2016-04-15 14:31:00

Microsoft: causa al governo Usa per il controllo delle mail


Sempre più complesso il tema del rispetto della privacy nell’era digitale, a fronte delle esigenze di sicurezza dei singoli Stati. Di queste ore il caso di Microsoft, che ha citato in giudizio il governo statunitense. Lo ha fatto dopo che il Dipartimento di Stato ha imposto il controllo di 2.500 e-mail senza dare la possibilità all’azienda di avvertire i clienti coinvolti. Eugenio Bonanata ne ha parlato con Donato Antonio Limone, ordinario di informatica giuridica presso l’Unitelma Sapienza e presidente dell’Associazione Nazionale Docenti Informatica Giuridica e diritto dell’informatica (Andig):

R. – La notizia è interessante perché non chiama in causa solo il problema della tutela dei dati personali, ma anche i problemi della sicurezza e più in generale dei diritti del cittadino nei riguardi delle nuove tecnologie dell’informazione e quindi anche dei diritti dei cittadini per essere garantiti verso abusi fatti da privati e – perché no? – anche dallo Stato. E lo Stato, negli Stati Uniti, sul fronte delle tecnologie spesso è intervenuto direttamente su banche dati personali o su corrispondenza senza chiedere il permesso a nessuno...

D. – Ma negli Stati Uniti esiste il IV Emendamento che garantisce ai cittadini di sapere se lo Stato sta controllando la loro proprietà…

R. – E’ vero, ma è vero pure che poi ci sono le eccezioni. Quindi, per la difesa dello Stato contro la criminalità, lo Stato spesso fa ricorso a questi elementi per poter andare al di fuori del principio generale.

D. – Professore, cosa dire del quadro normativo italiano?

R. – Se parliamo della situazione comunitaria, e in particolare della situazione italiana, noi abbiamo il Codice per la protezione dei dati personali: direi il miglior Codice che si trova in Europa. La nostra Costituzione, per esempio, tutela con l’art. 15 la riservatezza della corrispondenza e di conseguenza questo vale anche per la corrispondenza di carattere telematico. Quindi nessuno può, fuori dall’ordinamento, compreso lo Stato, intervenire sulla corrispondenza personale senza avvisare le persone.

D. – Quindi, un approccio totalmente diverso rispetto agli Stati Uniti?

R. – Sì. L’approccio è proprio di carattere costituzionale e ordinamentale. Noi abbiamo un sistema di garanzia rispetto al quale il cittadino è tutelato dal nostro ordinamento generale e dall’ordinamento giudiziario, per cui da noi il soggetto che deve intervenire per qualsiasi tipo di anomalia comportamentale o di reato è la magistratura. Quindi, se lo Stato vuole entrare in un sistema personale di informazione, non può farlo direttamente: deve essere la magistratura ad autorizzarlo, che giudicherà se lo Stato possa avere delle informazioni oppure no.

D. – Il parlamento europeo ha appena approvato un pacchetto di misure sulla protezione dei dati personali nelle attività di polizia e di giustizia. Cosa ci possiamo aspettare da questo provvedimento?

R. – Il pacchetto ha un regolamento che entrerà in esecuzione immediatamente e poi una nuova direttiva. Sicuramente, è un miglioramento del quadro complessivo per la protezione dei dati personali, così come è avvenuto finora sia per i dati che circolano nella comunità, sia per i dati che vanno verso Paesi che non fanno parte dell’Unione Europea.








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