2016-04-27 12:45:00

Papa: il cuore della fede è la compassione per chi soffre


“Non è automatico che chi frequenta la casa di Dio” sappia “amare il prossimo”. La misericordia, quella che viene da Dio, è capacità di muoversi a compassione “non un sentimento vago”. Sono gli insegnamenti proposti da Papa Francesco alla folla radunata in Piazza San Pietro per l’udienza generale, dedicata alla parabola del Buon Samaritano. Il vero prossimo, ha detto il Papa, è chi si sa avvicinarsi a chi soffre. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Un uomo mezzo morto sul bordo della strada, vittima di violenza, visto e ignorato da chi non poteva non soccorrerlo, fa crollare la facciata della carità presunta, svelando – afferma il Papa – l’ipocrisia di chi si sente e dice di ardere per Dio ma ha cuore di ghiaccio per l’uomo che chiede aiuto.

“Non è automatico”
Forse nessun’altra parabola come quella del buon samaritano dà forma tridimensionale alla parola “compassione”. Il sacerdote e il levita, cui la Legge imponeva il soccorso dell’uomo aggredito e che invece tirano diritto – ognuno, ammette Francesco, con le sue buone ragioni – è come se facessero saltare il bluff di tante coscienze cristiane:

“Non è automatico che chi frequenta la casa di Dio e conosce la sua misericordia sappia amare il prossimo. Non è automatico! Tu puoi conoscere tutta la Bibbia, tu puoi conoscere tutte le rubriche liturgiche, tu puoi conoscere tutta la teologia, ma dal conoscere non è automatico l’amare: l’amare ha un’altra strada, occorre l’ intelligenza, ma anche qualcosa di più…”. 

Non rimanere spettatori
“Il sacerdote e il levita vedono, ma ignorano”, sottolinea il Papa, “guardano, ma non provvedono. Eppure – sostiene – non esiste vero culto se esso non si traduce in servizio al prossimo”:

“Non dimentichiamolo mai: di fronte alla sofferenza di così tanta gente sfinita dalla fame, dalla violenza e dalle ingiustizie, non possiamo rimanere spettatori. Ignorare la sofferenza dell’uomo, cosa significa? Significa ignorare Dio! Se io non mi avvicino a quell’uomo, a quella donna, a quel bambino, a quell’anziano o a quell’anziana che soffre, non mi avvicino a Dio”.

Misericordia è avere compassione
Il samaritano è invece l’uomo della prossimità, l’uomo che si commuove alla vista della persona ridotta in fin di vita, l’uomo che interrompe il suo viaggio perché “patisce con”, che ha il cuore – dice Francesco – “sintonizzato con il cuore stesso di Dio”:

“La ‘compassione’ è una caratteristica essenziale della misericordia di Dio. Dio ha compassione di noi. Cosa vuol dire? Patisce con noi, le nostre sofferenze Lui le sente (...) E nei gesti e nelle azioni del buon samaritano riconosciamo l’agire misericordioso di Dio in tutta la storia della salvezza. E’ la stessa compassione con cui il Signore viene incontro a ciascuno di noi: Lui non ci ignora, conosce i nostri dolori, sa quanto abbiamo bisogno di aiuto e di consolazione. Ci viene vicino e non ci abbandona mai”.

Non un sentimento vago
Dunque, ricapitola il Papa, è il samaritano – quello “sul quale nessuno avrebbe scommesso” – a comportarsi “con vera misericordia”, soccorrendo il ferito e provvedendo di tasca propria a procurargli ciò di cui ha bisogno per riprendersi:

“Tutto questo ci insegna che la compassione, l’amore, non è un sentimento vago, ma significa prendersi cura dell’altro fino a pagare di persona. Significa compromettersi compiendo tutti i passi necessari per “avvicinarsi” all’altro fino a immedesimarsi con lui”.

Il vero prossimo
Nel Vangelo, la parabola è indirizzata al dottore della Legge che vuole da Gesù una sorta di “regola” per stabilire chi sia il suo “prossimo”, cioè come si debba distinguere tra coloro per i quali sia è giusto spendersi e chi no. Alla fine della storia, la domanda è rovesciata: chi è stato, chiede Cristo, il prossimo della persona aggredita?

“Gesù ribalta la prospettiva: non stare a classificare gli altri per vedere chi è prossimo e chi no. Tu puoi diventare prossimo di chiunque incontri nel bisogno, e lo sarai se nel tuo cuore hai compassione, cioè hai quella capacità di patire con l’altro”.

Migliaia di persone presenti questa mattina in piazza San Pietro per l’udienza generale. Al centro della catechesi di Papa Francesco, la parabola del buon samaritano che ci ricorda l’importanza dell’essere prossimi a chi ha più bisogno. Sul significato delle parole del Pontefice, Daniele Gargagliano ha raccolto le emozioni e le riflessioni delle persone che hanno assistito all’udienza:

D. – Cosa significa per dei giovani il messaggio dell’essere prossimi agli altri?

R. – Vivere la propria vita non solo per se stessi, ma viverla anche con lo sguardo aperto agli altri.

R. – Mi ha colpito molto quando ha parlato della compassione e di come questa compassione sia una manifestazione dell’amore di Gesù, che noi siamo chiamati oggi a rivivere con i nostri fratelli.

D. – Oggi è più difficile essere dei buoni samaritani?

R. – No, rispetto a prima, penso che cambino le situazioni ma che la difficoltà rimanga sempre la stessa: si tratta di vincere l’egoismo.

D. – Qual è l’importanza della parola “compassione”?

R. – Avere amore per gli altri, con-patire con gli altri, condividere il dolore degli altri e la gioia degli altri.

R. – Essere prossimi agli altri.

R. – Aiutare chiunque il Signore ci metta vicino.

D. – Quali emozioni le ha suscitato l’udienza di oggi?

R. – Molta emozione. Io sono argentina ma è incredibile vedere tanta gente che viene a sentire il messaggio che lui dà. E’ una gran persona: lo è stato in Argentina e adesso lo è qui a Roma, con i rifugiati, con i poveri... E’ sempre accanto a chi soffre.

D. – Come le è sembrata questa catechesi, il messaggio del buon samaritano?

R. – Mi ha ricordato un po’ la mia infanzia, quando studiavo il catechismo. E’ bella, attuale…

D. – Quali emozioni hanno suscitato in voi le parole di Papa Francesco?

R. – Stupore. Personalmente, io ho sentito questo Vangelo qualche giorno fa con dei ragazzi, dei gruppi che seguo, e credo sia proprio un segno dall’alto risentire la spiegazione di questa parabola dalla bocca del Papa.

R. – Siamo sposati da tre giorni, per cui soprattutto il discorso dell’amore, dell’amare il prossimo. E’ ritornato tutto…

D. – Cosa significa essere prossimi agli altri?

R. – E’ un cammino molto difficile per tanti di noi. Anche se col cuore si capisce cosa significa essere prossimi, tante volte nella quotidianità risulta difficile esserlo.








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