2016-06-01 14:20:00

Falluja in agonia. L'Unicef: 20 mila bimbi in trappola


Sono decine di migliaia i civili, e tra loro moltissimi bambini, intrappolati nella città irachena di Falluja, chiusi tra due fuochi: quello dell’esercito iracheno e quello dei miliziani dello Stato islamico, che si contendono il controllo della città. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

Almeno 20 mila, forse anche più, sono i minori, bambini e ragazzi ridotti allo stremo, senza risorse, usati come scudi umani, armati per divenire soldati. E con loro le famiglie. Cinquantamila persone in tutto, sottoposte a “rischi estremi e crescenti” a Falluja, denuncia l’Unicef , città assediata da mesi dalle forze governative, e sulla quale pesa anche il sospetto, in quanto storicamente simbolo degli iracheni sunniti militanti, di un qualche sostegno all’Is. Il che farebbe temere, secondo gli analisti, anche una possibile reazione da parte delle milizie sciite sostenute dall’Iran. Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia:

R. – Sì, sono 20 mila ma il numero, purtroppo, tende a salire, 20 mila bambini anche con le loro famiglie. Manca tutto, cibo, medicine, acqua pulita, specialmente l’acqua incomincia a scarseggiare. Sono pochissime le famiglie che sono riuscite a scappare, sono in due campi che noi abbiamo allestito nelle zone limitrofe, ma molti altri, purtroppo, non ce l’hanno fatta e sono ancora chiusi in città. Naturalmente, le violenze sono di tutti i tipi. Noi siamo molto preoccupati perché i bambini, purtroppo, non soltanto sono vittime di queste violenze, ma corrono anche enormi rischi di reclutamento. E’ stato già denunciato dalle Nazioni Unite ma noi come Unicef l’abbiamo ribadito: purtroppo, i bambini vengono presi, fatti salire su camion, su macchine, e portati a combattere, imbracciando fucili. Spesso vengono separati con la violenza dalle loro famiglie e quindi vedono le loro vite, il loro futuro, messi a repentaglio. La situazione umaniaria, naturalmente, è molto complessa. Parliamo di un quadro, quello dell’Iraq, dove ci sono 11 milioni di persone fra gli iracheni, di cui la metà bambini, che hanno bisogno di assistenza umanitaria. Parliamo di un quadro che vede in Falluja la sua estremizzazione. Abbiamo evidenza, purtroppo, che circa 3 mila di questi bambini dal 2014 hanno subito violenze di tutti i tipi, tra cui uccisioni, mutilazioni e rapimenti, come quelli che stanno avvenendo in questo momento a Falluja. Quindi, ecco, il nostro appello è a creare immediatamente corridoi umanitari per salvare e portare via dalle zone di battaglia queste persone e questa umanità indifesa.

D. – Vi risulta anche che ci siano famiglie, bambini compresi, utilizzate come scudi umani?

R. – Ci sono purtroppo anche evidenze di questo tipo, specialmente nelle zone dove i combattimenti sono più aspri, le persone vengono utilizzate proprio per questo. Addirittura, l’Is li costringe ad andare in alcune zone, avviene come per quello che dicevo poco fa per le armi, i bambini vengono letteralmente costretti a maneggiarle e a utilizzarle, così è anche, purtroppo, per quanto riguarda la vicenda degli scudi umani.

D. – L’Unicef, le Nazioni Unite si appellano affinché si permetta l’apertura di corridoi umanitari per salvare almeno i minori. Sembra strano, però, che questa richiesta possa essere ascoltata dalle parti in campo, perché se da una parte abbiamo un esercito, dall’altra abbiamo lo Stato islamico …

R. – Sì, è esattamente quello che succede nelle 20 città sotto assedio in Siria. Da quanti mesi noi stiamo chiedendo l’apertura di corridoi umanitari per le 20 città come Madaya, come Aleppo che sono sotto assedio? Anche durante la tregua. Purtroppo, le speranze sono pochissime, basterebbe sfollare i civili in luoghi protetti o aiutare quelli che desiderano lasciare la città. Ma di fronte, e la conosciamo, alla follia sanguinaria dello Stato islamico, questo sembra molto complesso. Dopodiché, è chiaro che noi faremo tutto il possibile perché questo avvenga.

D. – Sembra molto strano che gli stessi carnefici possano diventare in qualche modo i salvatori. Quindi, avendo dall’altra parte interlocutori come i miliziani dello Stato islamico, che cercano nella morte dei bambini la visibilità delle loro azioni, che cosa pensate che sia necessario fare?

R. – In moltissime di queste zone, voglio dirlo perché è importante, anche a costo della vita molti nostri funzionari e operatori non perdono la speranza del dialogo. E’ chiaro che è impossibile, è chiaro che loro sono i carnefici, è chiaro che le condizioni di battaglia questo non lo consentono. Però, purtroppo, l’unica cosa che ci resta da fare è, nelle zone dove magari lo Stato islamico arretra, cominciare ad aprire varchi di questo tipo. Ed è quello che si sta facendo in questo  momento.








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