2016-05-22 09:00:00

Orchestra Piazza Vittorio: la "geografia musicale" nelle scuole


L’Orchestra di Piazza Vittorio entra nelle scuole di Roma per parlare con i ragazzi di immigrazione e di dialogo. I musicisti portano fino al primo giugno, negli Istituti periferici della capitale, dove più forte è la presenza straniera, la loro esperienza positiva di immigrazione e di integrazione all’insegna della ricerca e della conoscenza reciproca. Il progetto si chiama “A scuola con l’Orchestra di Piazza Vittorio”. Il servizio di Gabriella Ceraso:

Sono sette i musicisti dell’Orchestra più multietnica d’Italia a raccontare ai ragazzi le tradizioni musicali dei loro Paesi e gli strumenti che portano con sé nel loro viaggio artistico. Una lezione di “geografia musicale”, che spazia dal solfeggio con le tabla, i tamburi indiani, alla storia dell’oud, il progenitore del liuto e della chitarra fino ai ritmi delle percussioni latinoamericane e africane. Pino Pecorelli è il bassista dell’Orchestra:

“Raccontiamo in modo molto semplice e alla nostra maniera come gli strumenti, spostandosi assieme alle persone, abbiano creato nuovi suoni e come spesso proprio dall’incontro delle culture siano suonate le musiche che oggi tutti quanti hanno nelle orecchie”.

La musica nelle lezioni va di pari passo al racconto della storia di ciascun musicista, del percorso che li ha portati in Italia e del loro contributo al dialogo e alla contaminazione musicale:

“Proviamo, attraverso la musica, a farli riflettere sul fatto che non bisogna fermarsi alle prime apparenze, non bisogna avere paura di chi è diverso da noi, ma bisogna ascoltarlo perché probabilmente avrà da dirci qualcosa di molto bello e di utile alla nostra stessa crescita”.

Sei gli istituti romani coinvolti, tra VII e V Municipio, dove la presenza di studenti stranieri arriva fino al 70%. Ma per i ragazzi la diversità non è un problema, spiega il vicepreside dell’Istituto Comprensivo Via dei Sesami di Centocelle, Sandro Alquati:

“Loro sono veramente molto più preparati e molto più avanti di noi nell’accogliere: l’altro, per loro, è qualcuno che porta nuovi sapori, nuovi suoni e nuove esperienze. Qualche cosa che va a integrare il loro personale percorso”.

Alla fine dei nostri concerti siamo molto entusiasti e ci accorgiamo che con i ragazzi è uno scambio alla pari e che non la finiscono mai di fare domande: il ricordo più bello nell’esperienza con una bambina egiziana di nove anni. Ancora di Pino Pecorelli:

“E’ stato un episodio molto bello, in una scuola di periferia, di una bambina egiziana, molto timida, che per l’appunto diceva: 'Ho visto un mio simile che suona lo strumento che voglio suonare io. Se ce l’ha fatta lui, ce la posso fare anche io!'. Voleva suona l’oud, che vedeva suonare dal musicista tunisino… Questa è, forse, un po’ la sintesi di quello che cerchiamo di fare: raccontare una esperienza di immigrazione positiva, riuscita e felice, in un momento in cui l’immigrato è sempre associato alla disperazione, al dolore e alla paura.








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