Occorre diffondere “un concetto di scienza che si fa servizio e non seleziona”: è quanto afferma il Papa in un messaggio, a firma del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, ai partecipanti al Convegno promosso al Policlinico Gemelli di Roma sul tema "Custodire la vita: l'Hospice perinatale, una risposta scientifica, etica e umana alla diagnosi prenatale". Il servizio di Sergio Centofanti:
Papa Francesco invita “al quotidiano impegno di attuazione del progetto di Dio sulla vita proteggendola con coraggio e amore, con lo stile della vicinanza e della prossimità, prendendo le distanze dalla cultura dello scarto, che propone solo itinerari di morte pensando di eliminare la sofferenza sopprimendo chi soffre”. Il Pontefice auspica il raggiungimento di “nuovi traguardi nel servizio della persona e nel progresso della scienza medica in costante riferimento ai perenni valori umani e cristiani, cercando di rispondere al massimo della povertà quale è la situazione del bambino con gravi patologie, con il massimo dell'amore”.
Nel suo intervento al Convegno, mons. Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha sottolineato che “di fronte ad una cultura e ad una prassi sanitaria che hanno imboccato le scorciatoie dell’abbandono delle persone più fragili e dei loro familiari”, l’Hospice perinatale del Gemelli “vuole essere una presenza forte e coraggiosa, di alto profilo scientifico e con un chiaro approccio etico e umano alle problematiche dei nascituri e delle loro famiglie”. Oggi – ha ricordato - “sotto la pressione di nuove e maggiori conoscenze scientifiche e soprattutto di tecnologie riproduttive sempre più raffinate, si assiste da una parte alla ricerca ossessiva della generazione della vita, producendola ad ogni costo e in ogni modo senza alcuna considerazione per la dignità della donna e, soprattutto, per i diritti del nascituro, ridotto a prodotto biologico da sottoporre a tutte le selezioni di qualità che si applicano alla produzione dei beni di consumo. Dall’altra parte proprio perché equiparato ad un prodotto, si ritiene di poterne fare ciò che si vuole in modo indiscriminato. L’incalzante ritornello che esalta e assolutizza l’affermazione dei diritti individuali viene spesso usato come grimaldello culturale e legislativo per autorizzare ogni forma di pratica medica che trasforma il desiderio di paternità e maternità in diritto da assecondare senza alcuna remora. Vengono giustificate così la fecondazione in vitro, la creazione di embrioni in laboratorio e il loro congelamento, la riduzione selettiva dopo l’impianto, l’interruzione di gravidanza per qualsiasi ragione e al minimo sospetto, spesso anche infondato, che ci possano essere complicazioni”. “L’uomo - ha detto mons. Giuliodori - si è sostituito a Dio facendosi signore e padrone della vita e decidendo secondo le istanze del momento chi ha diritto a vivere e chi no, senza interrogarsi più su ciò che sia bene e ciò che sia male, giusto o ingiusto, vero o falso”.
E’ una situazione – ha osservato – “che rende fragile il nascituro ma anche i genitori, soprattutto quando vengono a trovarsi di fronte ad un sistema sanitario che ha imboccato decisamente la strada della selezione eugenetica e che propone, come ‘soluzione terapeutica’ (e non possiamo non sottolineare l’ipocrisia e l’intrinseca contraddittorietà di una tale espressione) la soppressione dell’incolpevole creatura, rea solo di aver ancor più bisogno della cura e dell’amore dei genitori e della dedizione scientifica e assistenziale dei sanitari. Lo stupore e la meraviglia di fronte alla vita nascente non può venir meno davanti all’insorgere di qualche problema che può presentarsi. Forse pensiamo che nel corso complessivo della vita non si possano presentare difficoltà e imprevisti, situazioni di malattia grave e di morte? Ma nessuno si arroga il diritto di sopprimere l’altro perché ha dei problemi, piuttosto si cerca di aiutarlo come meglio possibile da affrontare le difficoltà”.
Spesso, i genitori – ha rilevato – “in presenza di problematiche durante il tempo della gestazione, si trovano da soli ad affrontare il dilemma di come farsi carico di eventuali criticità o annunciate malformazioni. La tentazione di scartare quella vita che ha delle maggiori fragilità o risulta incompatibile con la sopravvivenza dopo il parto, può essere forte e diventa quasi insuperabile quando viene presentata come ‘soluzione terapeutica’ avvallata e, spesso, consigliata dai medici stessi. Ma così si aggiunge sofferenza a sofferenza e non si risolve affatto il problema perché ogni vita soppressa volontariamente lascia sempre un vuoto e una ferita”.
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