2016-04-08 12:00:00

Schönborn, le parole chiave: amore, accompagnamento e discernimento


Il cardinale arcivescovo di Vienna Christoph Schönborn, durante la presentazione  della Esortazione apostolica di Papa Francesco “Amoris Laetitia” in Sala Stampa, si è soffermato sulle parole chiave del documento. Asdoltiamo il porporato al microfono di Sergio Centofanti:

R. – La parola chiave è amore: Amoris Laetitia. E’ significativo che il Papa non parli della carità, ma dell’amore. Tutta la pienezza dei sentimenti, degli atteggiamenti nella coppia e nella famiglia, infatti, tutta questa ricchezza è al centro. Io direi che questo documento è anzitutto un grande inno all’amore familiare e nel centro del testo, geograficamente nel centro, ma anche spiritualmente nel centro, si trova il IV capitolo. So che tutti leggeranno l’VIII capitolo dove si trattano le questioni difficili, controverse, ma il IV capitolo è veramente il cuore del testo, perché è una lunga meditazione sull’Inno di San Paolo, nel XIII capitolo della Prima Lettera ai Corinzi, sulla carità e sull’amore. E questo è il nucleo. San Giovanni dice: “Abbiamo creduto nell’amore”. Papa Francesco crede nell’amore, nella forza attraente dell’amore, e per questo può essere abbastanza sfiduciato, critico nei confronti di un atteggiamento che vuole regolare tutto con delle norme, di chi pensa che basti accordarsi alla norma. No, dice il Papa: “Questo non attira; ciò che attira è l’amore”. E questa per me, da domenicano, è la posizione classica di San Tommaso d’Aquino. Io spero che, dopo la pubblicazione del documento, si faccia uno studio per mostrare quanto questo documento sia in linea con il grande San Tommaso d’Aquino. E’ l’autore più citato in tutto il documento tra i teologi, i maestri, i Padri della Chiesa. E la profonda convinzione di San Tommaso è che solo il bene ci attira. L’orientamento nell’agire umano si fa attraverso l’attrazione del bene, della felicità. E questo ideale della famiglia cristiana, della coppia, non è un ideale astratto, è il profondo desiderio dell’uomo. Ma questa meta, questa finalità, si raggiunge passo passo, mano a mano. E per questo l’altra parola chiave del documento è ”accompagnamento”: l’accompagnamento che fanno i genitori con i loro figli, che fanno i pastori con i fedeli, che fa il Papa con la Chiesa. Accompagnamento su una strada in cui sono tutti. Ed io, che vengo da una famiglia molto ferita, da una cosiddetta “patchwork family”, ho sofferto da giovane di questa quasi separazione che si fa spesso nella Chiesa: qui sono quelli “in ordine”, che si comportano bene, e qui sono gli altri che sono irregolari; qui i buoni, quelli in regola, e qui gli altri che sono un problema. Papa Francesco, nella linea di Gesù, della Bibbia e del Nuovo Testamento, ci mostra che noi siamo tutti in cammino, tutti, senza eccezione. Anche quelli che hanno la fortuna di vivere in una situazione di pace familiare, serena, nella fede e che camminano bene, anche loro hanno bisogno di conversione, anche loro hanno bisogno di misericordia. E, dunque, accompagnare è la parola chiave per i pastori, per le comunità cristiane. E’ importante, perché il Papa invita le comunità a questo accompagnamento. E poi, terza e ultima parola chiave, dopo amore e accompagnamento, è discernimento. “Discernimento” è molto ignaziano. Il Papa è gesuita e formato dagli Esercizi di Sant’Ignazio. Il discernimento è ciò che ognuno di noi deve fare: cosa Dio vuole da me nella vita quotidiana, nelle grandi scelte della vita, eccetera. Discernimento anche nelle situazioni difficili. E qui c’è un punto che si deve fortemente sottolineare: questo è in continuità con San Giovanni Paolo II, perché questo documento è basato in gran parte sulla “Familiaris Consortio”. Dobbiamo mostrare in dettaglio quanto sia nella linea della “Familiaris Consortio”, cosa fa il Papa, che ha già fatto il Sinodo dello scorso ottobre. Nel 1984, nella “Familiaris Consortio”, San Giovanni Paolo II diceva: i pastori, per amore della verità, sono obbligati a discernere le situazioni. E poi enumera tre diverse situazioni di rottura del matrimonio, ma sono molto diverse. E cosa vuol dire? Papa Francesco ci mostra che questo discernimento vuole anche un accompagnamento diverso: non fa una casistica dell’accompagnamento, ma piuttosto una scuola dell’attitudine del pastore e della comunità, che accompagnano con uno sguardo attento alla realtà – il Papa lo dice parecchie volte nel documento – le situazioni come sono, le famiglie come sono: un accompagnamento variegato. E in una piccola nota aggiunge che questo aiuto della Chiesa può esserci, in certi casi, anche con i Sacramenti; non dice di più. Forse alcuni diranno: “Non basta”. Lui dice: “Fate un buon discernimento”.

D. – Questo documento ha, secondo lei, anche un nuovo linguaggio?

R. – Direi che questo documento è un “evento di lingua”, come già è stato l’”Evangelii Gaudium”. È un “evento”, una freschezza, un’immediatezza di linguaggio, che colpisce, perché a volte dobbiamo ammettere – umilmente! – che i nostri documenti ecclesiastici non sono tanto leggibili… Si sente che il Papa è un uomo che ha insegnato la letteratura, che ama i poeti, gli scrittori. Ha un linguaggio con un sapore di vita, di freschezza, di immagini. E parla delle realtà della vita con una vicinanza alla gente, che si sente: si sente che è un uomo che è stato tanto vicino alla gente. Ma non bisogna dimenticare, anche qui, la continuità: leggendo tutto il quarto e il quinto capitolo, penso alle catechesi di San Giovanni Paolo II sulla teologia del Corpo, ma è molto più ampio: la vita della coppia anzitutto. Papa Francesco è, secondo me, in forte continuità con questo approccio molto concreto, vivo, della realtà quotidiana. Forse lui include un po’ di più ciò che lui chiama la “famiglia allargata”; parla dei nonni, degli zii, dei cugini: di tutta questa ricchezza dell’ambiente familiare che forse è un po’ mancata nei documenti ecclesiastici sulla famiglia.








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