2016-05-20 12:04:00

Giubileo, l'incontro per gli operatori della comunicazione


Aiutate la Chiesa a sollevare lo sguardo e a non tenerlo fisso a terra. Così mons. Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la Comunicazione, durante la Messa celebrata nel pomeriggio di ieri, nella Basilica di San Giovanni in Laterano a Roma. L’incontro rientra negli appuntamenti dedicati agli operatori della comunicazione e agli artisti, nell’ambito del Giubileo della Misericordia. Prima della celebrazione eucaristica, il passaggio della Porta Santa. Ma quale il messaggio del Giubileo della Misericordia per gli operatori della comunicazione? Debora Donnini lo ha chiesto allo stesso mons. Viganò:

R. – Vogliamo richiamare tutti gli artisti, coloro che si occupano appunto dell’esprimere con l’arte pittorica, quella drammaturgica, al fatto che loro partecipano in qualche modo del respiro del mondo, intercettano con animo sensibile l’invisibile e l’indicibile, e lo esprimono. E questo mi riporta alle parole di Paolo VI quando diceva agli artisti: “La vostra arte è proprio quella di carpire dal cielo dello Spirito i suoi tesori e rivestirli di parole, di colori, di forme, di accessibilità”. Quindi, misericordia e comunicazione, misericordia e arte è un modo per richiamare a tutti gli artisti la responsabilità di raccontare con le loro opere, con le loro capacità professionali il volto di Dio misericordioso.

D. – Guardando proprio al mondo della comunicazione, come può questa riuscire a unire anziché dividere e contrapporre, creando nemici?

R. – Intanto, c’è una responsabilità della parola detta e della parola scritta; in questo caso è molto importante utilizzare tutta la sfumatura e la varietà che le parole ci permettono di utilizzare: quindi non tutto è una tragedia, non tutto è un dramma; ci sono alcuni eventi che sono problematici, alcuni eventi che possono essere dei momenti di ferita, ma immediatamente possono anche suggerire una prospettiva, un orizzonte di speranza che insieme si può costruire. Quindi, diciamo una parola scritta o detta che sia il dialogo anzitutto di delineare un orizzonte nel quale ritrovarsi a costruire una soluzione ai problemi. E poi credo anche la capacità di chi è chiamato, nell’industria culturale in particolare – penso ai broadcast oppure ai quotidiani – a essere vicini alle persone. E Papa Francesco nella “Laudato si’” ci ricorda come in fondo l’industria della cultura molto spesso viva al centro delle città, perché là si muove l’economia, lì si muovono i servizi della comunicazione oltre che altri. Quindi, chi produce la comunicazione e l’informazione molto spesso è distante da quelle periferie nelle quali poi le persone con difficoltà vivono, lottano, cercano di sognare, di sperare. Questo è un “gap” che in qualche modo va risolto. Certamente, la Rete rende il mondo più globale e insieme anche più prossimo. Però, certo, da questo punto di vista è necessario che anche le stesse strutture di produzione abbiano un orecchio, una mano, uno sguardo nei luoghi della periferia.

D. – Infatti, il Papa, nel Messaggio per la Giornata per le comunicazioni, ha scritto che l’incontro tra comunicazione e misericordia è fecondo quando genera prossimità. Quindi, prossimità secondo lei soprattutto verso gli ultimi, i migranti, i poveri?

R. – Non solo queste persone, ma verso tutte quelle che il Papa chiama “le periferie”. Ci sono delle periferie dell’esistenza che sono vissute da persone che anche economicamente stanno molto bene ma hanno il cuore tarlato di rancore, per esempio. Oppure, che è incapace di vedere la prospettiva di un perdono perché è incapace di riconoscersi peccatore… Credo che sia fecondo quando la parola sa risvegliare profondamente un grande desiderio di Dio.








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