2016-06-01 12:18:00

Il Papa: la preghiera dell’umile spalanca il cuore di Dio


Stamani l’udienza generale di Papa Francesco è stata dedicata alla parabola del fariseo e del pubblicano. In una Piazza San Pietro gremita di gente, Francesco ha ricordato l’efficacia dell’umiltà, condizione necessaria per ottenere la misericordia, e ha  messo in guardia dal fariseismo. Il servizio di Debora Donnini:

Il fariseo e il pubblicano: la superbia e l'umiltà
Ruota attorno alle due figure del pubblicano e del fariseo, la catechesi di Papa Francesco che punta a far capire come ricevere la misericordia di Dio. Il fariseo prega stando in piedi, fa uno sfoggio dei propri meriti, elenca le sue opere come il digiuno o il pagamento delle ‘decime’ di quanto possiede. Eppure “il suo atteggiamento e le sue parole” sono lontane dal modo di agire di Dio. Egli si ritiene giusto ma trascura il comandamento più importante: amare Dio e il prossimo. Non basta domandarci – dice il Papa – “quanto preghiamo” ma “come preghiamo”, cioè se nel nostro cuore vi sono “arroganza” e “ipocrisia”. Non si può, infatti, pregare con arroganza e ipocrisia: bisogna invece recuperare il silenzio e “ritrovare il cammino verso il nostro cuore” perché “è lì” che Dio ci parla e solo a partire “da lì” possiamo incontrare gli altri. 
Al contrario del fariseo, il pubblicano, è umile e pentito:

“La sua preghiera è brevissima, non è così lunga come quella del fariseo: ‘O Dio, abbi pietà di me peccatore’. Niente di più. ‘O Dio, abbi pietà di me peccatore’. Bella preghiera, eh? Possiamo dirla tre volte, tutti insieme? Diciamola: ‘O Dio, abbi pietà di me peccatore. O Dio, abbi pietà di me peccatore. O Dio, abbi pietà di me peccatore’”.

Il pubblicano è un esattore delle tasse, malvisto perché considerato vicino ai dominatori stranieri. Lui conosce la sua condizione e agisce da umile, sicuro solo di essere peccatore:

“La parabola insegna che si è giusti o peccatori non per la propria appartenenza sociale, ma per il modo di rapportarsi con Dio e per il modo di rapportarsi con i fratelli”.

Il fariseo si sente superiore agli altri uomini qualificati come ingiusti, ladri, adulteri, riferendosi tra l'altro proprio al pubblicano lì presente. Il fariseo aveva tutto, mentre il pubblicano può solo mendicare la misericordia di Dio:

“E questo è bello, eh? Mendicare la misericordia di Dio. Presentandosi ‘a mani vuote’, con il cuore nudo e riconoscendosi peccatore, il pubblicano mostra a tutti noi la condizione necessaria per ricevere il perdono del Signore. Alla fine proprio lui, così disprezzato, diventa un’icona del vero credente”.

Il fariseo, invece, è l’icona del corrotto, perché la superbia compromette ogni azione buona, svuota la preghiera e allontana da Dio e dagli altri:

“Il fariseo è proprio l’icona del corrotto che fa finta di pregare, ma soltanto riesce a pavoneggiarsi di se stesso davanti a uno specchio. E’ un corrotto ma fa finta di pregare. Così, nella vita chi si crede giusto e giudica gli altri e li disprezza, è un corrotto e un ipocrita”.

L'umiltà apre la porta della misericordia
Papa Francesco punta dritto al cuore del suo discorso sulla misericordia, che è al centro del ciclo di catechesi delle udienze generali del mercoledì. E spiega che “Dio predilige l’umiltà” perché “è la condizione necessaria per essere rialzati da Lui” e quindi “sperimentare la misericordia”:

“Se la preghiera del superbo non raggiunge il cuore di Dio, l’umiltà del misero lo spalanca. Dio ha una debolezza: la debolezza per gli umili. Davanti a un cuore umile, Dio apre il suo cuore totalmente”.

Questa è l’umiltà della Vergine Maria espressa nel Magnificat: “Ci aiuti lei – dice Francesco – a pregare con cuore umile”.








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