Salvaguardare la dignità umana di fronte alla “quarta rivoluzione industriale” provocata dallo sviluppo della tecnologia: questo, in sintesi, l’appello dei vescovi del Quebec nel loro tradizionale messaggio per la Festa dei lavoratori, che ricorre il 1.mo maggio. Nel documento, siglato dal Consiglio episcopale “Chiesa e società” che si occupa di giustizia sociale e diritti umani, i presuli si soffermano sulla rivoluzione tecnologica dell’epoca contemporanea ed, in particolare, sul suo impatto nella vita dei lavoratori.
Cambiamenti tecnologici hanno conseguenze sul bene comune
“I cambiamenti tecnologici attuali – si legge nel testo – hanno delle conseguenze
sul bene comune, sul lavoro, sulla distribuzione del reddito e sulla coesione sociale”.
Di qui, l’urgenza di porsi alcune domande essenziali: “Le macchine rimpiazzeranno
gli uomini? Ed anche se non li rimpiazzeranno, provocheranno un cambiamento nei loro
salari e sulla disparità di reddito?”. Rispondere a tali quesiti è importante, sottolinea
la Chiesa del Quebec, “perché non si tratta solo di sostituire il lavoro umano con
quello di una macchina, ma anche di riconfigurare i modelli stessi di produzione e
di distribuzione”.
Il lavoro è parte del senso della vita sulla terra
Citando, poi, quanto scritto da Papa Francesco nell’Enciclica “Laudato si’ sulla cura
della Casa comune”, i vescovi ribadiscono che “non si deve cercare di sostituire sempre
più il lavoro umano con il progresso tecnologico: così facendo l’umanità danneggerebbe
sé stessa. Il lavoro è una necessità, è parte del senso della vita su questa terra,
via di maturazione, di sviluppo umano e di realizzazione personale”. (n. 128). Al
fine, quindi, di diminuire il più possibile gli effetti deleteri dei cambiamenti tecnologici
sulla vita dei lavoratori, i vescovi del Quebec auspicano che la società intera si
mobiliti attorno ad “un progetto di educazione e formazione” atto a preservare la
dignità dei lavoratori “di fronte alle conseguenze negative che la nuova fase dello
sviluppo tecnologico provoca sul mondo del lavoro”.
Puntare sullo sviluppo del capitale umano
E qui i presuli fanno alcuni esempi: il telefono cellulare che, grazie ad alcune app,
permette di monitorare la propria salute; le automobili che si guidano da sole; l’uso
di stampanti in 3D che possono produrre beni in piccole serie. Tutti cambiamenti,
spiegano i presuli, che richiedono “una strategia digitale”. Cosa fare dunque? La
risposta della Chiesa del Quebec è chiara: puntare sullo sviluppo del capitale umano,
favorendo l’occupazione, una migliore distribuzione dei redditi e, di conseguenza,
la coesione sociale, “senza remare contro questa nuova fase di sviluppo tecnologico”
e senza dimenticare “il dovere di aiutare e tutelare i più vulnerabili e tutti coloro
che non sono in grado di seguire questi cambiamenti”.
Tre soluzioni concrete. Primo: educazione di qualità
Nel dettaglio, i presuli indicano tre soluzioni concrete. La prima riguarda la formazione,
ovvero “formare meglio le persone affinché siano soggetti, e non meri oggetti, degli
sviluppi tecnologici”, e possano “realizzare ed esprimere la propria creatività attraverso
il lavoro”. Il che significa – spiegano ancora i vescovi – puntare su un’educazione
di qualità, combattere la dispersione scolastica, permettere la formazione professionale
continua sul posto di lavoro, accompagnare le famiglie a valorizzare le competenze
di ciascuno dei loro membri.
Secondo: implementare l’occupazione. Terzo: favorire imprese locali
La seconda soluzione punta ad implementare ed a facilitare l’assunzione dei lavoratori
di alcuni settori particolari, come quello giovanile. La terza soluzione, infine,
suggerisce di “favorire l’emergere di imprese locali e di strutture decisionali di
prossimità, promuovendo un’economia che favorisca la diversità produttiva e la creatività
imprenditoriale”. Naturalmente, sempre facendo in modo che “la dignità di ogni persona
venga rispettata”, così da “mantenere la coesione sociale”.
Ciascuno contribuisca alla vita della società
Tali soluzioni, conclude la Chiesa del Quebec, non spettano solo ai governanti, bensì
rappresentano “un progetto collettivo, ampio e multiforme che prevede l’impegno di
tutti”: governo, istituzioni educative, formatori, imprese. “Si tratta, in ultima
analisi – concludono i vescovi – di permettere ad ogni persona di contribuire, con
il suo lavoro, alla vita della società, concretizzando le sue potenzialità emettendo
a frutto ciò che Dio ha riposto in tutte le cose”. (A cura di Isabella Piro)
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