2016-06-02 14:22:00

Le testimonianze dei sacerdoti: "ascoltare" la fede della gente


Migliaia i sacerdoti giunti a Roma da tutti i continenti per il Giubileo. Oggi hanno seguito le meditazioni del Papa, domani saranno in Piazza San Pietro per la Messa conclusiva di questo importante appuntamento dell'Anno Santo della Misericordia. Ascoltiamo alcune testimonianze in questo servizio di Fabio Colagrande:

Nelle testimonianze dei sacerdoti, giunti da tutto il mondo in Vaticano per il Giubileo a loro dedicato, emerge cosa significa vivere concretamente l’Anno Santo della Misericordia nelle diverse diocesi. Don Fiorenzo Andrea Tosini, della diocesi di Ferrara-Comacchio, è confessore nella parrocchia della Natività di Maria a Bondeno:

R. – E’ bello che lo si viva giorno per giorno, perché sono coloro che si accostano a questo Sacramento che lo vivacizzano. A noi sacerdoti ci provocano a pregare ed anche a studiare, perché da sempre abbiamo occasioni di aggiornamento, di preghiera; ma soprattutto mi preme dire che sono i laici - sono loro - che ci chiamano. Dico una cosa che può forse sembrare banale: un sacerdote si mette la stola, si siede tra i banchi in Chiesa, la gente arriva. E questo credo che sia la lezione magistrale più bella che ci possa essere per un sacerdote, al di là delle catechesi, delle preghiere, degli inviti dei nostri vescovi, puntuali e precisi. Però la lezione magistrale è – come ci ha insegnato il nostro vescovo – "Ascoltate la fede della gente!". Questo è veramente l’input più bello. Il secondo viene dal Signore: è Lui che ci vuole far incontrare la gente proprio attraverso la gente.

Don Alberto Rubio Huidobro, originario del Cile, è viceparroco del Santuario della Madonna del Divino Amore a Roma:

R. – Significa aprirsi ad una immensa richiesta-domanda dei fedeli: in tantissimi si erano allontanati dalla fede, ma si sentono ora richiamati dal modo di parlare e di porsi di questo Papa di fronte al mondo. Nel Santuario, in cui abbiamo un ministero della riconciliazione sacramentale, siamo 20 sacerdoti che confessiamo mattina e pomeriggio, tutti i giorni; ed ora abbiamo un lavoro molto più consistente, perché la gente viene. Questo Papa ci obbliga a cambiare un poco la nostra posizione di fronte alle cose: c’è più lo sguardo da centrare nel rapporto della persona con Cristo. E’ un Papa che realmente ci sta portando al centro delle cose, al recupero di cose che magari abbiamo dimenticato nel cammino per un eccessivo sforzo nel difendere la dottrina in un tempo che cambia. La genialità di Papa Francesco è che non ha fatto un convegno sulla misericordia, una riflessione analitica, ma sta obbligando tutta la Chiesa a fare una esperienza di misericordia per poter testimoniare questo al mondo. E’ di questo che l’uomo ha bisogno oggi.

Partecipa a questo Giubileo anche il sacerdote angolano don José Bassanza Pèngado, temporaneamente studente a Roma presso la Pontificia Università Urbaniana:

R. – Aprire il cuore per i più bisognosi, per i poveri, per i malati; cercando di portare anche la riconciliazione in tutto il mondo e soprattutto per coloro che hanno bisogno di rinascere nello spirito dei figli di Dio. E’ questa la prima forza che io ho capito grazie all’esperienza che sto facendo qui, in questo periodo che posso rimanere qui in Roma. La seconda intenzione è quella di ricostruire la Chiesa al suo interno e portare questa Chiesa di Dio per tutto il mondo. Questa è anche la seconda intenzione del Santo Padre: vuole una Chiesa povera, una Chiesa semplice; una Chiesa che abbia lo spirito della carità. Tutti noi – anche io come sacerdote – devo ricostruire la mia identità e proprio perché io sono un sacerdote l’essere uomo della misericordia è una via in cui passa la grazia id Dio, in cui passa la benedizione.

Ma cosa significa rimettere la misericordia al centro del proprio servizio pastorale? Don Luca Biancafior è parroco della chiesa di Gesù Divino Lavoratore a Marghera, diocesi di Venezia

R. – Ci sono diverse strade. La prima è quella di non legarsi troppo alla regola, cercando invece di incontrare la vita della persona che hai di fronte, perché ogni vita nasconde delle ferite e queste ferite devono essere capite, devono essere comprese sia da chi le dice che da chi le ascolta e quindi – per quello che è possibile – sanate. Le regole, a volte, ci fanno diventare dei meri esecutori, dei funzionari più che dei testimoni della misericordia. Credo, invece, che oggi più che mai, ci sia bisogno di gente che sappia testimoniare questa misericordia, vivendola in prima persona ed assumendosi anche le responsabilità di dare il perdono e di farsi carico di una vita che comunque viene loro incontro.








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