2016-05-23 15:17:00

Afghanistan. Dopo morte Mansour, Obama e Kabul offrono pace a talebani


La morte del leader talebano mullah Mansour, ucciso sabato scorso da un drone americano mentre viaggiava in un taxi in Pakistan “segna un importante pietra miliare” “per portare pace e prosperità in Afghanistan”: ne è convinto il presidente Usa Obama, che in una nota diffusa ieri dalla Casa Bianca invita i talebani a riprendere i colloqui con il governo di Kabul, che ha subito lanciato loro un appello a deporre le armi. Roberta Gisotti ha intervistato Gianandrea Gaiani, direttore della rivista on line AnalisiDifesa.it:

D. - Davvero l’uscita di scena di Mansour, alla guida del sedicente emirato islamico dell’Afghanistan e successore – ricordiamo - del Mullah Omar, può sbloccare una drammatica situazione di impasse politico e militare nel Paese?

R. – Lo vedremo. Per ora va registrato il fatto che l’uccisione del successore del mullah Omar apre un altro momento di difficoltà, di caos, all’interno delle forze talebane, che già avevano avuto grosse fratture per arrivare alla nomina di Mansour; non ci dimentichiamo che ci sono diverse fazioni rivali tra loro nell’ambito talebano. Tra l’altro il Pakistan si è arrabbiato molto per questa esecuzione; il Paese denuncia l’ennesima violazione del suo territorio con questi raid dei droni: già nel 2011 c’era stata una forte crisi fra Pakistan e Stati Uniti proprio per il raid americano che aveva ucciso Osama Bin Laden che viveva a poche centinaia di metri da un’Accademia militare dell’Esercito pakistano. I talebani dipendono fortemente dal Pakistan così anche le loro decisioni politiche di continuare la guerra o di negoziare la guerra. Il raid americano quindi accentua le tensioni tra il Pakistan e gli Stati Uniti e probabilmente anche tra il Pakistan e il governo afghano che ha subito adottato la stessa linea degli Stati Uniti, collegando alla morte di Mansour una nuova offerta di negoziato.

D. - L’uccisione di Mansour non potrebbe essere frutto di un tradimento delle stesse file dei talebani? Qual è al momento la geografia dei movimenti islamici fondamentalisti in quest’area asiatica?

R. - Ci può stare anche questa valutazione, anche se noi sappiamo che la Cia ha un’azione di controllo e di presenza sul territorio con informatori, agenti e anche forze speciali infiltrate molto ramificate proprio nella zona di frontiera fra il Pakistan e l’Afghanistan, dove è stato ucciso Mansour. Certo, all’interno del mondo talebano ci sono fazioni importanti e anche opposte. Abbiamo da un lato la Shura di Quetta guidata prima dal mullah Omar, poi da Mansour che potrebbe essere oggi ereditata come guida dal mullah Jan Akhunzada;  e ci sono anche i due parenti stretti del mullah Omar, il figlio Yaqub e il fratello Akhund, che già aspiravano a prendere le redini del movimento, ma che in realtà l’anno scorso vennero sconfitti nel confronto interno - anche aspro - proprio da Mansour. Poi c’è anche l’ipotesi che possa essere Sirajuddin Haqqani a prendere questa leadership, anche se lui è il figlio del fondatore del network Haqqani, altro movimento talebano che però ha la sua base nel Waziristan del nord. Insomma, il mondo talebano è molto frastagliato e nominare un nuovo successore potrebbe essere molto difficile. Tra l’altro negli ultimi tempi sul campo di battaglia i talebani avevano conseguito ottimi risultati a Helman ed altre province afghane, anche se un ulteriore elemento di disturbo all’interno di questa galassia di movimenti islamisti è determinata non solo dal fatto che persiste - ed è ancora presente - al Qaeda in Afghanistan,  ma che ha preso una certa consistenza e si è ramificato negli ultimi tempi il movimento legato al sedicente Stato islamico in Afghanistan,  che è nemico del regime del governo di Kabul, come è nemico dei talebani e dell’Emirato islamico talebano. Quindi la confusione aumenta. Dunque ci vuole ottimismo da lì a voler vedere la possibilità di uno sviluppo negoziale, ma qualche motivo ci può essere. Recentemente, Gulbuddin Hekmatyar, leader a capo di Hezb-i-Islami, movimento estremista islamico, che è stato alleato dei talebani ma che non ha mai fatto parte dei talebani, sembra deciso a negoziare la pace con Kabul. Potrebbe essere un primo passo positivo.








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