2016-04-15 14:42:00

Caritas Hellas: a Lesbo l'aiuto ai profughi non ha barriere


Ad attendere con entusiasmo l’arrivo del Papa a Lesbo vi è la piccola comunità cattolica, che vede le sue componenti impegnate, così come del resto tutti gli abitanti dell’isola, nell’aiuto ai profughi. Maristella Tsamatropoulou è la portavoce di Caritas Hellas, Francesca Sabatinelli l’ha raggiunta telefonicamente sull’isola dell’Egeo:

R. – Papa Francesco è un Papa che promuove veramente la dignità, l’amore, la caritas, l’amore divino. E’ fonte d'ispirazione per noi operatori umanitari, per noi tutti come persone. E’ veramente una ispirazione grandissima! Con la sua semplicità, con la sua pienezza d’animo è riuscito a mettere insieme, a riunire i due capi delle Chiese: l’arcivescovo della Chiesa ortodossa di Grecia Ieronymos e il Patriarca di Costantinopoli. Già solo questo basterebbe per dire che Papa Francesco vuole veramente portare l’unità. Sta venendo in un contesto, quello greco, che è veramente afflitto da una duplice crisi umanitaria, non solo quella terribile dei rifugiati e degli immigrati, ma anche quella di un popolo afflitto da una crisi economica che si fa sentire nel quotidiano sempre di più. Si è chiesto tanto cosa la Chiesa cattolica faccia in Grecia per aiutare i rifugiati: che cosa fa? Questo è anche un aiuto che dà il Papa a noi, come Caritas: si viene così a conoscere che noi siamo qui, che la Chiesa cattolica aiuta, attuando il suo messaggio di solidarietà. Quindi, l’arrivo del Papa è per noi veramente importantissimo e questo non solo come Caritas, ma anche come Chiesa locale.

D. – In questo momento la situazione a Lesbo qual è, per quanto riguarda i rifugiati presenti sull’isola?

R. – Oggi ci sono 4.200 rifugiati, questi sono i numeri che ci vengono dati dalla Polizia. Però si sa che sono sempre di più rispetto a quello che dicono le autorità locali. Sono divisi in due gruppi: quelli che possono partire per l’Europa e quelli che, purtroppo, dovranno tornare indietro. Noi, come operatori umanitari, stiamo cercando di assistere tutti! Adesso io mi trovo all’hotel che è stato noleggiato dalla Caritas Hellas, con fondi della Caritas tedesca, austriaca e svizzera, in cui diamo ospitalità a più di 200 rifugiati e sono i casi più vulnerabili: disabili, bambini piccoli, donne incinte, anziani, persone ammalate, che vengono seguiti da assistenti sociali, da legali che spiegano loro i diritti. Secondo quanto loro ci dicono, gli sembra un piccolo paradiso nella loro tragica storia.

D. – Da dove arrivano queste persone che assistete?

R. – Ovviamente noi assistiamo tutti, senza fare alcuna discriminazione. Sono in maggioranza siriani, ma ci sono anche afghani, iraniani e pochi pachistani, finora, ma sono prevalentemente siriani.

D. – Dicevi che sono i casi più vulnerabili: questo significa che loro non rientreranno tra quelle persone che verranno rinviate in Turchia?

R. – Purtroppo alcuni corrono questo rischio, anche se quasi il 90 per cento sono venuti prima del 20 marzo (giorno dell'entrata in vigore dell’accordo Ue-Ankara, ndr) e dunque non dovrebbero correre il rischio immediato di essere riportati in Turchia. Ci sono alcuni casi, fortunatamente pochi, che rischiano di essere deportati, ma proprio a causa della loro vulnerabilità questo non è sicuro.

D. – Voi avete percepito delle tensioni tra la popolazione?

R. – Assolutamente nessuna tensione! Papa Francesco è riuscito a fare l’inimmaginabile, a mettere tutti insieme: gli ortodossi e anche quelli che si dichiarano non credenti hanno un grandissimo rispetto per il Papa. Sono veramente tutti ansiosi di incontrarlo. Quello che noi percepiamo è una grandissima gioia. Tutti sanno che la Caritas è della Chiesa cattolica, ma i nostri volontari sono soprattutto del luogo e quindi ortodossi e questo non fa alcuna differenza!

D. – Ci sono tensioni ultimamente fra la popolazione a causa della presenza dei rifugiati o gli abitanti di Lesbo continuano ad avere lo spirito di accoglienza sempre mostrato in passato?

R. – Ci sono e ci saranno sicuramente quelli che sono contrari all’arrivo dei rifugiati, a dare loro ospitalità, a prestare servizio. Però, e siamo molto contenti di questo, prevalentemente tutti aiutano tantissimo. Tutti gli abitanti sono stati o sono volontari delle agenzie umanitarie. Non è un caso che gli abitanti di Lesbo siano stati proposti simbolicamente per il Nobel della Pace. Non dobbiamo poi dimenticare, tra l’altro, che il popolo greco è un popolo che ha vissuto in primis cosa significhi essere un rifugiato. Il sentimento che prevale qui è che dobbiamo aiutare questa gente!








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