2016-05-21 13:54:00

Donne consacrate al servizio delle diocesi


“C’è ancora bisogno di allargare gli spazi per una presenza femminile più incisiva nella Chiesa”. Quest’affermazione di Papa Francesco, contenuta nell’Evangelii Gaudium, è stata da lui ripresa e approfondita durante il dialogo con circa ottocento religiose, superiore generali di altrettante congregazioni religiose, riunite per la plenaria della loro unione (Uisg), svoltosi in Vaticano il 12 maggio scorso. Il dibattito sul ruolo e le responsabilità della donna nella Chiesa e nella missione, scaturito da quel confronto, ha messo in luce la presenza sul territorio italiano di alcune realtà composte da laiche consacrate che svolgono già di fatto un servizio pastorale importante nelle loro diocesi, senza aver ricevuto un’ordinazione. Realtà storiche, ben integrate nel tessuto pastorale, eppure poco conosciute.

Le Collaboratrici apostoliche diocesane di Padova

“La nostra realtà nasce nel 2001 – spiega Virginia Kaladich, responsabile delle Collaboratrici apostoliche diocesane di Padova – ma già nel 1990 il vescovo Mattiazzo incoraggiò un progetto che ‘valorizzasse l’identità e il ruolo della donna come soggetto originale e attivo di vita ecclesiale e missione apostolica’. Il presule lo considerava ‘un prezioso carisma, un dono dello Spirito  Santo’ per la Chiesa”. “Il nostro carisma – spiega ancora la Kaladich – è un dono alla Chiesa particolare. Come stile di vita seguiamo i consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza, ma soprattutto siamo dedite alla ‘diocesanità’ e quindi prestiamo servizio tenendo presente le esigenze della Chiesa in cui viviamo: lavoriamo in ambito parrocchiale, diocesano, educativo scolastico, ma anche sanitario”. “Attualmente siamo in dodici. Nove ‘dedite definitive’ e tre in ‘formazione’ e il nostro primo referente è il vescovo. A distinguerci dalle religiose è il fatto che non abbiamo opere nostre, ma siamo a disposizione totale della Chiesa locale. Inoltre la vita comunitaria non è per noi obbligatoria e ci sosteniamo con il nostro lavoro”. “Dell’incontro del Papa con l’Uisg – conclude la Kaladich, che è anche presidente nazionale della Fidae, - mi ha colpito la capacità di ascolto e attenzione di Francesco. La sua sottolineatura dell’importanza che le donne partecipino ai processi decisionali della Chiesa, per realizzare una vera complementarietà”.

Le Ausiliarie diocesane di Milano

Già nel 1961 il cardinale Montini, arcivescovo di Milano - il futuro Paolo VI - sognava un inserimento a pieno titolo delle donne nella pastorale. Nel 1979 nell’arcidiocesi lombarda veniva steso il primo statuto delle Ausiliarie diocesane di Milano. Oggi, questa realtà conta settanta sorelle, coordinate dalla sorella maggiore, Susanna Poggioni. “Dell’incontro di Francesco con le religiose dell’Uisg - spiega - mi hanno colpito le sue riflessioni sulla missione della donna nella Chiesa: partecipazione ai processi decisionali, predicazione, leadership. Ma mi ha colpito soprattutto l’atteggiamento di Francesco: la sua semplicità coraggiosa che lo porta ad accettare di mettersi in gioco su questo tema che considera sfida ecclesiale ineludibile. Come sempre, il Papa non si limita a delle esortazioni ma si coinvolge personalmente.  E inoltre, coerente con il suo metodo, Francesco non dà subito delle risposte ma s’impegna a creare processi di discernimento che coinvolgono tutti”. “Le Ausiliarie sono nate per volontà del card. Montini, preoccupato per il venir meno, già negli anni ’50, della presenza delle suore. Per lui era irrinunciabile che la donna fosse tra i protagonisti della cura pastorale”. “Noi, oggi, - spiega sorella Poggioni - operiamo nelle parrocchie e nelle comunità pastorali in cui è suddivisa la nostra diocesi, ma svolgiamo molti altri servizi: l’insegnamento della religione nei diversi gradi di scuola, siamo assistenti spirituali in ospedale, insegniamo all’Università Cattolica o nella Facoltà teologica, lavoriamo nel Tribunale ecclesiastico, con i rifugiati o i malati di Aids nella Caritas diocesana e ultimamente nella mediazione culturale con i fratelli di lingua araba. Siamo, in una parola, a disposizione per tutti gli ambiti che la cura pastorale del vescovo considera importanti”.

Le Cooperatrici pastorali diocesane di Treviso

E’ il 30 novembre del ’92 quando in una parrocchia di Treviso si crea il primo nucleo della comunità formativa delle Cooperatrici pastorali diocesane. Anche Francesca Caramel, che ricopre attualmente il ruolo di moderatrice, è rimasta colpita dall’incontro del Papa con le religiose dell’Uisg. “A noi è piaciuto molto che la domanda di un riconoscimento del ruolo della donna nella Chiesa sia nata da donne che vivono in modo impegnato e a tempo pieno la vita ecclesiale. E’ dunque una domanda che nasce dalla prassi e rispecchia un’esigenza che nasce dal basso. Ci ha colpito inoltre l’accoglienza immediata del Papa rispetto a queste questioni che sono state sollevate. Tutti temi che meriterebbero più riflessione: la leadership, la possibile partecipazione ai processi decisionali, per cui non è necessaria l’ordinazione; il contributo importante che la riflessione femminile può dare alla pastorale; la possibilità di commentare la Parola nelle liturgie non eucaristiche; la concezione del servizio non come servitù e dunque il riconoscimento di una dignità non solo funzionale al servizio femminile”. “Anche nel nostro caso – spiega la Caramel – il referente è il vescovo. Attualmente siamo venticinque cooperatrici consacrate e sei ragazze in formazione. Anche noi giuridicamente siamo un’associazione pubblica di fedeli laiche, abbiamo un direttorio che ci è stato consegnato dal vescovo e ci permette un riconoscimento nella Chiesa locale. Facciamo la nostra consacrazione nelle mani del vescovo che nomina anche un assistente ecclesiastico che fa la sua rappresentanza nel gruppo”. “La nostra esperienza nella comunità diocesana e in quelle parrocchiali è che il nostro servizio è molto apprezzato, anche dai sacerdoti. Noi collaboriamo e cooperiamo nell’edificazione della Chiesa che è in Treviso, in stretta collaborazione con il presbiterio, a servizio della carità pastorale del vescovo. E quindi veniamo inviate nelle comunità cristiane nel loro insieme con dei servizi pastorali molto concreti che concordiamo assieme. E poi, ci impegniamo in quella che è la formazione della coscienza cristiana: percorsi formativi in ambito liturgico, pastorale giovanile, famiglie, adulti, Caritas, gruppi missionari, biblici, visita ai malati, siamo ministri straordinari della Comunione. A volte, per le nostre competenze di studi teologici, assumiamo anche un ruolo di coordinamento, però siamo sempre accanto al parroco e collaboriamo con lui, principalmente”. “Poi, molte di noi rivestono incarichi diocesani negli uffici pastorali, amministrativi, altre fanno assistenza spirituale in case di riposo, carceri, insegnano religione o affiancano gli assistenti di realtà associative come l’Azione Cattolica o lo scoutismo. Nelle comunità e fraternità di vita viviamo insieme e ci confrontiamo con la gente”.

Da queste tre esperienze, alle quali si può aggiungere quella delle ‘Cooperatrici ecclesiali di Vicenza’, risulta chiaro che nella Chiesa italiana esistono realtà che da tempo sperimentano con successo un inserimento della donna, come soggetto originale e attivo, nella vita ecclesiale e nella missione diocesana. Realtà che valorizzano l’identità femminile e il ruolo della donna nel tessuto della Chiesa e che forse dovrebbero essere più conosciute.








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