2016-06-04 12:00:00

Naufragio a Creta: salvi 350 immigrati, centinaia i dispersi


Nuovo dramma davanti alle coste greche. Ieri circa 350 persone sono state salvate, ma secondo l'Oim, l'Organizzazione internazionale per le migrazioni, sulla barca che si è rovesciata, a largo dell’isola di Creta, erano in 700. In arrivo in Sicilia la nave con i sopravvissuti, mentre al Brennero Pax Christi ribadisce il"no" alla chiusura della frontiera italo-austriaca. Massimiliano Menichetti:

Un dramma senza fine quello di chi cerca di scappare da guerra e distruzione e trova la morte nel Mediterraneo. Ieri un barcone si è capovolto a largo dell’isola greca di Creta. La “carretta del mare” ha iniziato ad affondare in acque internazionali a 75 miglia a sud del porto di Kalo Limeni, per i media locali, stava tentando di far rotta verso l'Italia. Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni a bordo erano in 700. Circa 350 sono stati salvati, degli altri non si sa più nulla. Uomini, donne e bambini inghiottiti dalle onde, mentre l’Europa alza muri e continua a parlare di hotspot e di come salvare vite. 117 invece i corpi recuperati su spiagge dell'ovest della Libia, erano tutti “africani”, potrebbero essere i migranti che erano a bordo di un altro barcone trovato vuoto giovedì e capovoltosi forse il giorno prima. Un migrante invece è stato trovato morto nelle acque del fiume Tysa, al confine fra Serbia e Ungheria. Con tutta probabilità, in questo caso, si tratta del componente di un gruppo di persone che due giorni fa cercava di passare illegalmente in Ungheria e soccorso dalle guardie di frontiera. E oggi iniziativa di Pax Christi al Brennero dal titolo "Ponti e non muri" per dire "no" alla chiusura della frontiera italo-austriaca. Chiudere questo passaggio ha detto la cancelliera tedesca Angela Merkel sarebbe "la distruzione dell'Europa". 

In questo scenario Amnesty International ha denunciato l'assoluta povertà, i diritti violati e l'integrazione negata dei profughi in Turchia ed ha chiesto all'Ue di “interrompere immediatamente i piani di rinvio dei richiedenti asilo sulla base - scrive in un rapporto - della falsa pretesa” che vadano in “un Paese sicuro”. Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia:

R. – La Turchia è il Paese che ospita più richiedenti asilo e rifugiati al mondo – oltre 3 milioni – ed è semplicemente inimmaginabile che possa accoglierne altri a seguito dell’accordo tra Unione Europea e Ankara del 18 marzo. Le persone attendono anche anni prima che la loro domanda sia esaminata; nel frattempo non ottengono alcun supporto dalle autorità e questo spiega anche la diffusione del lavoro minorile tra i bambini rifugiati. Quello che preoccupa ancora di più è che la Turchia non è un Paese sicuro soprattutto perché rinvia i richiedenti asilo in zone di guerra: abbiamo denunciato più volte la prassi da parte delle autorità di Ankara di rimandare centinaia, se non migliaia, di richiedenti asilo siriani e decine di afghani nei luoghi di origine. Per questo Amnesty International chiede che l’accordo sia immediatamente sospeso, proprio perché non ha alcun crisma di legalità.

D. – Si sospende e poi con quale soluzione?

R. – La soluzione è sempre la stessa: resettlement, corridoi umanitari, percorsi legali e sicuri. Occorre che le persone che hanno necessità e titolo alla protezione internazionale - soprattutto i più vulnerabili - cessino di stare in una situazione assolutamente precaria e invivibile all’interno dei campi, quei pochi che ci sono in Turchia, ma soprattutto sotto i ponti, in mezzo ai parchi, vivendo di nulla, se non del lavoro dei loro figli. Queste persone devono essere portate in Europa e redistribuite secondo un criterio di condivisione delle responsabilità tra tutti i 28 Stati membri.

D. – Intanto, però, nel Mediterraneo si continua a morire... si parla di hotspot, di sicurezza; si alzano muri; si va in tante direzioni, ma l’impressione è che non si arrivi ad una soluzione efficace…

R. – Sono tutti palliativi, alcuni dei quali violano completamente i diritti umani. L’idea che si respinga, che si paghi un Paese che si trova di fronte, dall’altra parte del mare, per trattenere o riprendersi i richiedenti asilo è un’idea di cortissimo respiro, cinica, irresponsabile. Oggi quello che succede è che - avendo affidato completamente la sorte di centinaia di migliaia di persone alla criminalità organizzata che si trova in Turchia, che si trova in Egitto, che si trova in Libia e che si trova altrove – c’è una lotteria: se c’è una nave da quelle parti, qualcuno viene salvato; se non c’è, si muore, perché le imbarcazioni sono completamente inadatte… Politicamente può anche conseguire qualche successo questa idea, perché si dà la sensazione che si soccorre tanti e qualcuno muore… Ma fino a quando non ci saranno questi corridoi umanitari, questi percorsi legali e sicuri e questa redistribuzione, si continuerà a morire... E piangere, gridando all’emergenza quando è qualcosa che accade da un quarto di secolo, è veramente stucchevole!








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