanza eccezionale: c’è qualche cosa di carismatico, veramente. E questo lo si nota anche qui, come in tanti altri Paesi di culture lontane, come la Corea e così via, che il Papa ha visitato e dove sempre è riuscito a stabilire una relazione di affetto profondo con il popolo. Poi, il fatto che ieri per esempio lui abbia usato la parola “genocidio” spontaneamente per ricordare il massacro degli armeni nel secolo scorso, è qualcosa che ha toccato, suscitato una notevole gratitudine da parte del popolo armeno. Quindi ci sono questi gesti, magari questi tocchi che stabiliscono un rapporto di simpatia profonda. E questo è innegabile che stia avvenendo  anche in questi giorni.








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