2016-06-05 11:16:00

Canonizzazioni. Ampia sintesi dell’omelia di Papa Francesco


Papa Francesco celebra in Piazza San Pietro la Messa solenne per la Canonizzazione dei Beati Stanislaw di Gesù Maria (Jan Papczynski), e Suor Maria Elisabetta Hesselblad. Di seguito un’ampia sintesi dell’omelia pronunciata dal Papa dopo il rito di Canonizzazione:

“La Parola di Dio che abbiamo ascoltato – ha esordito Francesco – ci riconduce all’evento centrale della fede: la vittoria di Dio sul dolore e sulla morte. E’ il Vangelo della speranza che sgorga dal Mistero pasquale di Cristo, che irradia dal suo volto, rivelatore di Dio Padre consolatore degli afflitti. E’ una Parola che ci chiama a rimanere intimamente uniti alla passione del nostro Signore Gesù, perché si mostri in noi la potenza della sua risurrezione”. In effetti, ha proseguito, “nella passione di Cristo c’è la risposta di Dio al grido angosciato, e a volte indignato, che l’esperienza del dolore e della morte suscita in noi. Si tratta di non scappare dalla Croce, ma di rimanere lì, come fece la Vergine Madre, che soffrendo insieme a Gesù ricevette la grazia di sperare contro ogni speranza”. Questa, ha soggiunto il Papa, "è stata anche l’esperienza di Stanislao di Gesù Maria e di Maria Elisabetta Hesselblad, che oggi vengono proclamati santi: sono rimasti intimamente uniti alla passione di Gesù e in loro si è manifestata la potenza della sua risurrezione".

La prima Lettura e il Vangelo di questa domenica, annota Francesco, "ci presentano proprio due segni prodigiosi di risurrezione, il primo operato dal profeta Elia, il secondo da Gesù. In entrambi i casi, i morti sono giovanissimi figli di donne vedove, che vengono restituiti vivi alle loro madri". La vedova di Sarepta, una donna non ebrea, che però aveva accolto nella sua casa il profeta Elia, ha rammentato il Papa, "è indignata con il profeta e con Dio perché, proprio mentre Elia era ospite da lei, il suo bambino si era ammalato e adesso era spirato tra le sue braccia. Allora Elia dice a quella donna: 'Dammi tuo figlio', 'Dammi tuo figlio'. Questa è una parola-chiave: esprime l’atteggiamento di Dio di fronte alla nostra morte". "Non dice: 'Tienitela, arrangiati!', ma dice: 'Dalla a me'. E infatti il profeta prende il bambino e lo porta nella stanza superiore, e lì, da solo, nella preghiera, 'lotta con Dio', ponendogli di fronte l’assurdità di quella morte. E il Signore ascoltò la voce di Elia, perché in realtà era Lui, Dio, a parlare e agire nel profeta. Era Lui che, per bocca di Elia, aveva detto alla donna: 'Dammi tuo figlio'". E adesso, ha detto Francesco, "era Lui che lo restituiva vivo alla madre".

La tenerezza di Dio, è la riflessione del Papa, "si rivela pienamente in Gesù. Abbiamo ascoltato nel Vangelo (Lc 7,11-17) come Lui provò 'grande compassione' per quella vedova di Nain, in Galilea, la quale stava accompagnando alla sepoltura il suo unico figlio, ancora adolescente. Ma Gesù si avvicina, tocca la bara, ferma il corteo funebre, e sicuramente avrà accarezzato il viso bagnato di lacrime di quella povera mamma. 'Non piangere!', le dice . Come se le chiedesse: 'Dammi tuo figlio'. Gesù chiede per sé la nostra morte, per liberarcene e ridarci la vita". Infatti, annota il Pontefice, "quel ragazzo si risvegliò come da un sonno profondo e ricominciò a parlare. E Gesù 'lo restituì a sua madre' . Non è un mago! E’ la tenerezza di Dio incarnata, in Lui opera l’immensa compassione del Padre".

Una sorta di risurrezione, ha proseguito, "è anche quella dell’apostolo Paolo, che da nemico e feroce persecutore dei cristiani divenne testimone e araldo del Vangelo. Questo radicale mutamento non fu opera sua, ma dono della misericordia di Dio, che lo 'scelse' e lo 'chiamò con la sua grazia', e volle rivelare 'in lui' il suo Figlio perché lo annunciasse in mezzo alle genti", "così l’apostolo sarà non solo un messaggero, ma anzitutto un testimone".

Anche con i peccatori, ha detto ancora il Papa, "Gesù non cessa di far risplendere la vittoria della grazia che dà vita. E oggi e tutti i giorni, dice alla Madre Chiesa: 'Dammi i tuoi figli', che siamo tutti noi. Egli prende su di sé i nostri peccati, li toglie e ci restituisce vivi alla Chiesa stessa. E ciò avviene in modo speciale durante questo Anno Santo della Misericordia". La Chiesa, ha concluso Francesco,  ci mostra oggi "due suoi figli che sono testimoni esemplari di questo mistero di risurrezione. Entrambi possono cantare in eterno, con le parole del Salmista: 'Hai mutato il mio lamento in danza, / Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre' (Sal 30,12). E tutti insieme uniamo le nostre voci dicendo: 'Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato'".

 

 








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