2016-04-20 11:59:00

Cinema. Le anime graffiate di Zanussi in "Corpo estraneo"


Uscirà finalmente in sala il 5 maggio "Corpo estraneo", l'ultimo film di Krzysztof Zanussi. Il regista polacco lo ha presentato ieri sera a Lecce, ricevendo l'Ulivo d'Oro alla carriera, che gli è stato assegnato dal Festival del Cinema Europeo. Il servizio di Luca Pellegrini:

Angelo e Kasia credono in Dio. Questo non significa per loro mettersi in sicurezza da una vita costellata di fatti traboccanti dolore. Si amano e si desiderano. Ma lei decide di tornare in Polonia per iniziare il noviziato, nella prospettiva di emettere i voti, e lui la segue a Varsavia per non dar tregua alla sua passione. In “Corpo estraneo”, come è il titolo del drammatico ultimo film di Krzysztof Zanussi, l'estraneità riguarda il rapporto con se stessi e il proprio stare nel mezzo di una società dedita più al business e all'eros, che alla ricerca di Dio, come ben si adegua a questi imperativi Krystyna, che regge la sede di una multinazionale in modo spietato e diventa la respingente tentazione di Angelo, tuffatosi in quel vortice di affari e cinismo che insieme lo attira e lo distrugge. Il futuro è più incerto che mai, per Zanussi, che questa volta aggredisce l'ambiente del lavoro e delle multinazionali con inconsueta durezza. Opponendosi a una mentalità manichea che annacqua, svilisce, confonde. Il regista polacco precisa ai nostri microfoni:

R. – Credo che abbiamo vissuto un lungo periodo in cui la tendenza naturale era quella di mostrare tutto in maniera mite: il male non era male, il bene non era buono. Ma il mondo senza contrasti è un mondo che non ha più le certezze, i valori che mi sembrano assoluti. Così sono stato tentato, anche forse contro la mia stessa tendenza naturale, di andare al contrasto come alla sua epoca, direi forse senza grande modestia, Shakespeare: non aveva problemi a mostrare Lady Macbeth, un personaggio assolutamente cattivo!

D. – Maestro, il film affronta anche il problema dell’etica del lavoro oggi…

R. – Queste multinazionali sono per noi sono una novità. Una novità che significa anche, per tutta la nuova classe media che sta emergendo, una speranza. Io arrivo con un film che dice invece: “Guardate questa speranza è avvelenata! Potrete arricchirvi, ma potrete anche perdere l’anima!”. E questo nel momento in cui tutto è così intenso e così nuovo: mi hanno chiamato “antimodernista”, perché questo è moderno, la grande società è moderna, vivere senza famiglia è una modernità. Per me è una scoperta falsa della modernità!

D. – Maestro, il film - in qualche modo - parla anche di trasgressione…

R. – Sì...

D. – Che cos’è per lei la trasgressione in questo film?

R. – La trasgressione oggi è considerata una virtù e questo nella vita comune e soprattutto nell’arte. Se qualcosa è trasgressivo vuol dire che è progressista, che è buono, che è il futuro. Io dico essere veramente una autodistruzione.

D. – Il male viene punito in questo film o no?

R. – Questa sofferenza non è senza speranza. Io credo nelle ultime parole della mia protagonista femminile, che dice “Speravo che tu potessi convertirmi!” e questo vuol dire che lo spera: ciascuno che può sempre essere convertito. Questa è la porta aperta fino all’ultimo soffio e questa è la nostra speranza cristiana.

D. – La battuta, invece, finale di Angelo dice: “Forse ero troppo sicuro della mia fede!”…

R. – Questa è una trappola ben conosciuta, anche da molti mistici, da molti santi. Si sente che l’eccesso della certezza e della sicurezza rende la religiosità morta. Questa è una ricerca dinamica e permanente, questo è lo sforzo spirituale permanente. Non possiamo essere soddisfatti, non possiamo essere placati, calmi, perché Dio non si ritrova: noi siamo il processo della ricerca e dell’incontro. Se c’è l’incontro, sparisce la mattina: io sono profondamente credente la sera e già la mattina ho dei nuovi dubbi. Questo è un processo naturale, per fortuna, e leggendo Sant’Agostino ho ritrovato che non sono solo.








All the contents on this site are copyrighted ©.