2016-04-02 15:40:00

Ancora 90 le persone illegalmente detenute negli Opg


A circa un anno dalla data ultima fissata per la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg), 90 persone si trovano ancora all’interno di quattro di queste strutture sparse tra Toscana, Emilia-Romagna, Campania e Sicilia. È previsto nei prossimi mesi il trasferimento nelle Residenze regionali per l’esecuzione della misura di sicurezza (Rems). Ma perchè i tempi di chiusura degli Opg non sono stati rispettati? Risponde al microfono di Maria Laura Serpico, il presidente di Antigone, associazione per i diritti e le garanzie nel sistema penale, Patrizio Gonnella:



R. – Perché è stato difficile convincere tutte le Regioni a prendersi carico e cura – in questo caso in senso letterale – delle persone con problemi psichiatrici che hanno commesso un reato. Alcune Regioni lo hanno fatto, tant’è che i numeri delle persone internate negli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) di un anno fa erano ovviamente più alti: parlavamo di 400-500 persone; ricordo che erano 1000 tre anni fa e oggi sono una novantina. Ci sono alcune Regioni che si sono sottratte a questo obbligo, e devo dire senza una particolare omogeneità politica: ci sono Regioni di destra, come il Veneto, e altre governate dal centro-sinistra, come la Toscana. E quindi sono state commissariate dal governo, affinché si arrivi, anche in queste Regioni, alla chiusura degli Opg e all’apertura di comunità più a misura d’uomo.

D. – Quindi, la questione deve essere risolta a livello regionale o statale?

R. – Lo Stato in questo caso ha poche responsabilità, perché ha commissariato le Regioni. Ora è un impegno e una responsabilità di quelle Regioni che non hanno fatto nulla.

D. – Ritiene invece che debbano essere realizzate delle riforme del Codice penale italiano?

R. – Il passaggio di prospettiva sarà probabilmente quello di mettere mano ad un Codice penale che è del 1930, di un’altra epoca e di un altro regime. Dovremmo fare adesso, come è avvenuto negli ultimi tempi nello Stato del Vaticano, quando Papa Francesco con un “motu proprio” ha riformato il Codice, per esempio abolendo l’ergastolo.

D. – In tema di manicomi criminali, l’Italia è indietro rispetto agli altri Paesi europei?

R. – Su altri terreni l’Italia è stata costretta a mettere in piedi riforme dalla Corte europea dei diritti umani: penso alla situazione carceraria e al sovraffollamento intollerabile che produceva degrado e trattamento inumano. E l’Italia ha dovuto adeguarsi dopo le condanne. In questo caso, invece, va detto che l’Italia ha fatto una riforma non perché le è stata imposto dall’Europa, ma di sua iniziativa. E il panorama europeo è molto articolato - non è omogeneo - non ci sono situazioni su questo terreno tutte più avanzate rispetto allo standard italiano. La questione del trattamento di detenuti con problemi psichiatrici in alcuni Stati avviene anche con forme antiche, di tipo manicomiale, che in Italia invece non ci sono più. Penso per esempio al mondo angloamericano, dove ancora c’è un trattamento molto simile a quello che si praticava nei nostri manicomi degli anni ’60 e ’70. Quindi, probabilmente noi dobbiamo pensare ad una forma di psichiatria che non guardi tanto ai modelli esteri, ma piuttosto alle comunità civili nate da noi a seguito della Legge Basaglia. Però – ripeto – è un terreno molto a macchia di leopardo anche in Europa. I Paesi dell’Est non portano un buon esempio, dal momento che hanno ancora forme di contenimento forzato, come l’uso della contenzione fisica, della psichiatria trattata solo con i farmaci, e così via. Abbiamo qualche esperienza invece positiva che arriva dal Centro e dal Nord dell’Europa.

D. – Perché le  Rems sono state criticate?

R. – All’inizio, quando è partita la discussione intorno alla chiusura degli Opg, la speranza, anche all’interno del Comitato che è nato chiamato “Stop Opg”, e che ha dentro noi, e all'interno delle comunità e delle famiglie, era quella di non creare dei piccoli Opg. E allora si paventava questo rischio: attenzione, perché sì, non li chiamiamo più “Opg”, li chiamiamo “Rems”, ma di fatto sono la stessa cosa. Invece, bisogna costruire delle ipotesi di residenze – Rems - dove prevalga, anzi sia esclusivo l’aspetto terapeutico, cosa che non c’era negli Opg. 








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