2016-05-26 14:49:00

Francia. Riforma lavoro: sale protesta e Valls apre a modifiche


Il ritiro della riforma del lavoro “non è possibile” ma “possiamo sempre apportare delle modifiche, dei miglioramenti”: così stamane il premier francese Manuel Valls, all’ottavo giorno di mobilitazione dei sindacati contro la nuova legislazione che - sostengono gli oppositori - penalizza i  lavoratori e non rilancia l’occupazione. La protesta sociale è dilagata a fine aprile e sta paralizzando il Paese in settori strategici come l’energia, prima le raffinerie, poi le centrali nucleari, mentre incombe lo sciopero dal 31 maggio nelle ferrovie e dal 3 giugno nell’aviazione civile. Roberta Gisotti ha intervistato il prof. Jean-Pierre Darnis, esperto dell’Istituto Affari Internazionali (Iai):

D. – Professor Darnis, il governo di Parigi sta forse cedendo alle pressioni del popolo? Secondo un sondaggio, sette francesi su dieci sarebbero favorevoli al ritiro di questa riforma sul lavoro …

R. – Parlare di popolo è davvero un po’ esagerato: abbiamo un sindacato, che è la Cgt (Confédération générale du travail), equivalente un po’ alla Cgil italiana, che sta bloccando due cose: le raffinerie e stanno iniziando degli scioperi nelle centrali nucleari. Le mobilitazioni, fino a questo punto, non erano mobilitazioni di massa, però di fatto c’è un sindacato che ha delle roccaforti e che sta provando a fare un braccio di ferro con il governo.

D. – I punti più contestati sono la preminenza degli accordi aziendali rispetto alla contrattazione collettiva su ferie e orario di lavoro in particolare - e Valls finora ha escluso di ritoccare questo articolo 2 - e poi, gli straordinari ribassati del 10% rispetto alla paga ordinaria. Questi sono sicuramente provvedimenti impopolari …

R. - Sono stupito perché questa riforma è molto meno incisiva del jobs act italiano. Ovviamente in Francia, in un Paese dove abbiamo categorie ultra-protette, abbiamo la tendenza a voler mantenere delle tutele estremamente forti su alcuni punti. Però, la posta in gioco non è l’articolo 2 o l’articolo x: c’è certamente una volontà politica da parte di questo sindacato, la Cgt, di smarcarsi dal governo e di apparire come un sindacato ‘duro’. Lì, però, c’è da interrogarsi: nelle prossime presidenziali chi potrà vincere? E a chi gioverà questo tipo di operazioni? Allora, il governo dice che se non riesce a riformare e cercare la crescita, questo alimenta gli estremi e in particolare alimenterà l’estrema destra a tendenza populista nazionalista, rappresentata dal Front national; l’ultra-sinistra che è fuori dal governo e anche alcuni oppositori tra i socialisti, dicono: “No, dobbiamo essere noi gli alfieri di una volontà sociale di conservazione di diritti acquisiti e di difesa delle categorie, di queste categorie”. E’ un dibattito in corso e certamente si scontrano alcune visioni diverse della società francese.

D. – Questa riforma – come ha sottolineato anche lei – ricorda da vicino quella italiana, quindi viene da pensare che nel campo del lavoro si sta giocando una partita importante in Europa, forse però a danno di diritti acquisiti: forse erano diritti acquisiti ingiustamente o meno, però questa è una realtà di fatto …

R.- Certo. Come è una realtà di fatto che fino a poco tempo fa quelli che guidavano i treni andavano in pensione a 50 anni perché si era creato un regime che corrispondeva ai treni a carbone; però, i treni a carbone non ci sono più! Cioè, il mondo di oggi è diverso, l’aspettativa di vita è diversa, le condizioni della medicina sono diverse: sono tutta una serie di cose che hanno un effetto diretto, ad esempio, sulle pensioni. Non si può guardare al mondo di oggi con gli occhi di chi è uscito dal dopoguerra, con un lavoro fortemente industriale degli anni Cinquanta-Sessanta e che richiedeva una tutela di tipo particolare. Nelle nostre Carte fondamentali, i diritti dell’uomo non si rispecchiano nei regimi pensionistici o nei trattamenti che riguardino le ferie o gli straordinari …

D. – Bisognerà quindi che comunque questi nuovi scenari lavorativi siano poi trasferiti e assimilati anche a livello di cultura sindacale perché abbiano riflesso sui lavoratori …

R. – Ma, sa, la Francia da questo punto di vista – e pochi in Italia se ne rendono conto – è molto più conservatrice di quanto lo sia l’Italia. La sinistra francese, tradizionalmente è una sinistra di impiegati pubblici: questo porta il principale partito di sinistra a non avere dimestichezza con le logiche di produzione, le logiche aziendali e via dicendo. E qui c’è da interrogarsi, perché comunque gli estremismi crescono sul lato dell’insoddisfazione; se non si riesce a ritrovare alcuni cammini verso la crescita e quindi verso un’occupazione maggiore, anche dei giovani, questo farà soltanto il gioco degli estremisti. Però, la sinistra deve interrogarsi su dove strategicamente vuole andare a parare, anche perché anche lì abbiamo una attesa molto particolare, che sono le presidenziali francesi, l’anno prossimo, e che già vedono un segnale preoccupante – secondo il mio parere – nel quale la leader del Front national probabilmente supererà con facilità il primo turno. Insomma, dobbiamo guardare lontano per cercare un riformismo di una società che possa essere democratica e con un diffuso benessere sociale.








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