2016-06-08 15:25:00

Violenza domestica: due casi di omicidio-suicidio in 24 ore


Due tragedie familiari nelle ultime 24 ore a Taranto e in provincia di Pordenone. Nel primo caso, ieri pomeriggio, un uomo ha ucciso la moglie e il figlio di 4 anni, prima di esplodere un colpo di pistola contro se stesso. La coppia era in fase di separazione, così come si erano da poco lasciati i due fidanzati trovati morti stamattina all'interno di un'abitazione a Spilimbergo. Ma che cosa pensare di fronte a questi ripetuti episodi di violenza domestica? Adriana Masotti lo ha chiesto a Mario Binasco, psicoanalista e docente di psicopatologia all’Istituto “Giovanni Paolo II” per Studi su Matrimonio e Famiglia:

R. – La reazione generale che questi fatti producono è ovviamente una reazione di disconoscimento, orrore, distanza. E poi, probabilmente, l’emergere del discorso generale che si fa ai nostri tempi, molto spesso, e cioè che la famiglia è il luogo di tutti i disastri, di tutte le patologie e così via. Il che può non essere del tutto sbagliato, nel senso che la famiglia è il luogo, in un certo senso, più importante, dove l’essere umano nasce, cresce e dove sono maggiori le poste in gioco. Non stupisce, quindi, che sia anche il contesto in cui appaiono i più grandi scivolamenti, le lacerazioni ecc… La mia reazione è che in fondo fenomeni di questo tipo sono sempre accaduti. C’è da chiedersi, da interrogarsi quindi sul tipo di novità, di attualità che ci testimoniano questi fatti. La mia opinione è che, forse, poiché queste cose sembra accadano più facilmente, questo sia un segno che oggi gli esseri umani, noi insomma, siamo meno attrezzati per affrontare e vivere anche le nostre stesse passioni positive. E’ come se la relazione amorosa diventasse una messa alla prova talmente grande che noi non siamo attrezzati per viverla.  

D. – Un elemento ricorrente di questi casi è l’incapacità di sopportare un fallimento oppure, appunto, la separazione…

R. – Assolutamente. Noi viviamo in un’epoca di traumi, ma la cosa strana è che i traumi ci sono sempre stati. Quello che oggi notiamo, di molto diverso, è la capacità di sopportarli. Oggi, bisogna fare di tutto per evitare che un trauma accada. Allora questo è un segno assoluto di debolezza. Assoluto. Se bisogna infatti evitare in tutte le maniere che si verifichi un fatto, che in fondo ci si può aspettare che accada, vuol dire pensare che, se accade, noi siamo completamente senza risorse davanti ad esso. E può essere, forse, che questa debolezza sia sentita in modo molto più forte oggi dagli uomini.

D. – Ecco, allora, che cosa fare per prevenire queste violenze, per ridare forza anche ai rapporti, alle famiglie?

R. – Bisogna, secondo me, smetterla di poggiare solo sulle comunicazioni sociali – i media, i giornali, l’opinione… – poggiare solo lì la trasmissione, la comunicazione delle esperienze umane della vita. Piantarla di fare questo e prendere molto sul serio il fatto che la gente nasce, matura, cresce, affronta le sue prove, tutto questo solo all’interno di concrete relazioni. Uno non è che impara a fare il marito o il genitore dai giornali e dalla tv. Se vuole, oggi succede così, di fatto. Ma questo in realtà non lo sostiene poi nel rapporto. Il rimedio, la prevenzione sta solo nel lavorare per una società in cui i rapporti familiari, umani, amorosi e così via siano presi in conto per quello che devono essere.

D. – Quindi, più capacità educativa dei genitori, della scuola, della comunità ecclesiale…

R. – Assolutamente. Rendersi conto, per esempio, che una cosa è il sapere – se vuole, l’istruzione – e che un’altra cosa è l’educazione, la formazione del soggetto nelle sue relazioni. Questi sono esempi chiarissimi. Bisogna sapersi misurare, quindi, con l’educazione e con la formazione.








All the contents on this site are copyrighted ©.