2016-05-20 16:30:00

Card. Montenegro: i poveri c'interpellano, come Gesù nel Vangelo


Non una Chiesa dei riti senza vita, che sta alla finestra, ma una Chiesa che scende sulle strade e si piega su chi è ferito, questa Chiesa è fedele al Vangelo di Gesù: è quanto ha detto il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento e presidente della Caritas Italiana, durante un incontro a Roma sul tema delle periferie organizzato dall’Istituto superiore di catechesi e spiritualità missionaria insieme alla Pontificia Università Urbaniana. La sua testimonianza è strettamente legata ai flussi migratori che la sua terra tocca con mano ogni giorno. Papa Francesco ha detto che la realtà si vede meglio dalla periferia che dal centro. Da Lampedusa, che è porta d’Europa, come si vede la realtà? Ascoltiamo il cardinale Francesco Montenegro al microfono di Valentina Onori:

R. – Dobbiamo chiederlo a loro, come vedono la realtà. Io ho detto alla mia Diocesi: “Guardiamo il Samaritano dalla logica dell’uomo che è per terra. Che cosa ha significato per quell’uomo veder passare i due e andare dritti?”. La sua storia, con quel rumore di passi che si allontanavano e quando poi quell’uomo si è fermato: ripartire dagli ultimi e rileggere la nostra storia, con logiche diverse. Per noi quello che conta è il profitto, il successo; il povero ha altre credenziali e allora abbiamo bisogno del povero per ritornare a dare quel senso giusto e l’essenza vera alla nostra vita.

D. – E la Chiesa, come comunità, in queste zone di periferia, come si riscopre? Più diretta, partecipe?

R. – I poveri ti provocano sempre. Anche il Cristo sempre provoca, perché Lui è il povero, no? E la Chiesa ha bisogno di mettersi in ascolto del povero e non solo di pensare al povero. Perché credo che il primo passo è che, se mi metto in ascolto del povero, forse tante pagine che ho dimenticato mi ritornano in mente. Il Papa per adesso sta rileggendo il Vangelo; ci sta facendo scoprire cose che noi avremmo dovuto dare per scontate e invece ci meravigliamo. Diciamo: “Guarda che cosa ha detto!”, quando invece avremmo dovuto dirgli: “Queste cose le sappiamo”. E allora forse abbiamo bisogno di rileggere come Chiesa, per vivere quello stile che ci propone il Papa.

D. – E a Lampedusa? Che esperienza diretta ha della periferia?

R. – Ma il problema non è Lampedusa, perché Lampedusa è come il trampolino in una piscina: arrivano e poi devono rimbalzare altrove. Lampedusa è diventata il simbolo di una realtà. La povertà parcheggia a Lampedusa; l’altro giorno hanno bruciato un padiglione del centro, perché è gente stanca, gente che ha affrontato viaggi, che viene qua e, o deve attendere chissà che oppure deve sentirsi dire: “Tornatene indietro”. Il Papa ha presentato Lampedusa come una “terra nuova”, dove povertà e accoglienza si incontrano. Forse abbiamo bisogno di guardare da quella parte per vedere dove siamo e come cambiare le cose. 

 








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