Si è aperto oggi alla Casina Pio IV in Vaticano il congresso della Fondazione Pontificia Schola Occurrentes, nata a Buenos Aires oltre 15 anni fa per impulso dell’arcivescovo Bergoglio. L’evento che riunisce rappresentanti di 40 università di tutto il mondo si concluderà domenica pomeriggio con l’udienza di Papa Francesco. Nella sessione inaugurale sono intervenuti, tra gli altri, mons. Angelo Vincenzo Zani, segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica e mons. Macelo Sanchez Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze. Alessandro Gisotti ha intervistato il direttore e fondatore di Scholas Ocurrentes, José María del Corral:
R. – Cuando nace “Scholas”, nace haciendo una primera
experiencia…
Quando nasce “Scholas”, nasce facendo una prima esperienza
tra giovani delle scuole cattoliche insieme a giovani delle scuole ebraiche e giovani
delle scuole musulmane. E questo è stato, di fatto, un po’ il primo compito, la prima
sfida che mi è stata affidata quando tutto questo è nato, ormai 20 anni fa. Sono andato
alla Comunità ebraica e ho chiesto se fosse stato possibile aiutarmi a formare un
gruppo di giovani adolescenti ebrei; poi, con loro - con i giovani cattolici e i giovani
ebrei insieme – siamo andati al Centro Islamico, in Argentina, e abbiamo formato un
altro gruppo composto da musulmani: lì è nata la prima esperienza della “scuola vicina”,
prima della crisi che ha vissuto poi l’Argentina. Questi giovani, insieme, cominciano
a pensare progetti che avrebbero potuto affrontare questa crisi. La vita reale era
quella che li educava! La vita quotidiana, la famiglia, la cultura … Per questo Bergoglio,
quando - in quel momento - ha visto che i suoi ragazzi erano capaci di pensare insieme
un progetto, malgrado vivessero in una società in cui gli adulti litigavano uno con
altro; la gente scendeva in strada e si rischiava che se ne andassero tutti, disse:
“Evidentemente il cambiamento profondo passa proprio per l’impegno dei giovani! E’
una bugia quella che sostiene che siano apatici e indifferenti!”. Una volta diventato
Papa si è reso conto che la crisi non riguardava soltanto l’America Latina, ma che
la crisi educativa e della gioventù era mondiale. Per questo ci ha convocato nuovamente
il 13 agosto 2013: da questa “casa” viene lanciata giustamente la prima chiamata di
“Scholas Occurentes”.
D. - Nel Seminario si presentano le “Cátedras Scholas”: può spiegarci questa nuova iniziativa?
R. – La “Cátedra Scholas” è uno spazio, è uno spazio in cui si incontra l’ambito accademico e della riflessione con l’ambito del lavoro e delle necessità che hanno le comunità educative, le scuole locali. Ci sono più di 500 progetti socio-educativi che sono già presenti nella rete; ci sono progetti che hanno a che vedere con la problematica dei rifugiati, che hanno a che vedere con le scuole che non hanno – per esempio – acqua potabile per i propri alunni o scuole che devono fare i conti con tutti i tipi di limitazione e che aspettano e hanno bisogno di accompagnamento e di aiuti. E’ per questo che abbiamo preso queste esperienze – queste 500 esperienze – affinché 42 università del mondo, di tutti i segni, di tutti le religioni, di tutti i continenti possano conoscerle e possano assumersi un impegno di 12 mesi, nel quale dire: “Voglio accompagnare questa esperienza con la mia università”. Crediamo che questo possa costruire un ponte effettivo e non basato solo su un dibattito, ma anche partendo dalla propria realtà. Quindi, partendo da questa esperienza, adesso, nel momento in cui nasce, e vedere quale sarà l’impatto, il risultato fra 12 mesi. Fra 12 mesi ci incontreremo di nuovi qui e ci diremo cosa è successo in questa esperienza.
D. – Quanto è importante il contributo di Papa Francesco oggi, dell’arcivescovo Bergoglio ieri, per la metodologia e per la pedagogia delle “Scholas”?
R. – Es esencial! Es como la vid con los sarmientos. Imposible de pensarlo ...
E’ essenziale! E’ come la vite con i suoi tralci…
Sarebbe impossibile pensarle senza Francesco, la sua linfa permanente: settimanalmente
dedica attenzione a tutto questo. E’ parte della sua vita quotidiana. E lo segue perché
– come lui stesso ha detto – non è impegnato soltanto con la testa, “ma con tutto
il mio cuore, con tutto quello che sono”. Il Papa crede infatti che se non cambiamo
veramente l’educazione, non riusciremo a cambiare mai il mondo.
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