2016-03-25 15:49:00

Consiglio dei ministri dà via libera alla banca dati del Dna


Il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto legge per l’istituzione della banca dati del Dna. Saranno dati importantissimi – ha detto il ministro dell’Interno Angelino Alfano - "sia nella lotta al terrorismo sia nella lotta criminalità organizzata e nel contrasto all'immigrazione irregolare”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

Autori di reati non colposi, condannati in via definitiva, quanti sono arrestati in flagranza di reato o sottoposti a fermo, in custodia cautelare o ai domiciliari. Sono le categorie di persone su cui si potrà prelevare il Dna per costruire una banca dati in modo da confrontare le tracce biologiche sulla scena di un delitto con i profili dei pregiudicati. Il regolamento prevede anche che si ottenga il Dna delle persone scomparse. Il prelievo sarà effettuato dai campioni di mucosa orale da agenti penitenziari addestrati ad hoc o dalle forze di polizia direttamente sulla scena del crimine, e potrà avvenire anche in modo forzoso. La banca dati sarà gestita dal dipartimento della pubblica sicurezza del Viminale e sarà basata su un software su due livelli: il primo utilizzato a fini investigativi a livello nazionale e il secondo per le collaborazioni di polizia a livello internazionale. Su questo provvedimento ascoltiamo il commento di Patrizio Gonnella, presidente dell'Associazione Antigone, impegnata nel tutelare i diritti nel sistema penale:

“Tutte le forme di archiviazione di dati personali devono essere usate con estrema cautela: c’è il grande rischio di una sorta di stigmatizzazione che duri poi nella vita. Va bene se è una azione di prevenzione, se c’è un ratio di politica criminale che possa realmente contrastare, aiutando gli investigatori nell’identificazione delle persone. Non va bene nell’ipotesi in cui questa banca dati venga usata poi per fini diversi da quelli giudiziari. Abbiamo avuto purtroppo nel tempo storie di archivi utilizzati anche in modo improprio. La privacy deve essere sempre rispettata. Quando una persona finisce la pena è una persona uguale a quelle libere. E quindi se archivi di questo genere accompagnano la vita di queste persone anche quando dovranno cercare lavoro, anche quando riprenderanno una vita normale, allora c’è il grande rischio di un etichettamento a vita”. 








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