“Non ho mai anticipato i miei lavori”. Lo ha ribadito Emiliano Fittipaldi nella XVI udienza del processo in Vaticano per appropriazione e divulgazione illecita di documenti riservati. Nella sua deposizione spontanea, l’altra imputata, Francesca Immacolata Chaouqui ha parlato di “volontà politica” che vuole la sua “condanna”. Ascoltato ancora il Vice Commissario della Gendarmeria, l'ingegner Gianluca Gauzzi Broccoletti e il gendarme Stefano de Santis. Assente Gianluigi Nuzzi, presenti, invece, mons. Ángel Lucio Vallejo Balda e Nicola Maio. L’udienza è stata rinviata al prossimo 14 giugno. Massimiliano Menichetti:
Un’udienza pomeridiana che si è aperta con la richiesta degli avvocati di Chaouqui ed Emiliano Fittipaldi, accolta dal Tribunale, di ascoltare nuovamente i due imputati in seguito alla testimonianza resa dal vice-commissario della Gendarmeria, l'ingegner Gianluca Gauzzi Broccoletti. Poi deporrà il gendarme Stefano De Santis. Il Tribunale, come conferma la nota della Sala Stampa Vaticana, ha anche disposto l'acquisizione di documentazione prodotta dai due avvocati di parte e si è riservato di valutare la richiesta di un supplemento di perizia sempre in relazione a quanto emerso nella XIV udienza. Al centro della questione il presunto scambio di documenti e anticipazioni di articoli tra Chaouqui e Fittipaldi.
Laura Sgrò
In particolare il difensore di Chaouqui, l’avv. Sgrò,
riferendosi alla documentazione portata dal vice-commissario ha parlato di “prove
in grave pregiudizio degli imputati” perché sarebbero state prodotte solo alcune email,
scelte tra “un mare magnum” di documenti, e che i destinatari di queste email “erano
molteplici” e non solo quelli indicati nella deposizione di Gauzzi.
Per questo ha chiesto che venisse acquisita la posta elettronica proveniente dal computer
della sua assistita e invocato una integrazione della perizia.
Lucia Teresa Musso
Il difensore di Fittipaldi, l’avv. Musso, ha chiesto
l’acquisizione agli atti di una serie di articoli del giornalista, dal 2008 ad oggi,
precisando che l’imputato lavora all’Espresso dal 2007 ed ha iniziato a scrivere pezzi
sul Vaticano dal 2008. Acquisite dal Tribunale anche delle “copie staffetta” che le
testate come “L’Espresso” mandano ordinariamente il giorno prima dell’uscita “alle
agenzie o esperti di comunicazione, quale poteva essere Chaouqui” e che “recano la
data della settimana successiva”. Questo per ribadire che Fittipaldi non ha mai inviato
anticipazioni dei pezzi e che se lo avesse fatto “si sarebbe esposto a gravi provvedimenti”
da parte dell’editore.
Gianluca Gauzzi Broccoletti
Il
vice-commissario nella sua testimonianza ha subito precisato che sin “dalla prima
acquisizione di documenti”, quando ci fu il sequestro degli apparati di mons.
Vallejo, l’analisi mostrò che il “problema era di contenuti, non di data”. Ovvero
si trattava di “documenti segreti poi pubblicati” sia nei libri “Avarizia” e “Via
Crucis”, sia dalla testata “L’Espresso”. Gauzzi ha ripetuto che “i dati riportati”,
erano “segreti e riservati” e si trovavano nella “mailbox” del segretario di Cosea,
il quale aveva avuto scambi con Chaouqui e Maio.
WhatsApp mancante
L’esperto informatico ha spiegato che molti dati,
relativi a scambi tra mons. Vallejo, i giornalisti, Maio
e Chaouqui, sono stati ricavati dall’analisi della messaggistica “WhatsApp” del monsignore,
ma che tale applicazione non era presente sul telefono sequestrato all’imputata, presumibilmente
“perché rimossa”. L’analista ha anche detto che è in atto una richiesta a livello
di “polizia internazionale” per verificare se ci siano stati accessi esterni, da dispositivi
non in possesso di mons. Vallejo, alla casella personale “Gmail” del monsignore, ma
che per ora “Google inc.” non “riconoscendo il Vaticano come Comunità Europea” non
ha dato risposta.
Estrazione di dati
Sollecitato sull’analisi dei dati in relazione all’inizio
del processo, Gauzzi in sostanza ha ribadito che la “Polizia giudiziaria ha estratto
ed esaminato da subito i dati”, trasmettendoli alle competenti autorità, senza celare
alcunché. E che le operazioni di trasposizione dai dispositivi di mons. Vallejo sono
state eseguite anche in presenza dei periti di parte e di ufficio, a garanzia della
genuinità della procedura.
Lanino e le chiavi d’accesso
Ha anche confermato che il marito della Chaouqui,
Corrado Lanino, in qualità di amministratore del server Cosea era “legittimamente
in possesso delle chiavi d’accesso” e che “nulla è ascrivibile”, allo stato dei fatti,
“a suo carico”. Ha aggiunto che Chaouqui registrò il numero di telefono di Fittipaldi
sul proprio cellulare “dal 21 maggio 2014, dopo un articolo del giornalista” sulla
nota “Terrazza per la canonizzazione dei due Papi”, e da quella data iniziarono tra
i due “scambi di messaggi ed email”.
La volontà di condanna secondo Chaouqui
Francesca Immacolata Chaouqui ha aperto la sua deposizione
spontanea affermando che “c’è una volontà politica” di alcuni “della Santa Sede",
ma “non del Tribunale, che sia condannata”. Ha anche citato, in tal senso, il “Sostituto
della Segreteria di Stato”, mons. Angelo Giovanni Becciu, che avrebbe “autorizzato
l’arresto”. Immediato l’intervento del presidente del Tribunale, il professor Giuseppe
Dalla Torre, che ha richiamato l’imputata ad “attenersi ai fatti” e ha ammonito che
tali considerazioni “potrebbero costituire offesa al Collegio”. Stesse considerazioni
da parte del prof. Giampiero Milano per quanto riguarda "l’Ufficio del Promotore di Giustizia”.
Gli hashtag
Chaouqui ha quindi spiegato che mons. Vallejo le trasferiva
“centinaia di documenti per motivi di lavoro”, “per un confronto, per avere un supporto
linguistico e per un conforto in merito alle azioni politiche da intraprendere”. Sugli
hashtag #avantiilprossimo, #finchegliagnellidiventanoleoni e il contenuto di alcune
email con allegati gli articoli di Fittipaldi, ha aggiunto che non poteva non gioire
“vedendo” un giornalista “che aveva svelato il sistema utilizzato in questo Stato
per distruggere le persone”.
Dossieraggio
Ha poi sostenuto di essere “stata vittima di dossieraggio"
dalla nomina in Cosea e che questo fascicolo “è arrivato alla Segreteria di Stato
che l'ha dato alla stampa”. “Ma chi fa dossieraggio - ha ribadito - poi ne diventa
vittima”.
Nessun nesso tra email e pubblicazioni
Chaouqui, riprendendo l’istanza del suo difensore,
è tornata a ribadire che “in relazione a quanto dichiarato da Gauzzi, non è possibile
trovare un nesso di causalità tra le email e le pubblicazioni” dei due giornalisti,
poiché “oltre alle email che hanno trovato o pubblicato, ce ne sono tantissime scambiate
tra tutti i membri di Cosea”. “Mons. Vallejo - ha proseguito - aveva l’abitudine di
inviare documenti a varie persone per avere pareri”.
Nessuna anteprima da Fittipaldi
Ha evidenziato che “non aveva in anteprima gli articoli
di Fittipaldi”, ma solo le copie staffetta che anticipavano “il giorno prima” i pezzi.
Sulla ammissione, il giorno dell’arresto, di aver consegnato documenti a Gianluigi
Nuzzi, ha precisato di aver risposto affermativamente, ma che si riferiva al “solo
biglietto d'invito” per l’evento della “terrazza”.
Stefano De Santis
Centrale anche la testimonianza - voluta dal Promotore
di Giustizia - del gendarme Stefano de Santis, il quale ha ricostruito grazie all’analisi
di messaggi, email e dichiarazioni rese a verbale, i rapporti tra gli imputarti. Ha precisato che il processo non è nato con gli arresti di
Chaouqui, il 31 ottobre 2015, e di mons. Vallejo Balda, il 1° novembre 2015, ma grazie
“all’acume investigativo del Comandante della Gendarmeria, Domenico Giani", in relazione
anche ad “alcuni articoli pubblicati sulla stampa italiana”.
Il caso Milone
“Il 28 settembre 2015 - ricorda De Santis - uno dei
collaboratori del revisore generale chiamò per denunciare una presunta manomissione,
che venne poi accertata, sul Pc del dott. Libero Milone. In quell’occasione vennero
sequestrati una serie di computer presso la Prefettura degli Affari Economici, per
verificare se fossero state fatte delle copie della memoria del Pc del revisore generale.
Tra gli apparati controllati c’era anche quello di mons. Vallejo”. “Quell’indagine
– ha precisato – portò all’avvio di questo procedimento”.
Come Paolo Gabriele
De Santis ha asserito che dall’analisi della “grande
mole di dati” si vedeva “una fitta” messaggistica “del Segretario di Cosea con Chaouqui”,
“con Nuzzi e Fittipaldi”. “Nessuno poteva mettere in discussione la liceità dello
scambio di contenuti tra mons. Vallejo e Chaouqui”, ma emerse anche che “prima della
fine dei lavori di Cosea, il prelato e Nuzzi si videro a casa dell’imputata” e “questo
ci insospettì visto il precedente libro scritto dal giornalista che coinvolse Paolo
Gabriele”.
Diffidenze
Anche il gendarme ha descritto un momento iniziale
in cui Chaouqui e mons. Vallejo si scambiavano conoscenze ed un secondo - verso la
fine della Commissione - in cui l’imputato “teneva il più possibile lontano” la sua
collaboratrice. Preoccupazione, questa, riscontrata anche nei giornalisti nel pianificare
incontri con il prelato.
L’arresto del 31 ottobre
Il teste è poi tornato al verbale firmato della Chaouqui,
il 31 ottobre scorso, ribadendo che lei dichiarò di “aver consegnato a Nuzzi un documento
Word sul Vatican Asset Management”. Un documento “stra-segreto” - ha detto - il “cavallo
di battaglia di Cosea”. “Un atto segreto sia per la natura del documento, sia per
l’organo che lo aveva prodotto”. “L’imputata fu molto attentata e scrupolosa nella
lettura del verbale, nelle modifiche e sollecitata sulla gravità delle azioni, confermò”
di averne contezza.
La sottocommissione segreta
In quell’occasione “fu sempre l’imputata a parlare
di una sottocommissione segreta”, “che doveva operare una riforma nella riforma” e
che “aveva condotto per proprio conto attività di indagine e di ricerca”. Ne facevano
parte “Chaouqui e mons. Vallejo”. Il ruolo del “segretario” Maio
era quello di “manovalanza”. Il teste ha poi parlato dei messaggi con cui mons. Vallejo
si accordava per vedersi con i giornalisti fuori dal Vaticano, “non risulta che in
quelle occasioni Fittipaldi e Nuzzi si siano incontrati”.
Dopo Cosea
“Lo scopo di Chaouqui e mons. Vallejo, al termine
di Cosea, era quello di ricollocarsi in un ente vaticano”: in un messaggio letto da
De Santis l’imputata ipotizza che “Presidente della Segreteria dell’Economia” sarà
“il Cardinale Pell”, Segretario diventerà mons. Vallejo, “di fatto il capo” e lei
si vede a non fare “nulla” se non ad organizzare “eventi con molta dignità”.
Vatican Media Center
Il gendarme spiega che quando si rendono conto che
dopo Cosea non ci sarà futuro, Chaouqui pensa anche a ruoli all’interno del Vatican
Media Center, oggi Segreteria per la Comunicazione. De Santis parla di “pressioni”
esercitate verso mons. Vallejo da parte di Corrado Lanino per “sapere quale fosse
il futuro della moglie”, accennando al fatto che “lasciare una persona con tutti quei
contatti” fosse “pericoloso”. Insomma conveniva a
mons. Vallejo – secondo i messaggi del marito
dell’imputata – collocarla “anche solo per sei mesi per non dover affrontare qualcosa
di ben più grande”.
Rapporti corrosi
Alla fine i rapporti tra i due si corrosero a tal
punto che l’ultimo messaggio che lei manda via WhatsApp a mons. Vallejo è: “sei un
verme ti avevo creato intorno una serie di amici”. De Santis ha ripetuto che verso
la fine di Cosea, l’imputata affiancò al prelato “un uomo di sua fiducia, Pietro Grillo,
per sapere ogni cosa”.
Un server da 115mila euro
Si è parlato ancora del “server costato 115mila euro”
- 5 mila in più di quanto dichiarato da Gauzzi - “che nessuno ha mai utilizzato perché
troppo complesso per i membri della Commissione”. E nascosto “presso il Comando delle
Guardie Svizzere” con la consapevolezza “del Comandante e del Cappellano”.
L’esclusione della Gendarmeria
Sollecitato dalle domande ha negato che la Gendarmeria
fosse stata chiamata per verificare la presenza di microspie in Cosea e che l’imputata
li informò che “mons. Vallejo” voleva che il Corpo vaticano “fosse estromesso da tutto”,
come nel caso del server o “la progettazione della rete informatica della Commissione
affidata a ditta esterna”.
Chaouqui e gendarmeria
Coincidenti la deposizione di Chaouqui e la testimonianza
di De Santis sull’attenzione della Gendarmeria nei confronti dell’imputata sia durante
arresto, vista la gravidanza, sia in tempi lontani dai fatti che hanno portato all’incriminazione.
Lo stesso Comandante Giani cercò di consigliare la donna ad avere comportamenti più
consoni e rispettosi dell’ambiente vaticano. Il riferimento era ancora una volta all’episodio
della “terrazza” o a quando l’imputata voleva far entrare persone nello Stato. Sui messaggi tra mons. Vallejo e Fittipaldi è stato ribadito
che furono 4 o 5 al massimo.
Emiliano Fittipaldi
Il giornalista nella sua dichiarazione spontanea è
tornato sulla questione dell’anticipazione degli articoli attribuitagli dalla stampa,
dopo le dichiarazioni dell’ingegner Gauzzi. Ha negato e precisato che sarebbe stato
“un fatto molto grave”, “per il quale” nel suo gruppo “alcune persone” “sono state”
giustamente “licenziate”.
Mai anticipato i miei lavori
"Non risponde al vero - ha verbalizzato - come ha
evidenziato il dott. Gauzzi in udienza, che la dottoressa Chaouqui riceveva i pdf
di alcuni miei articoli una settimana prima dell'uscita in edicola. Non ho mai anticipato
a chicchessia i miei lavori a L'Espresso, tanto meno alla dottoressa Chaouqui". "Gli
articoli cartacei o in pdf de L'Espresso vengono inviati a un nutrito numero di soggetti
già nella giornata di giovedì, fra cui alcuni servizi di rassegna stampa, a cui immagino
la dottoressa Chaouqui abbia attinto".
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