2016-05-26 19:15:00

Ancora un naufragio nel Canale di Sicilia: numerose le vittime


Ancora un dramma dell’immigrazione nel Canale di Sicilia. Stamani un barcone con un centinaio di persone a bordo si è rovesciato in mare. Oltre 20 i morti, mentre sarebbero un centinaio i profughi che sarebbero stati tratti in salvo. Ma purtroppo si tratta di dati ancora non confermati e il bilancio del naufragio potrebbe essere ancora più grave: potrebbero esservi secondo alcune fonti 100 dispersi. Il servizio di Giancarlo La Vella:

Si continua a morire di immigrazione. Teatro della nuova tragedia il già tristemente noto Canale di Sicilia, rotta obbligata per chi parte dalla Libia. Di fronte a questo ennesimo dramma, dal G7 in corso in Giappone il premier italiano Matteo Renzi afferma: “Il problema non è avere più o meno navi in mare, ma attuare un piano per l'Africa; bisogna aiutare i migranti nei luoghi da cui partono”. Rilancia poi il migration compact: “Questa è la strada da seguire" – ha detto. Gli fa eco il ministro dell’Interno, Alfano: “L'Italia non è al collasso – rassicura – il nostro sistema di accoglienza regge, siamo sotto nei numeri rispetto a quanto si verifica negli altri Paesi europei e anche in proporzione al numero di abitanti”. Del parere di Renzi il vice premier del governo di unità nazionale libico, Ahmed Maiteeq: “Per risolvere il problema dei flussi di migranti – dice – l'Europa deve "investire in Africa, non creare muri". Ma dall’opposizione si evidenzia: “Il Mediterraneo rischia di diventare un cimitero”. Dopo il salvataggio ieri di 500 migranti, trasportati oggi a Porto Empedocle, anche oggi sono state decine le operazioni di soccorso al largo della Libia, dove sono stati individuati diversi gommoni e barconi carichi di persone. Circa 600 quelle tratte in salvo, mentre a Palermo sono stati fermati dalle forze dell’ordine 17 presunti scafisti di origine africana arrivati ieri con oltre mille migranti. Sono accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e ingresso illegale in Italia.

E oggi i riflettori sono puntati soprattutto sulla piccola immigrata Favour. Francesca Sabatinelli:

Ha nove mesi e una faccetta curiosa Favour, viene dalla Nigeria ma da ieri, da subito dopo lo sbarco a Lampedusa, sembra essere diventata la figlioletta di tutti gli italiani, di chi si è commosso di fronte alla storia di questa bimba rimasta sola dopo la morte della mamma durante la navigazione. Nelle foto la si vede tra le braccia del suo provvisorio papà, del “papà dei disperati”, come si definisce lui stesso, Pietro Bartolo, il medico di Lampedusa, responsabile del poliambulatorio, che accoglie e assiste i migranti che sbarcano sull’isola, come quelli delle ultime ore.

R. – Adesso c’è tempo buono e di conseguenza ne arrivano di più. Sono sempre della fascia subsahariana e noi siamo là: sempre ad accoglierli, ad aspettarli, come è successo ieri, per esempio. Ieri ne sono arrivati circa 150, con la prima motovedetta della Capitaneria di porto, sono arrivate le signore ustionate e stavano veramente male. Ce n’erano parecchie che erano gravemente ustionate: ustioni chimiche, da carburante, “il male dei gommoni” io lo chiamo, “la malattia dei gommoni”, perché questo si verifica solo con i gommoni. E’ dovuta al carburante che utilizzano per rabboccare le taniche, si bagnano i vestiti e quello determina queste gravi ustioni che a volte sono pure mortali, cosa che è successo con la bambina (Favour ndr) che ho qua davanti, la cui mamma è morta ustionata. Questa bambina l’hanno presa in custodia le donne che sono arrivate e poi l’ho presa io, quando è arrivata, l’ho portata al poliambulatorio; l’abbiamo visitata, rifocillata, le abbiamo dato da mangiare … E’ bellissima … E poi l’ho portata qua al Centro di accoglienza, e oggi verrà qualcuno del Tribunale, della Prefettura per prenderla e portarla in una struttura buona dove possono accudirla. E mi creda, è da ieri che ho ricevuto centinaia, se non migliaia, di telefonate di gente buona che vuole adottarla, perché è veramente una bambina bellissima, ma non solo: certamente ha una storia molto toccante …

D. – Ce ne sono tanti, di minori non accompagnati?

R. – Ce ne sono tanti, e certamente non di questa età, sono ragazzini che vanno dai 10 ai 15, 16, 17 anni che vengono da soli. Partono perché non possono stare più nei loro Paesi perché rischiano di morire, vengono mandati dai loro genitori, primo per salvarli e poi anche in cerca di un futuro migliore. Magari, riescono a guadagnare qualcosa e mandarlo alle loro famiglie.

D. – Il tempo e il mare permettono gli arrivi, ma lei nota qualcosa anche a causa della chiusura della rotta dei Balcani?

R. – Assolutamente no, perché ad oggi di siriani non ne stanno arrivando, perché da quella parte arrivavano i siriani, come prima arrivavano a Lampedusa. Poi si è aperta questa rotta dei Balcani e sono andati di là, e a Lampedusa non ne sono arrivati più. Però, adesso dalla chiusura certamente ancora sono lontani, può darsi che li avremo, in un prossimo futuro. Ma ad oggi abbiamo sempre queste persone che vengono dalla fascia subsahariana, quindi abbiamo eritrei, somali, dal Mali, Senegal, Costa d’Avorio, Benin, Nigeria, Niger … tutte persone che vengono da quella zona. Però, ora certamente potrebbe esserci la possibilità che arrivino di nuovo i siriani, perché da qualche parte devono passare queste persone. Anche se qualcuno ha deciso di isolarli in Turchia, con quell’atto un po’ scellerato, credo … Questo non depone bene per l’immagine di un’Europa che potrebbe essere un po’ più accogliente. Io mi auguro che attraverso questo incontro internazionale o G7, come lo vuole chiamare, si prendano dei provvedimenti che non sono, ovviamente, né radicali né risolutivi, ma quantomeno possano evitare che questa gente, in questo ultimo tratto di mare che sono costretti a superare, ancora muoia. E lei sa benissimo quanti ne muoiono e quanti naufragi abbiamo avuto, fino a ieri, no? Che se decidessimo di andarli a prendere direttamente sulla terraferma, quantomeno eviteremmo sofferenze e tragedie.

D. – Lei sta dicendo che i corridoi umanitari sono l’unica risposta?

R. – Ma sicuro! Almeno è quella che quantomeno evita di farli morire: quantomeno. Poi, se vogliamo affrontare il problema più radicalmente, allora si dovrebbero creare le condizioni nei loro Paesi in modo tale che queste persone non partano, rimangano a casa loro … Insomma, sono tutte cose trite e ritrite ma sicuramente dobbiamo pensarla anche egoisticamente, perché io penso che queste persone che arrivano veramente siano una risorsa: non per modo di dire. Potrebbero essere un’opportunità, in considerazione del fatto che sia l'Italia, ma anche tutta l’Europa, sono ormai vecchi e che se continua così andremo a finire male. Quindi, queste persone veramente potrebbero essere il nostro futuro.

E nell’attesa che si trovi una famiglia che possa amare Favour, Pietro Bartolo ne ha chiesto l’affido.








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