2016-04-06 23:00:00

Vatileaks2. Chaouqui: non ho mai consegnato documenti ai giornalisti


Ci sono fatti gravi di cui non posso riferire senza violare il segreto pontificio. Lo ha detto Francesca Immacolata Chaouqui durante l’interrogatorio della settima udienza del processo in Vaticano per appropriazione e divulgazione illecita di documenti riservati. Presenti in aula anche gli altri imputati: mons. Angel Lucio Vallejo Balda, Nicola Maio e i giornalisti Emiliano Fittipaldi e Gianluigi Nuzzi, non più contumace. L’udienza, come conferma anche una nota della Sala Stampa vaticana, è stata aggiornata a lunedì prossimo. Massimiliano Menichetti:

Un’udienza divisa in due parti, mattina e pomeriggio, tutta incentrata sull’interrogatorio all’ex commissario di Cosea, Francesca Immacolata Chaouqui. Rispondendo alle domande del Promotore di Giustizia, del presidente del Tribunale e degli avvocati di parte, la donna ha ripercorso l’intera vicenda: prima, durante e dopo l’attività in Cosea, la Commissione che analizzava gli enti della Santa Sede.

"Mai consegnato documenti ai giornalisti"
“Non ho mai consegnato documenti riservati ai giornalisti Nuzzi e Fittipaldi” né a qualcun altro, ha affermato. “Unico foglio inviato - ha risposto - l’invito a Nuzzi per partecipare alla canonizzazione dei due Papi sulla terrazza” con vista su San Pietro. L’imputata ha sottolineato l'amicizia di lunga data con il cronista e precisato di aver svolto la sua attività in Vaticano a titolo del tutto gratuito, adoperandosi anche in molteplici azioni benemerite per la carità del Papa.

Attività della Cosea
Ha nuovamente spiegato che Cosea doveva prima realizzare una fotografia della situazione degli enti della Santa Sede e poi strutturare soluzioni. Tra i compiti specifici della Chaouqui quello di ridisegnare la comunicazione istituzionale nel suo complesso, creando una struttura nuova e organica, dopo che già due commissioni dette “della Radio” avevano lavorato. “Un lavoro che oggi vede la sua piena attuazione - ha ribadito più volte - che è espressione di Cosea”.

Nessuna "Super Commissione"
Ha respinto ogni accusa in merito ad una presunta “Commissione ombra” o “Super Commissione” di cui lei avrebbe fatto parte. Ha spiegato di essersi recata negli uffici della Prefettura degli Affari Economici solo alcune volte prima di lavorare in Cosea, per contatti preliminari. Ha precisato che i membri di Cosea riferivano direttamente al Papa ed avevano un “potere mai visto prima in Vaticano” potendo accedere agli atti di ogni ente. E cha la creazione della Commissione aveva sovvertito gli “equilibri vaticani”, provocando non poche “tensioni” interne e “diffidenza”.

“Un fatto grave”
Chaouqui ha parlato di “un fatto grave” avvenuto nel febbraio del 2014 che il Papa stesso avrebbe chiesto di chiarire. Nessun altro dettaglio è stato fornito per non violare il segreto pontificio. Mons. Vallejo avrebbe però incaricato l’imputata di costruire una documentazione poi fatta avere al Santo Padre che la definì “un lavoro profetico”.

I dubbi sulla Gendarmeria
L’imputata ha riferito di essere stata dissuasa più volte da mons. Vallejo Balda dalla volontà “di segnalare alla Gendarmeria” delle anomalie. L’ex segretario di Cosea avrebbe anche fatto eseguire un accertamento sul Corpo vaticano dai servizi segreti spagnoli ed ipotizzato una “messa in scena della stessa Gendarmeria” il furto avvenuto nei locali della Prefettura per gli Affari Economici. Mons. Vallejo avrebbe chiesto, ogni volta, prima di una riunione di Cosea, la bonifica delle microspie al Corpo delle Guardie Svizzere.

I testimoni dell’accusa
L’imputata ha anche messo in dubbio l’imparzialità delle testimonianze lette dal promotore di Giustizia del personale della Prefettura degli Affari Economici, in particolare, sottolinea, Stefano Fraleoni "era la persona di riferimento di mons. Vallejo Balda”.

L’archivio di Cosea
In riferimento all’archivio di Cosea, situato nella stanza 127 di Casa Santa Marta al primo piano e costato secondo Chaouqui 5 milioni di euro di consulenze, l’imputata ha spiegato che dopo la fine dei lavori era necessario un'attività di catalogazione e risistemazione. Dopo, però, il “fatto grave” accaduto nel maggio/giugno 2014, la “Segreteria dell’Economia con a capo il cardinale prefetto George Pell” ha voluto la consegna dell’archivio ed è stato interdetto l’accesso “ai membri di Cosea”. Fatti, questi, che temporalmente coinciderebbero anche con il ritiro del badge per l’ingresso in Vaticano della donna. Credenziali che il Papa stesso avrebbe poi chiesto di restituire “una volta venuto a sapere dell’accaduto”.

La falsa lettera dello Ior
In riferimento ad una lettera su carta intestata dello Ior, risultata falsa, ed il cui testo appare essere quello di una mail inviata dalla imputata al suo diretto superiore in Cosea, ha spiegato che si è “trattato di una richiesta per mettere alla prova” mons. Vallejo il quale "si vantava di avere la carta intestata di ogni ente vaticano”. Ha aggiunto di non sapere “che la lettera fosse stata realmente stampata”. Chaouqui ha confermato che mons. Vallejo “ha partecipato, a volto coperto, alla trasmissione televisiva Report” dopo aver incontrato il giornalista Paolo Mondani. E che lei avrebbe contribuito “all’impostazione scenica” di una altra trasmissione sulla banca Monte dei Paschi, lo stesso istituto citato nella lettera contraffatta dello Ior, nella quale viene citato anche un certo “Paolo”, che l’imputata non ricordava chi fosse.

Vatican Asset Management
Sollecitata sul Vatican Asset Management (Vam), ha escluso ogni rapporto con la struttura, che avrebbe generato un’altra commissione la quale avrebbe proposto la creazione di un fondo sovrano in Lussemburgo, proposta poi bocciata dal “Papa”. Ha detto di aver fornito a Nuzzi una rassegna stampa su Vam tornando a sottolineare che “non ha consegnato materiale riservato”. Ha precisato anche la lunga amicizia con il giornalista che “mai – ha detto – mi ha fatto domande inerenti al mio lavoro o chiesto di violare il segreto d’ufficio”.

Mons. Vallejo
La donna ha descritto il profilo di mons. Vallejo come “ossessionato dal desiderio di conferme” e distinto due momenti: uno in cui tra i due si è creata un’amicizia ed un altro in cui progressivamente si sono degradati i rapporti. Per Chaouqui il problema si inizia a porre quando il suo superiore capisce “di essere stato estromesso” e che dopo Cosea non avrà altri incarichi. L’imputata ha spiegato di essersi prodigata per aiutare l’uomo che con lei si "sfoga”, “non era più forte”, ma appare “indebolito”. Lo introduce nella sua cerchia familiare, amicale e professionale di alto livello: "inizia a viaggiare, conosce cardinali, ministri, gente dello spettacolo", entra in una relazione più stretta con la contessa Marisa Pinto Olori del Poggio "mia amica".

Bisignani e Paolo Berlusconi. La notte a Firenze
L'ex commissario di Cosea ha precisato che gli incontri con Bisignani e Paolo Berlusconi si sono svolti l'uno per parlare della fondazione "Messaggeri della pace" e l'altro in un contesto conviviale. Sulla notte a Firenze la donna ha negato "rapporti sessuali" con il prelato che le avrebbe “fatto delle confidenze, nella stanza in cui stava dormendo la madre, sulla sua sfera sessuale”. Dopo quell’evento si sarebbero evidenziate confidenze, stranezze, cose inopportune ed amicizie particolari, come quella con l’astrologo Mauro Iacoboni. La persona che secondo Chaouqui avrebbe "passato il telefono cellulare in carcere al monsignore con l’intento di inquinare le prove”.

Nessuna minaccia
“Non ho mai minacciato mons. Vallejo” ha ripetuto, spiegando che il noto messaggio inviato via WhatsApp in cui scrive “ti distruggo a mezzo stampa” venne redatto come reazione ad una diffamazione. E replicando alle domande ha “escluso di essere il numero due dei servizi segreti” e che “non esiste al mondo” che facesse parte di “un gruppo pericoloso” come sostenuto dal prelato. Mons. Vallejo - ha più volte ripetuto l’interrogata - era desideroso di incontrare “questo mondo” e “voleva realizzare un piccolo memoriale da dare a Nuzzi per mostrare quanto aveva fatto per il Papa”.

Scambio della password
Chaouqui ha poi ammesso “di essere presente allo scambio di una password tra i due” ma di non sapere il contenuto celato da queste credenziali. Ha poi evidenziato che il collega Nicola Maio “non ha mai sottratto documenti”, ma che tale operazione era compiuta da mons. Vallejo il quale "aveva libero accesso ad ogni incartamento” e “pretendeva anche di avere un’influenza sulla vita privata” del suo collaboratore.

La chiavetta usb
Nell’udienza odierna è stata decisa la non acquisizione della chiavetta usb depositata la scorsa volta dall’avvocato di Francesca Immacolata Chaouqui, contenente la registrazione di conversazioni tra la sua assistita ed un’amica fidata di mons. Vallejo, perché ritenuta in sostanza una prova depositata tardivamente e non fondamentale per il processo.








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