2016-06-01 13:21:00

Svizzera. Domenica dei rifugiati, appello di cristiani ed ebrei


“Riguardo alle immense ondate di profughi, l’Europa e la Svizzera devono affrontare enormi sfide. Non esistono soluzioni semplici. Per rispetto della nostra tradizione umanitaria, non possiamo subordinare la nostra empatia per le persone bisognose al riconoscimento di uno statuto legale di rifugiato” . Lo scrivono, in una nota congiunta, le Chiese e le comunità religiose della Svizzera, in vista dello Sabbat e della Domenica dei rifugiati che ricorreranno, rispettivamente, sabato 18 e domenica 19 giugno. A siglare il comunicato sono: la Conferenza episcopale cattolica elvetica, la Federazione delle Chiese evangeliche della Svizzera, la Chiesa cattolica cristiana locale e la Federazione svizzera delle comunità israelitiche.

Le notizie sui rifugiati sembrano non sorprendere più nessuno
“Tra la compassione e l’applicazione di criteri distintivi politici – si legge nella nota - si apre un vuoto nel quale si specchia la fragilità della nostra propria esistenza”. “Non passa giorno – prosegue il testo – che non si senta parlare dei rifugiati: le loro miserie, i loro tragitti, i campi-profughi, gli alloggi ad essi destinati”. Tutti avvenimenti che – si sottolinea – “ormai non sorprendono più nessuno, ma che hanno uno spazio fisso nei notiziari”. “Nelle regioni in guerra, nessun muro rimane in piedi – scrivono i firmatari – Le cartine geografiche e le coalizioni politiche subiscono, costantemente, cambiamenti radicali e coloro che sbarcano in Europa, sono quelli che sono sopravvissuti al cataclisma”.

Europa, una casa con le travi che scricchiolano
Guardando, poi, al Vecchio Continente, cristiani ed ebrei lo descrivono “come una casa con le travi che scricchiolano in modo preoccupante al passaggio delle naufraghi, i quali avvertono, sul loro viso, un forte vento contrario”. Il dramma è – prosegue la nota – che “la tempesta non distingue tra le vittime di violenza, i bisognosi, i perseguitati e gli opportunisti, gli approfittatori”. Ma prima di “fare distinzioni precise”, concludono i firmatari, si dovrebbe guardare alla storia di Giobbe, che dimostra che “il destino colpisce chi vuole”. (I.P.)








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