2016-03-23 18:04:00

Bruxelles: caccia a quarto terrorista. Manca collaborazione Intelligence Ue


A Bruxelles, all’indomani dei sanguinosi attentati, prosegue la caccia al quarto terrorista, tre sono infatti morti da Kamikaze. E mentre la città sotto shock tenta di riprendere in qualche modo la vita ordinaria, si accendono le polemiche sulla capacità dell’Europa di fronteggiare insieme la minaccia islamica fondamentalista. Il servizio di Roberta Gisotti

Belgio in lutto per tre giorni. Aeroporto ancora chiuso a Bruxelles, ma i trasporti sono ripresi e le scuole hanno riaperto, segno di una volontà di reazione al dolore e allo sgomento. Sono 32 i morti e 270 i feriti, nell’ultimo bilancio, ma ci sono dispersi e vi sono pure molte difficoltà nel riconoscimento dei resti. Sul fronte indagini, due dei kamikaze uno in aeroporto l’altro nella metropolitana sono i fratelli - ambedue con gravi precedenti penali - Khalid ed Ibrahim El Bakraoui, quest’ultimo arrestato a giugno in Turchia, al confine con la Siria, come combattente straniero, poi estradato e rilasciato in Belgio, dove le autorità non avevano riscontrato legami con il terrorismo.

Il secondo kamikaze in aeroporto è Naijim Laacharaoui, noto come artificiere dell’Is. Non ancora identificato invece il terzo attentatore, la cui foto con il cappello in aeroporto è stata diffusa ieri. “I terroristi erano noti alle Polizie locali ma non è stato fatto nulla perché non c’è stato scambio di informazioni”, ha denunciato il commissario Ue per gli Affari interni, Avramopoulos, ricordando che “Europol è uno strumento importante ma va usato meglio”. Solo 5 Paesi - tra questi non c’è la Germania - danno informazioni complete di sicurezza. Manca dunque fiducia tra gli Stati. Un coordinamento serio tra Intelligence era stato già deciso nel Consiglio europeo, a Tampere in Finlandia ’99, ma è caduto nel vuoto, non so perché, ha dichiarato oggi il presidente della Commissione europea Juncker. Sembrano ora tutti d’accordo a parole i leader europei dopo la strage di Bruxelles. E domani il confronto – speriamo nei fatti – nella riunione straordinaria dei ministri degli Interni dell’Ue. E oltreoceano il monito del presidente Usa Obama, in visita in Argentina: “Il mondo deve essere unito contro il terrorismo”.

L’azione terroristica in Belgio richiama quindi l’attenzione sul mancato coordinamento delle polizie e dei servizi di sicurezza dei vari Stati dell’Unione Europea. Luca Collodi ha chiesto a Franco Venturini, editorialista del Corriere della Sera ed esperto di politica estera, se gli attentati di Bruxelles potevano essere sventati.

 

R. – C’è un salto di qualità nel terrorismo. Però ciò che è accaduto era purtroppo previsto e fa ormai parte di una identità del nuovo terrorismo che è conosciuta. L’Is è caratterizzato dalla sua particolare ferocia, dal suo particolare radicalismo e anche dalla sua particolare abilità organizzativa: sono, queste, tutte caratteristiche che conoscevamo già.

D. – Questo significa che i nostri sistemi di protezione sono deboli?

R. – Prevenire un attentato è una delle cose più difficili che si possa immaginare: è come scortare una persona... E’ naturalmente utile e si può fare sempre meglio soprattutto in termini di collegamento tra i servizi. Però non illudiamoci. Non pensiamo che questo sia un fenomeno che si possa combattere e arrestare in poco tempo. La previsione di tutti gli esperti, purtroppo, è che episodi del genere continueranno. La nostra debolezza, forse, è invece a livello di atteggiamento mentale, di speranza che non accadrà più, oppure di ripetizione di certi appelli all’unità che poi non trovano riscontro nella realtà. Certamente dobbiamo capire che, e il Papa è stato il più bravo di tutti nel definire che questa è ‘una terza guerra mondiale a pezzettini’, che il terrorismo ha delle motivazioni regionali ma che si sta estendendo in Europa, certamente in Occidente. E dunque dovremo affrontarlo questo terrorismo.

D. – E’ anche vero che le organizzazioni terroristiche hanno finanziamenti, spesso nascosti dagli stessi Stati che poi dicono di combatterli…

R. – Sì, è vero. Non è vero in Europa, ma in Medio Oriente, dove ci sono interessi molto forti di tipo strategico, di tipo etnico, di tipo anche economico - ma non sono gli interessi economici quelli prevalenti - ed anche di tipo religioso. Se pensiamo al Medio Oriente, allo scontro all’interno dell’islam, è in corso una guerra civile all’interno dell’islam tra sciiti e sunniti. Pensiamo alla guerra dei turchi contro i curdi; pensiamo al confronto durissimo dei sauditi contro gli iraniani. Sicuramente, il Medio Oriente è pieno di queste ipocrisie. Per questo è molto importante quello che sta cominciando oggi il Segretario di Stato americano Kerry, che sarà in visita a Mosca: questo è cruciale, perché senza una vera collaborazione tra Stati Uniti e Russia - ed io aggiungerei anche la Cina - non si uscirà dal problema. In Europa, comunque, tutto questo porta soltanto vittime! Gli europei devono allora pensare per conto proprio a come reagire e il caso della Libia è tipico. Non possiamo continuare ad assistere – più o meno passivamente – all’istallazione dell’Is vicino a noi o comunque alla radicalizzazione delle comunità islamiche all’interno delle nostre grandi città: dobbiamo distinguere gli islamici terroristi ed isolarli, ma non pensare che tutto l’islam sia terroristico, naturalmente. Questo sarebbe esattamente quello che l’Is vuole ottenere: vuole che noi criminalizziamo tutti i musulmani, in modo da creare una grande lotta tra musulmani e cristiani o tra musulmani e altre religioni. A quel punto l’Is avrebbe vinto!








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