Il sacerdote caldeo Amer Saka, che si era auto-denunciato per aver dissipato in Canada i fondi raccolti per essere destinati al sostegno dei rifugiati provenienti dal Medio Oriente, è stato temporaneamente sospeso dall'esercizio del ministero sacerdotale e la sua vicenda è stata portata a conoscenza delle autorità civili dalla stessa eparchia caldea di Mar Adday a Toronto, a cui è affidata la cura pastorale dei cristiani caldei presenti in territorio canadese.
Misure tempestive prese a livello ecclesiastico
In un comunicato diffuso dai canali ufficiali patriarcali e pervenuto all'agenzia
Fides, il Patriarcato di Babilonia dei Caldei interviene sul caso che sta addolorando
la comunità caldea in Canada, sottolineando la tempestività delle misure prese anche
a livello ecclesiastico e mettendo in guardia da strumentalizzazioni e generalizzazioni
sommarie. Un singolo caso – si legge nel comunicato patriarcale – non può essere preso
a pretesto per accusare in maniera indistinta tutti i sacerdoti.
Il sacerdote si è auto-denunciato
E' stato lo stesso sacerdote, residente in Ontario, ad auto-denunciarsi al vescovo
Emanuel Shaleta, dopo aver sperperato in lotterie e giochi d'azzardo 500mila dollari
canadesi che erano stati raccolti tra i cristiani canadesi per costituire un fondo
a favore dei cristiani mediorientali desiderosi di fuggire dalla Siria e dall'Iraq
per ricongiungersi ai propri familiari già emigrati in Canada.
Non prendere a pretesto questo caso per diffamare la Chiesa caldea
Nel comunicato patriarcale, si fa riferimento alla fragilità umana, si prende atto
che il sacerdote ha riconosciuto il suo errore e si esprime l'augurio che nessuno
prenda a pretesto la vicenda per diffamare la Chiesa caldea nel suo complesso. Si
esprime fiducia nelle indagini intraprese intorno al caso dalle autorità giudiziarie
canadesi, e si ribadisce la necessità – più volte richamata dal Patriarca Louis Raphael
Sako - di trovare forme adeguate per curare la formazione permanente del clero e seguire
la crescita spirituale e pastorale dei sacerdoti in tutte le diocesi.
Il Patriarca Sako: il sacerdozio è una missione, non un business
Il Patriarca caldeo Louis Raphael I aveva rivolto già nel luglio 2013 una lettera
ai preti caldei in cui si prendeva atto che la debolezza nell'esercizio dell'autorità
centrale, la vacatio di numerose sedi episcopali, la mancanza di sicurezza e lo stato
di perenne emergenza socio-politica vissuto dall'Iraq avevano avuto “effetti anche
sulla identità dei sacerdoti e sulla loro spiritualità”, creando una “situazione che
non può continuare” e che va affrontata con risolutezza riscoprendo la sorgente di
grazia e il vero volto della vocazione e della missione sacerdotale. In quella lettera
il Primate della Chiesa caldea si era riferito anche ai casi di sacerdoti che “non
predicano o, quando lo fanno, trasformano le loro omelie in insulti o in richieste
di soldi”. Il sacerdozio – ripeteva in quel messaggio il Patriarca, riecheggiando
anche recenti richiami di Papa Francesco, “è una missione, non una professione o un
business”. (G.V.)
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