2016-06-07 11:49:00

La corsa alla Casa Bianca: Hillary Clinton sfiderà Trump


A poche ore dal "Supermartedì" di primarie negli Usa, Hillary Clinton ha raggiunto il numero di delegati necessari per conquistare la nomination democratica per la Casa Bianca. Lo afferma l'Associated Press sulla base dei calcoli della Cnn. Se il dato sarà confermato sarà la prima donna nella storia degli Stati Uniti a partecipare a un'elezione presidenziale. A sfidarla sarà Donald Trump. Adriana Masotti:

Hillary Clinton è la candidata democratica alla Casa Bianca contro il repubblicano Donald Trump. Superando la soglia dei 2.383 delegati necessari, l'ex segretario di stato Usa ha vinto la nomination del suo partito. Secondo la Cnn, dopo la schiacciante vittoria di domenica in Porto Rico, la Clinton si è assicurata 1.812 delegati e 572 super delegati. E oggi si vota per le primarie democratiche in altri sei stati: California, New Jersey, Nord e Sud Dakota, New Mexico e Montana. "Siamo vicini ad un momento storico, ma abbiamo ancora del lavoro da fare e lotteremo per ogni singolo voto", ha dichiarato Hillary, che ha invitato gli elettori ad andare a votare, soprattutto in California. Sarà la convention di fine luglio a Filadelfia a confermare formalmente la nomination. Un esito per ora contestato dall’altro aspirante democratico alla Casa Bianca, Bernie Sanders: "E' un peccato che i media, con un giudizio affrettato, ignorino la richiesta della Commissione nazionale del partito democratico di aspettare per la conta dei superdelegati a questa estate", ha precisato il portavoce del rivale di Hillary. Secondo Michael Briggs, tutto “dipende dai super delegati che non voteranno fino al 25 luglio e che fino ad allora possono cambiare idea".

Sulle differenze tra i due aspiranti alla presidenza, Giancarlo La Vella ha intervistato Paolo Mastrolilli, corrispondente negli Usa per il quotidiano la Stampa:

R. – Donald Trump ha impostato tutta la sua candidatura sul fatto di essere un outsider, un candidato contrario all’establishment repubblicano. Ha preso delle posizioni, in particolare sulla politica estera: ad esempio, contestando l’utilità della Nato o suggerendo che Giappone e Corea del Sud dovrebbero costruire le loro bombe atomiche per difendersi dalla Corea del Nord, posizioni che sono però completamente al di fuori della politica estera americana. Hillary Clinton, invece, viene considerata un candidato in continuità con l’amministrazione Obama, dove ha ricoperto il ruolo di segretario di Stato ed è molto più legata alle posizioni tradizionali della politica estera americana. Ci sono delle significative differenze anche per quanto riguarda i commerci internazionali, dove Donald Trump vorrebbe praticamente cancellare o rinegoziare tutti i trattati stipulati dagli Stati Uniti. La Clinton, invece, alcuni di questi trattati li ha negoziati di persona e quindi chiaramente li vuole conservare, perché ritiene che la globalizzazione sia un vantaggio per il Paese. Poi, naturalmente, ci sono anche delle evidenti differenze sul piano della politica interna. Donald Trump vorrebbe costruire un muro lungo il confine con il Messico e deportare tutti i 12 milioni di latini che vivono e lavorano negli Stati Uniti, ma che sono degli illegali. La Clinton invece vorrebbe favorire una strada verso la cittadinanza o, comunque, verso l’accettazione legale di queste persone nel Paese.

D. – Sullo Stato sociale, che è stato un pò il fiore all’occhiello del fronte democratico, cosa pensa Donald Trump?

R. – Trump, naturalmente, da questo punto di vista è un candidato repubblicano tradizionale. Gli esponenti del Partito repubblicano vogliono che lo Stato abbia meno peso possibile, mentre i democratici sono più favorevoli a una presenza dello Stato nell’attività sociale del Paese. Hillary Clinton sostiene la necessità di aver una sanità gratuita per tutti quanti i cittadini e quindi intende costruire sulla base della riforma fatta dal presidente Obama e che a suo avviso è troppo limitata. Al contrario, Trump vorrebbe completamente cancellare questa riforma sanitaria e tornare in sostanza solamente al sistema delle assicurazioni.

D. – Il  rapporto con le grandi potenze ?

R. – È un rapporto molto delicato in questo momento, perché c’è una forte instabilità in particolare con la Russia, che in Ucraina ha, di fatto, sfidato il sistema degli equilibri che si era creato in Europa dopo la Seconda Guerra mondiale, ma anche in Asia, perché la Cina nel Mar Cinese Meridionale sta portando avanti in sostanza delle politiche espansioniste. Da questo punto di vista, Trump ha semplicemente detto che sarebbe più bravo degli altri a fare degli accordi, mentre Hillary Clinton, chiaramente avendo avuto un’esperienza come segretario di Stato, ha già affrontato queste questioni. Certamente, lei aveva cercato di riavviare i rapporti con Mosca: è un’operazione che però non ha funzionato e si rende conto di quanto pericoloso sia il confronto in corso con Mosca. Per quanto riguarda la Cina, lei come segretario di Stato era stata la "regista" della politica degli Stati Uniti verso le regioni dell’Asia del Pacifico: certamente perché l’Asia è un grande continente in grande sviluppo economico e gli Stati Uniti ne hanno bisogno per lo sviluppo delle proprie imprese e dei loro interessi economici, ma anche perché questo serviva per fare un po’ da contraltare alla Cina e quindi rafforzare i rapporti economici e istituzionali con gli altri alleati della regione asiatica, proprio per frenare questo espansionismo cinese. Queste sono questioni che naturalmente il prossimo presidente dovrà comunque affrontare.








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