2016-05-21 14:15:00

Turchia. Via l’immunità parlamentare, forze curde a rischio


L’unica Camera turca ha approvato ieri con una super maggioranza, ottenuta sommando i consensi dell’Akp di Erdogan e di altre formazioni nazionali, un emendamento costituzionale che prevede l’abolizione dell’immunità parlamentare per i reati politici come quello del terrorismo. Il provvedimento, passato in terza lettura con 376 voti su 550, non sarà neppure sottoposto a referendum. Per un commento su una legge che rischia di mettere a repentaglio la sicurezza dei parlamentari della minoranza filo-curda, Roberta Barbi ha sentito Marco Di Liddo, analista del Cesi esperto dell’area:

R. – Sembra una norma assolutamente legittima. Il vero problema è il significato politico della norma, perché, da due o tre anni a questa parte, da quando l’Akp – Erdogan – hanno chiuso la stagione di dialogo con la minoranza curda e con le sue manifestazioni pacifiche e parlamentari, è iniziata un’offensiva contro il fronte curdo, spesso caratterizzata da durezza nei toni e da un uso spregiudicato dello strumento politico, della magistratura e anche dello strumento militare, in alcuni  casi.

D. – A rischiare di più sono ovviamente i parlamentari delle forze filo-curde, che sono riuscite, per la prima volta, a superare lo sbarramento del 10% solo alle ultime elezioni, nel novembre dello scorso anno…

R. – Non si possono cancellare i dati delle elezioni, però – sicuramente – si può  indebolire la rappresentanza curda in parlamento attraverso un uso spregiudicato di questo emendamento costituzionale. Anche perché, negli ultimi mesi, Erdogan ha continuato a saldare il collegamento tra i movimenti eversivi curdi – quindi il Pkk e il Tak – e le manifestazioni, invece, pacifiche del fronte curdo in parlamento. È una manipolazione politica, anche perché le formazioni curde parlamentari hanno sempre denunciato il terrorismo, e hanno sempre preso le distanze dal Pkk. Erdogan, invece, ha optato per una linea molto più dura, una linea di assimilazione. E quindi il rischio è che con questo emendamento costituzionale si arrestino i parlamentari curdi, che in alcuni casi sono indagati per concussione e collegamenti con il Pkk. Ma molte volte sono indagini il cui protocollo, giuridico e di magistratura, appare alquanto dubbio e manipolato politicamente.

D. – L’eventuale arresto di parlamentari curdi tornerebbe a creare quel vuoto di rappresentanza che in passato ha fatto salire le tensioni, soprattutto nel sudest del Paese?

R. – L’ultima volta che si era sviluppata una situazione di questo tipo era il 1994. Anche in quel caso furono arrestati i rappresentanti curdi in parlamento e cominciò una enorme mobilitazione curda nel sudest del Paese. Adesso, bisognerà vedere cosa prevede la legge elettorale e quali saranno i meccanismi per sostituire quegli eventuali parlamentari che saranno arrestati. Bisogna vedere se la loro carica decadrà oppure se ci sarà una sostituzione. Il rischio è che, nel caso in cui il seggio debba essere riassegnato – quindi bisogna andare a vedere chi sono i “secondi eletti” o quelli che sono al secondo posto nei distretti elettorali dove sono stati eletti i curdi. In quel caso, se la seconda posizione appartenesse a un partito non curdo, a quel punto gli equilibri parlamentari si potrebbero sensibilmente modificare e la minoranza curda potrebbe denunciare una seria mancanza di rappresentatività nelle istituzioni parlamentari. C’è il rischio di un’offensiva a 360° contro il mondo curdo in Turchia: non solo militare, di polizia – dal punto di vista della lotta contro l’eversione – ma anche contro le istituzioni democratiche e i partiti che accettano il dibattito politico. Questa strategia dell’Akp sta assumendo dei tratti sempre più autoritari e antidemocratici.

D. – Questa riforma inevitabilmente muterà i rapporti di forza all’interno del parlamento turco. Ciò consentirà a Erdogan di accelerare la riforma costituzionale che porterà la Turchia verso il presidenzialismo?

R. – L’obiettivo di Erdogan è questo ed è un “segreto di Pulcinella”, nel senso che lo sanno tutti in Turchia e anche all’estero. Davutoglu ha pagato con l’esautorazione, con la costrizione alle dimissioni, la sua opposizione al progetto presidenzialista di Erdogan. Questo è un progetto che strizza l’occhio al presidenzialismo russo e quindi a quello di accentrare in maniera significativa i poteri nelle mani di un solo uomo. Ricordiamo che la Turchia non è mai stata una repubblica presidenziale, neppure all’epoca di Ataturk, quindi il progetto è chiaro: rendere Erdogan l’architrave di tutto il sistema.

D. – Il presidente del parlamento europeo Schulz ha definito questo provvedimento un “colpo alla democrazia turca e alla libertà politica”. Ma preoccupazioni si sono sollevate da più parti nel mondo occidentale: questo come cambierà le relazioni con l’Europa?

R. – Le relazioni con l’Europa, purtroppo, da almeno due anni a questa parte sono molto difficili perché la Turchia ha abbondonato, congelato, la sua volontà di integrazione verso l’Unione Europea. Questo anche perché la crescita del conservatorismo valoriale da parte dell’Akp pone un conflitto anche ideologico verso i valori fondanti a livello politico dell’Ue. La spinta a est della Turchia – questa sua volontà di ritornare a essere una potenza di respiro mediorientale – ha cambiato le priorità di Ankara. I conflitti con l’Europa ci sono stati non solo sul dossier curdo e sulla gestione della crisi siriana – dove Bruxelles, le cancellerie europee e Ankara, sono agli antipodi – ma anche nella gestione del flusso migratorio. In quest’ambito, Erdogan ha dimostrato una sorta di “sciacallaggio politico” nei confronti dei flussi migratori chiedendo all’Ue enormi finanziamenti in cambio della costruzione di campi profughi e di accoglimento. Con questa mossa, che mette a repentaglio il sistema democratico turco, ovviamente i rapporti si faranno ancora più complessi, anche perché l’Europa chiede sempre ai propri partner dei livelli di democraticità alti, cosa che la Turchia, non solo con questo emendamento costituzionale, ma anche con le leggi sulla censura dei media e con la legislazione antiterrorismo, ha messo un po’ a repentaglio.








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