2016-06-11 14:01:00

Tomasi: dicastero Giustizia e Pace è servizio non ministero


In vista del suo 50.mo anniversario di fondazione, che cade nel 2017, il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace ha radunato a Roma il 9 e 10 giugno scorsi i rappresentanti regionali dei Comitati giustizia e pace dei cinque continenti. Un'occasione per fare il punto sulle nuove sfide che la Chiesa deve affrontare, come spiega l'arcivescovo Silvano Maria Tomasi, membro del dicastero "Justitia et Pax", al microfono di Fabio Colagrande:

R. – Al Pontificio Consiglio di Giustizia e Pace stiamo preparando il 50.mo dalla fondazione di questa struttura della Curia Romana, uno dei frutti importanti del Concilio Vaticano II. Per studiare come sottolineare e celebrare questo anniversario, il Consiglio ha convocato i rappresentanti regionali delle Commissioni giustizia e pace delle varie parti del mondo.

D. – Quali sfide sono emerse tra le più attuali proprio sulle tematiche della giustizia e della pace anche alla luce del Magistero di Benedetto XVI e ora di quello di Papa Francesco?

R. – È chiaro che la Dottrina sociale della Chiesa continua a evolvere per dare risposte adeguate in base ai principi fondamentali che vengono dal Vangelo, alle nuove situazioni politiche, all’avanzamento della tecnologia e allo sviluppo delle varie situazioni che si presentano. Nello scambio di vedute, si è avuto un pò il polso di come le Chiese locali sentano le priorità del momento. L’impatto delle Lettere, delle Encicliche – Caritas in Veritate, per esempio, e Laudato si’ – hanno dato una spinta in avanti alla Dottina sociale della Chiesa che ha portato una riflessione sull’economia contemporanea e sull’ambiente. Quindi, questi due temi – la crisi dell’economia e della funzione dell’economia al servizio della persona e non del profitto e l’attenzione alla Creazione come dono di Dio che deve essere gestito in maniera corretta – sono tra i temi in questo momento stanno occupando tante chiese locali. Però, ci sono anche altre preoccupazioni. Ad esempio, i rappresentati delle Commissioni per la giustizia e la pace dell’Europa si sono focalizzati molto sull’immigrazione massiccia che sta creando delle reazioni diversificate di paura oppure di un po’ di speranza da parte di una minoranza. Questo e le persistenti ineguaglianze, che continuano a essere evidenti specialmente per i giovani che fanno fatica a trovare la lavoro, sono tra i temi che sono stati discussi e valutati. Adesso, diventeranno una piccola base su cui fare avanzare la riflessione dottinale, ma soprattutto cercare di suggerire delle soluzioni operative.

D. – Il 50.mo del Dicastero Giustizia e Pace che verrà celebrato il prossimo anno è occasione anche per rivedere la missione di questo dicastero, aggiornarla, anche alla luce della riforma della Curia che è in svolgimento. Da questo punto di vista, quali punti sono emersi da questo incontro?

R. – La celebrazione di un anniversario in questo caso non è tanto la celebrazione di una struttura quanto di un servizio, di un ministero nella Chiesa, dell’intuizione avuta dal Concilio Vaticano II. Dall’importanza di dialogare con il mondo contemporaneo c’è questa sintonia e questa convergenza di attenzione verso la realtà che le persone vivono quotidianamente. Di questo abbiamo una grande testimonianza nel ministero petrino di Papa Francesco che vuole eliminare frontiere, vuole che ci sia un’inclusività nell’approccio della vita sociale, cioè che tutti possano partecipare al bene comune. Nel frattempo, si deve pensare che vari Consigli verranno accorpati e che quindi oggi che c’è un’enfasi in particolare sulle relazioni che esistono tra le varie situazioni. Per esempio, non si può parlare di rifugiati senza parlare di pace, non si può parlare di emigrazione senza parlare di sviluppo, non si può parlare di salute senza parlare del diritto della persona ad avere il necessario per sostenere la sua dignità. In questo contesto di interdipendenza tra le varie situazioni, la risposta che si vuole dare attraverso la riforma della Curia è appunto quella di mettere l’accento non tanto su un settore o l’altro dell’attività umana, delle difficoltà e delle crisi contemporanee, ma di rispondere in maniera integrale, comprensiva, far convergere i talenti, le expertise di tutti per essere più efficaci nel servire la famiglia umana oggi.








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