2016-03-20 12:00:00

Obama a Cuba, dopo 90 anni un presidente Usa visita L'Avana


A Cuba è il giorno della storica visita del presidente statunitense, Barack Obama, il primo capo della Casa Bianca a recarsi sull’isola dal 1928. Un atto concreto nell’ambito della normalizzazione dei rapporti tra i due Stati, dopo l'annunciata ripresa delle relazioni diplomatiche. Sul valore dell’avvenimento Eugenio Bonanata ha intervistato Roberto Da Rin, esperto di questioni sud americane del Sole 24 Ore:

R. – Il valore della visita di Obama a Cuba è notevole, proprio perché è il ritorno di un presidente americano dopo molto tempo, quasi 90 anni. Anche se, va detto, resta molto da fare, perché tecnicamente l’embargo è ancora in vigore. La questione dell’embargo è la questione più importante, è la madre di tutte le questioni, attorno a cui si sviluppa la normalizzazione dei rapporti commerciali, economici, e naturalmente politici. Tutto questo può creare un disgelo e favorire un progressivo ritorno effettivo delle relazioni, al di là degli annunci dei presidenti. Infatti due Paesi funzionano nell’ambito dei rapporti economici, di scambio e nella libertà di movimento. Quindi, gli annunci sono un momento di solennità, ma a questi devono poi seguire delle relazioni di nuovo allacciate. E questo finora non è accaduto.

D. – Che tipo di conseguenze ci saranno sul fronte geopolitico sudamericano?

R. – Cuba ha giocato un ruolo importante nella pacificazione tra il governo colombiano e le Farc, tanto per cominciare. E il suo ruolo è stato tutt’altro che secondario. Quindi, Cuba sta giocando una partita geopolitica. Gli altri Paesi del continente hanno favorito da molti anni la ripresa delle relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti. Per esempio, lo hanno cercando di invitare sempre Cuba ai vertici continentali America Sud-America Nord, dove invece c’era il veto degli Usa e Cuba non poteva partecipare. Possiamo dire che questa è stata una vittoria congiunta, anche grazie al contributo di altri Paesi latinoamericani che da tempo hanno remato in direzione di un riavvicinamento tra Cuba e gli Stati Uniti. Il punto più importante, però, non riguarda solo i Paesi latinoamericani, ma soprattutto la Russia, la Cina, Paesi lontani che usufruivano di un’amicizia e di un rapporto buono con Cuba. La Russia, per esempio, aveva delle ambasciate molto numerose, dei Servizi segreti – di intelligence – delle antenne che potevano captare informazioni interessanti provenienti dagli Stati Uniti. Quindi, cosa cambierà adesso nelle relazioni mondiali, russe e cinesi, è difficile da dire. Di certo, se questo embargo verrà totalmente dissolto, si creeranno dei nuovi equilibri. Questo è prevedibile.

D. – In conclusione, quali saranno le prossime aperture di Cuba?

R. – Le prossime aperture dovrebbero riguardare l’economia. Ricordiamo che attualmente sono in vigore delle leggi che non consentono a Cuba di ricevere beni né dagli Stati Uniti né da altri Paesi. Per la Legge “Helms-Burton”, non possono far attraccare le loro navi al porto di Cuba dopo un viaggio di tre o sei mesi: questo significa che fino a questo momento viene scoraggiata qualsiasi operazione di “soccorso” alimentare, di scambi commerciali, dall’Europa o dal Canada verso Cuba. Con la fine dell’embargo tutto questo dovrebbe essere piano piano smantellato. E quindi, l’auspicio è che vi sia un’accelerazione in questa procedura. Fino a oggi, ripeto, ciò non è avvenuto e l’embargo è ancora in vigore, anche perché dovrà essere abolito dal Congresso nordamericano. E questo non è così scontato: nel senso che sì, si dovrebbe fare, però comunque non è ancora avvenuto.








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