2016-06-23 09:00:00

Prof. Asolan: martiri copti, testimonianza di fede che scuote


I cristiani copti uccisi in Libia dall’Is sono santi martiri, “dottori di coerenza cristiana, testimoni di fede”. Così Papa Francesco pochi giorni fa nella visita a Villa Nazareth ricordava il martirio dei 21 copti sgozzati nel febbraio del 2015. Proprio recentemente, don Paolo Asolan, docente di Teologia Pastorale all’Istituto Redemptor Hominis della Pontificia Università Lateranense ha incontrato in Egitto la famiglia di Milad, uno dei copti barbaramente ucciso dai jihadisti. Il docente della Lateranense ha visitato numerose realtà cristiane in Egitto nell’ambito di una riorganizzazione da parte della Provincia dei Frati Minori della propria pastorale. Alessandro Gisotti ha raccolto la sua testimonianza:

R. – Sono stato a visitare diverse realtà sia cristiano-cattoliche sia copte e all’interno di queste comunità copte il paese dal quale provenivano 15 dei martiri sgozzati sulla riva del mare in Libia.

D. – Lei ha avuto un’esperienza di incontro molto forte, proprio con la famiglia di uno dei copti martiri uccisi dall’Is …

R. – Sì la famiglia di Milad, che nel video è quello che si vede per primo mentre prega aspettando, appunto, che si compia l’esecuzione. Aveva una moglie e un bambino che adesso ha tre anni, più la mamma e il papà e come succede in queste famiglie, si tratta di una famiglia allargata: ci sono le sorelle della moglie … In questa piccola comunità, dove – tra l’altro – lo Stato egiziano sta costruendo una chiesa in onore dei martiri, ci sono 15 famiglie che hanno un martire in casa.

D. – Cosa l’ha colpita delle famiglie di questi martiri?

R. – La prima cosa, impressionante, è la familiarità che hanno con l’idea stessa del martirio, cioè che il loro legame di Battesimo con Gesù non è solo un legame di acqua, ma anche un legame di sangue per cui in un certo senso prevedono o tengono in considerazione questa possibilità, e la tengono in considerazione come una sorta di segno di amore da parte del Signore: questa è la cosa più sconvolgente! La seconda è che la fede si mantiene – o si è mantenuta – in quel contesto così difficile sia per questa forza del martirio, sia per l’altra forma di martirio, che è il monachesimo, così presente specialmente nel deserto. D’altra parte, il monachesimo è nato con Sant'Antonio nel Deserto di Tebe. Fa impressione la libertà con cui dicono espressioni come “tra il tenere la vita e darla al Signore, meglio darla al Signore”. Ho anche chiesto alla mamma di Milad cosa ha sentito, che cosa si è detta nel momento in cui ha visto il video e la morte del figlio, e lei diceva che certamente la cosa più dolorosa per una madre è perdere un figlio, ma non c’è un gesto d’amore più grande che si possa fare per il Signore che dare la propria vita per Lui.

D. – Nella recente visita a Villa Nazareth, Papa Francesco ha ricordato proprio i cristiani copti uccisi dall’Is in Libia. E' fondamentale non dimenticare mai questi martiri …

R. – Sì. Da una parte, credo che loro abbiano bisogno di sentire che noi li sosteniamo; dall’altra, la naturalezza ma anche la totalità di questa fede, di questo amore  che esprimono anche così, effettivamente guarisce molte delle nostre perplessità, dei nostri dubbi! C’è un mistero di persecuzione del Cristo che continua anche nelle sue membra. E poi c’è anche questo aspetto: si tratta di famiglie di gente molto semplice, che vivono la fede come il pane quotidiano. In un certo senso è vero che il Signore si rivela ai semplici e ai piccoli e quindi la forza di questa testimonianza – pur segnata dal dolore, che tuttavia era un dolore ‘fasciato’, raccolto, custodito proprio dalla consolazione – ha un suo senso anche intimo e profondo, che loro colgono.








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