2016-03-25 10:29:00

Libia, il governo a Tripoli dice no all’esecutivo di riconciliazione


In Libia, stenta a decollare il governo di unità nazionale. Il governo islamico di Tripoli ha dichiarato lo stato d'emergenza dopo le notizie dell'arrivo nella capitale di quattro membri dell’esecutivo che ha avuto l’appoggio delle Nazioni Unite. Il servizio di Alessandro Guarasci:

Non ha vita facile il neo esecutivo frutto degli accordi di Skhirat, in Marocco. Il premier del governo di salvezza libico, non riconosciuto dalla comunità internazionale, Khalifa al Ghweil, ha deciso di resistere in ogni modo ai tentativi del primo ministro designato del governo di riconciliazione nazionale libico, Fayez al Sarraj, e dell'inviato dell'Onu, Martin Kobler. Ieri sera, Ghweil ha tenuto una riunione con tutti i capi delle milizie libiche della Tripolitania ed anche del resto del Paese che hanno deciso di restare fedeli al suo esecutivo impegnandosi a impedire l'arrivo di al Sarraj a Tripoli. Milizie e apparato di sicurezza hanno così deciso di "aumentare le pattuglie i e posti di blocco".

Sul terreno, la situazione degli scontri in sostanza è immutata. Per tutta la giornata di ieri, le forze fedeli al generale Khalifa Haftar hanno combattuto con le milizie dello Stato islamico e con quelle islamiche alleate nella zona del cementificio di Bengasi. Il cementificio rappresenta l'ultima roccaforte dello Stato islamico a Bengasi e i miliziani del gruppo jihadista sono ormai assediati al suo interno dall'esercito che si è dispiegato su tre direzioni. 

Per un commento sulla situazione in Libia, Eugenio Bonanata ha intrervistato Alberto Negri, esperto di questioni internazionali del Sole 24 Ore:

R. – Paradossale. Questo è l’aggettivo che definisce la situazione in Libia. Tutti aspettano l’epifania, l’avvento di questo nuovo governo di unità nazionale o di disunità nazionale che è a Tunisi. L’arrivo di questi quattro personaggi e la proclamazione contemporanea dello stato di emergenza ci dice una cosa molto evidente: comunque questo nuovo governo, se anche arrivasse al completo, sarà ostaggio delle fazioni locali.

D. – Significa anche che i negoziati dell’Onu sono falliti, sono sull’orlo del fallimento…

R. – I negoziati dell’Onu erano destinati a fallire fin dall’inizio, sin da quando erano stati messi in mano al precedente negoziatore, perché è stata perseguita una “linea formale”. Era stato riconosciuto dalla comunità internazionale solo il governo di Tobruk, quello sostenuto dagli egiziani e con il generale Haftar a fare da padrone della situazione, e quello di Tripoli veniva un po’ tenuto ai margini delle trattative. Ma come si poteva in qualche modo avere poi un governo legittimo se poi veniva riconosciuto soltanto quello di Tobruk? Poi, alla fine, si è dovuti arrivare alla soluzione che per avere un nuovo governo era necessario portarlo a Tripoli. Ma naturalmente, a quel punto, il posto della situazione era sfuggito parecchio di mano sia all’Onu che agli altri protagonisti della comunità internazionale.

D. – Cosa c’è dietro questo scontro tra le istituzioni di Tripoli e quelle di Tobruk?

R. – Ci sono gli interessi enormi che spingono le grandi potenze in realtà un intervento in Libia che è anche una spartizione del Paese in zone di influenza, con i francesi e gli inglesi nella parte della Cirenaica e del Fezzan e gli Italiani in Tripolitania. Però, mettere il naso in Cirenaica è più facile: come sapete bene c’è una forte collaborazione tra Parigi, Il Cairo e la Russia per poter in qualche modo mettere sotto controllo la regione della Cirenaica e poi quella del Fezzan. In Tripolitania, la situazione è talmente frammentata, talmente difficile da gestire, che per l’Italia sarebbe molto complicato.

D. – Come se ne esce? Che tipo di previsioni possiamo fare?

R. – La situazione è assolutamente imprevedibile, perché se fossimo stati in grado di poter fare previsioni probabilmente non saremmo arrivati a questo punto. Immaginate solamente un anno e mezzo fa che le prime presenze dell’Is venivano qualificate come assolutamente trascurabili e tutti ci venivano a dire che non avevano nessuna influenza sulla situazione. Poi, da Sirte lo abbiamo visto arrivare comunque a Sabrata, quindi a 60 chilometri da Tripoli. Insomma, la situazione si è molto complicata. Soprattutto adesso che si parla di un intervento internazionale, si fa ancora più difficile il rapporto tra le fazioni, perché gran parte di quelli che sono a Tripoli – queste sono le notizie che mi arrivano – continuano a essere contrari a una missione internazionale nel Paese.








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