2016-04-30 13:38:00

Francia: protesta sociale e scontri per la riforma del lavoro


Place de la République e Pont d'Austerlitz a Parigi, ma anche le piazze di Marsiglia e Rennes. Sono i punti dove in Francia è dilagata nelle ultime ore la protesta sociale, con scontri tra polizia e manifestanti del movimento “Nuit debout”, che da settimane si oppone alla nuova legislazione sul lavoro. Solo nella capitale la polizia ha fermato 24 persone, dopo un fitto lancio di pietre e oggetti e l’uso da parte degli agenti di lacrimogeni, proiettili di gomma e idranti. Oltre 170 mila i dimostranti in tutto il Paese, secondo le forze dell’ordine, 500 mila secondo gli organizzatori dei cortei, che con i sindacati protestano contro il testo di legge presentato dal ministro del Lavoro, Miryam El Khomri. Il progetto non prevede l’aumento dell’orario di lavoro settimanale oltre le 35 ore, ma cambia la retribuzione delle ore di straordinario, cioè l’abbassa al 10% in più di quella ordinaria. Giada Aquilino ne ha parlato con Massimo Nava, editorialista del Corriere della Sera e conoscitore della società francese:

R. – La legge francese è una fotocopia del concetto di "flexicurity", che ormai indirizza il mercato del lavoro in tutti i Paesi europei: vale a dire tutele crescenti in caso di licenziamento, contratti a tempo indeterminato – tant’è vero che la legge francese tassa più fortemente i contratti a tempo determinato – e una maggiore libertà di licenziamento per quanto riguarda gli imprenditori. Comunque, la sostanza, poi, della protesta è quello che è il nodo di fondo della società francese: un potere di blocco di corporazioni sindacali contro delle riforme che, in qualche modo, comunque dovrebbero favorire crescita e ripresa e, al tempo stesso, mettere fine o arginare il fatto che il precariato, i lavori part-time, i lavori a tempo determinato sono ormai la norma proprio per la rigidità del mercato del lavoro.

D. – Uno dei punti su cui si discute è la retribuzione delle ore di straordinario. Perché?

R. – La Legge entrata in vigore ormai quasi 20 anni fa sostanzialmente riduce l’orario di lavoro a 35 ore: tutto il resto è straordinario. Si è poi visto, col tempo, che la legge è di fatto praticamente inapplicabile, con conseguenze anche drammatiche in certi settori, come ad esempio la sanità. E’ chiaro che, se ogni ora in più viene considerata straordinario oppure viene “riguadagnata” attraverso ulteriori ferie o riposi compensativi, tutto questo comporta dei costi del lavoro esorbitanti e perdita di competitività. Quindi, si capisce perché, poi, la Francia soffra pesatamente.

D. – Perché però i sindacati, proprio a proposito delle ore di straordinario, mettono in guardia dal rischio di riduzione dei benefici per i lavoratori?

R. – In una situazione di crisi, un po’ di sacrifici vengono chiesti a tutti ed è ovviamente molto più favorevole guadagnare con lo straordinario per ogni ora lavorata in più. D’altra parte, la scommessa è su un mercato del lavoro bloccato, che lascia fuori intere generazioni, quindi milioni di giovani: la disoccupazione è fissa all’11-12% e non scende da anni. Allo stesso tempo, non si tiene conto che i sindacati, soprattutto nel privato, hanno un numero di iscritti assolutamente esiguo - parliamo del 5-6% – e che la maggioranza della popolazione tendenzialmente vorrebbe più crescita e più posti di lavoro.

D. – Le proteste di questi giorni hanno portato alla ribalta “Nuit debout”, il movimento che organizza proteste simili a quelle degli “Indignados” spagnoli. Che realtà è?

R. – Ha una radice e un’origine completamente diversa, che in qualche misura si è un po’ saldata alla protesta per il mercato del lavoro, perché raccoglie movimenti di giovani e di studenti che già in passato si sono sempre opposti a riforme di questo genere. Inizialmente, è stato un grande “happening” con venature sociali, di costume, e anche con riflessioni sulle libertà civili, sulle misure antiterrorismo, sulla ferita profonda che c’è nella società francese dopo gli attentati e quindi anche sul rapporto con l’islam e sulle conflittualità di ordine etnico-religioso. Tutto questo è stato anche un bell’esempio intellettuale e sociale di risveglio civile. Poi, ci sono state polemiche che hanno creato tensioni nel movimento. Oggi, si qualifica sostanzialmente sul versante soprattutto di estrema sinistra e comunque di contestazione molto forte al governo di Manuel Valls, al presidente Hollande e quindi al partito socialista al governo, in un momento in cui ci si prepara alle elezioni presidenziali dell’anno prossimo.








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