2016-03-17 13:19:00

Siria: ai colloqui di Ginevra anche le opposizioni moderate


Il governo siriano mette in guardia chiunque tenti di minare l'unità e l'integrità territoriale della Siria: così Damasco risponde alla proclamazione di una federazione autonoma da parte dei curdi siriani nel nord del Paese, alla quale è contraria anche la Turchia. Intanto procedono i negoziati a Ginevra, dove per la prima volta sono ammessi anche i gruppi di opposizione più moderati. Roberta Barbi ne ha parlato con il prof. Luigi Bonanate, docente di Relazioni Internazionali presso l’università di Torino:

R. – Siamo in una situazione veramente da capogiro, non si capisce più che cosa dobbiamo pensare, che cosa possiamo sperare. All’inizio gli oppositori ad Assad erano ben chiari - sapevamo chi erano - sapevamo che l’Occidente era oggettivamente dalla parte dei ribelli, perché il regime di Assad era un regime dittatoriale. Poi, un po’ per volta, la crisi siriana è talmente degenerata che non sappiamo più chi è con chi, chi è nemico di chi e quali sono le diverse modalità di questa specie di balletto straordinario in cui ogni tanto qualcuno cambia posizione. La cosa più significativa, da questo punto di vista, direi, è ancora un’altra: non tanto la crisi siriana, ma il fatto che l’Occidente si sia rivelato totalmente incapace di affrontarla. Quando dico Occidente voglio dire Europa, ma voglio dire ancora di più gli Stati Uniti, i quali hanno perduto quella loro capacità di fare da equilibratori o da congelatori delle crisi internazionali. Le trattative di adesso sono benvenute, ultra benvenute, ma chi può avere fiducia che servano a qualcosa di veramente sostanzioso e che risolva il problema siriano?

D. – Attualmente i colloqui tra le parti sono mediati dall’Onu, ma sembrano che possano diventare diretti. È corretto? E questo cosa comporterebbe?

R. – L’Onu negli ultimi anni si è rivelato assolutamente incapace di assumere delle posizioni significative. Adesso c’è questa possibile mediazione: io, se fosse possibile, preferirei che fosse l’Onu a gestire trattative di questo tipo, proprio perché l’Onu è l’unica istituzione, l’unico personaggio della nostra scena, che avrebbe la legittimità per convincere le parti a giungere a più ragionevoli conclusioni. Le trattative dirette hanno, invece, il vantaggio dell’essere dirette: cioè ci si guarda negli occhi e abbiamo botta e risposta. La situazione, personalmente, la vedo piuttosto difficile, perché poi ci sono altre questioni intorno alla questione siriana: c’è la questione dell’Is; c’è poi il prolungamento che va verso la Libia. L’Onu, quindi, sarebbe il soggetto ideale, che venne inventato nel ’45 per questo tipo di problemi. Purtroppo, l’Onu ha perso gran parte del suo prestigio e l’Unione Europea non è riuscita ad acquistarne a sua volta. Quindi speriamo che le cose migliorino, ma non possiamo fare altro che sperare.

D. – I curdi siriani vorrebbero una regione autonoma nel Nord-Est al confine con la Turchia, ma sia Damasco che Ankara si oppongono e neppure gli Stati Uniti la riconoscerebbero. Come si può sciogliere questo nodo?

R. – La questione curda è in pista da un secolo ormai, a sua volta, non si può continuare a far finta di niente. Possiamo capire che i turchi non vogliano cederla, possiamo capire la Siria, posto che una cosa che si chiama Siria esista ancora o sia destinata ad esistere – poche settimane fa si era parlato dello smembramento della Siria: un pezzo a me, un pezzo a te, un pezzo ai vicini -. Per cui Siria e Turchia non possono aiutare i curdi, questo è evidente. Che gli Stati Uniti si chiamino per l’ennesima volta fuori, mi sembra di cattivo gusto. I curdi sono sempre stati maltrattati da tutti. Quando ci fu la storia di Öcalan, quel leader del partito comunista curdo, che era stato arrestato in Italia, l'Italia lo mandò indietro alle prigioni turche con una sorta di disprezzo. La questione curda è una questione grave, importante e che va affrontata, ma ce n’è un’altra di questione in quella zona, che purtroppo fa da modello, ed è la questione israelo-palestinese: la questione palestinese non è mai stata affrontata direttamente dalla diplomazia mondiale; allo stesso modo non è mai stata affrontata direttamente la questione curda.

D. – Non sono ben chiari i termini, ma l’esercito russo ha annunciato che si ritirerà dalla Siria entro pochi giorni…

R. – Sono vere queste cose? Perché in questi ultimi giorni da qualche parte ho letto che si ritirerà, altri giornali dicono che gran parte delle truppe sono già tornate a casa, al punto che sono state festeggiate dai compatrioti, dai compaesani. E quindi non possiamo neanche essere sicuri che davvero la Russia si sia ritirata. Una cosa è invece sicura: Putin è, in questo momento, l’unico grande stratega di politica internazionale al mondo. Questo non lo dico con approvazione, ma lo dico come osservatore: è stato in grado di dirigere la musica - anche se una musica cacofonica al massimo grado -  della vita mediorientale.








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