2016-04-16 14:02:00

Lombardi: Papa ha mostrato che migranti sono persone, non numeri


Il viaggio del Papa a Lesbo si è concluso. Questa volta le immagini hanno parlato più delle parole. Abbracci, carezze, lacrime, sorrisi: tanti i gesti e i sentimenti che hanno caratterizzato l’incontro di Francesco con i migranti. Un incontro fortemente umano ed ecumenico con la presenza di tre leader religiosi che insieme hanno voluto dare una testimonianza di solidarietà al mondo. Adriana Masotti ne ha chiesto un commento a caldo al direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, al seguito del Papa sull’isola:

R. – Come sappiamo, il Papa desidera sempre l’incontro, l’incontro personale e anche qui, al centro dei rifugiati, ha voluto dedicare un lungo tempo proprio a salutare, accarezzare, abbracciare persone, molti minori, uno per uno, centinaia di persone. Chiaramente, in questa occasione l’aspetto ecumenico è assolutamente fondamentale e originale, però è naturale per il posto dove ci troviamo: un Paese a grande maggioranza ortodossa e quindi il Papa viene in un luogo i cui responsabili religiosi sono i capi dell’ortodossia, il Patriarca ecumenico e l’arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia, che sono stati ben contenti di poter fare con il Papa questo atto di presenza e di impegno che condividono pienamente, perché anche loro sono assolutamente preoccupati, coinvolti da questa vicenda drammatica. I cristiani in questo si sono manifestati uniti e nei confronti di persone che, nella massima parte, non sono cristiane perché tanti di questi rifugiati vengono da Paesi che non sono a maggioranza cristiana, anche se ve ne sono pure, cristiani, che vengono da Paesi del Medio Oriente come la Siria, dove sono stati perseguitati o messi in situazioni estremamente difficili.

D. – Ecco, i tre interventi sono stati molto forti, soprattutto carichi di partecipazione al dramma dei profughi. Che impressione ha avuto?

R. – Direi che proprio questo è quello che mi ha colpito, cioè l’aspetto della partecipazione intensa, della partecipazione affettuosa, umana: perché questo è il fatto. Cioè, riconoscere che queste persone non sono numeri, non sono oggetti, non sono qualcosa che possa essere sballottolato di qua o di là in seguito alle forze dei conflitti o degli interessi di carattere economico, ma sono veramente tutte persone singole. In questo senso, l’incontro, l’abbraccio, l’accarezzare che tutti e tre i leader hanno voluto fare insieme, ha manifestato questa dimensione concreta.

D. – Nella Dichiarazione firmata congiuntamente, c’è anche la richiesta di trovare soluzioni, quella – ad esempio – di concedere l’asilo temporaneo ai profughi che ne hanno bisogno…

R. – Diciamo che la Dichiarazione congiunta è l’atto con cui i tre leader insieme fanno degli appelli ai responsabili, alle autorità che possano fare qualcosa di positivo di fronte a questa grande situazione. Poi, a ognuno le sue responsabilità. I capi religiosi hanno un’autorità morale, poi sono i politici o le persone che hanno responsabilità operative nella società che devono sforzarsi di trovare soluzioni che certamente non sono facili. Quindi è giusto fare gli appelli e bisogna anche comprendere che sono situazioni estremamente complesse, sia per le dimensioni di questo esodo sia per la complessità dei problemi, sia per la molteplicità dei Paesi coinvolti, di cui ognuno ha la propria prospettiva anche differente di fronte alle emergenze che si trovano. Però, l’unità di tre persone così autorevoli nel fare appelli, nel richiamare la insostenibilità di una situazione come questa di fronte a tutto il mondo, è certamente un grande contributo all’impegno da parte di tutti.








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