2016-03-15 15:30:00

Putin ritira le forze russe in Siria per aiutare i negoziati


La Russia continuerà i raid aerei contro obiettivi terroristici in Siria. E' quanto ha detto il vice ministro della Difesa, Pankov, spiegando che "è ancora presto per parlare di vittoria sul terrorismo". Emerge dunque con chiarezza che l'annuncio del ritiro della gran parte delle forze russe dalla Siria, fatto da Putin, non riguarda la lotta al sedicente Stato islamico. Intanto la Russia propone al Consiglio per i diritti umani dell'Onu di stilare un rapporto sui crimini commessi da Jabhat al-Nusra e altre sigle terroristiche in Siria. Fausta Speranza ha parlato dell'intervento russo e della strategia di Putin con Massimo De Leonardis, docente di Relazioni internazionali all'Università La Sapienza:

R. – Un conto è ritirare le forze di terra e un conto è continuare gli interventi d’aria e anche – direi – gli interventi mirati con corpi speciali. In fin dei conti è la stessa cosa che stanno facendo – per esempio – americani, britannici e francesi in Libia.

D. – Le truppe di terra ufficialmente non le ha mai ammesse Putin, non è così?

R. – Certo! Come non è mai stato ammesso ufficialmente per quanto riguarda l’Ucraina, cioè le zone orientali dell’Ucraina. Dobbiamo constatare che, in realtà, Putin si è mosso con estrema abilità in tutti questi conflitti, riuscendo a ritornare al centro dell’attenzione e a farsi accettare come interlocutore assolutamente indispensabile. Naturalmente c’è sempre un margine di ambiguità, perché anche qui - ripeto – potrei fare un paragone con la Libia: quei Paesi che ho citato prima non è che hanno mai ammesso ufficialmente di avere reparti di truppe speciali in Libia…

D. – Ripresi i negoziati e, a questo punto, l’inviato Onu, De Mistura, ha detto che è il momento della verità: o davvero c’è una svolta o si torna alla guerra…

R. – Io credo che, in una situazione complessa e drammatica com’è quella della Siria, una fissazione di scadenze ultimative non abbia molto senso. Ricordiamo tutti quando Obama tracciò una fantomatica linea rossa, dicendo che, varcata la linea ci sarebbe stato l’intervento americano”, che poi non ci fu. Non fu ritenuto opportuno. Quindi, certamente siamo ad un momento importante, ma pensare che si possa arrivare ad una svolta definitiva non lo credo possibile: anche se ci fosse una limitata ripresa dei combattimenti, non credo che il processo di pace verrebbe compromesso; allo stesso tempo non credo possibile che si arrivi nel breve tempo ad una cessazione definitiva delle ostilità.

D. – La telefonata Obama-Putin: qual è il nodo del braccio di ferro tra i due dietro le quinte del negoziato tra i protagonisti? E’ veramente il futuro di Assad o altro?

R. – Più che il futuro di Assad in quanto persona, credo che il nodo sia evidentemente la presenza russa in Siria. Come sappiamo la Russia ha una base militare e navale in Siria dai tempi della Guerra Fredda, che costituisce la sua proiezione, la sua presenza nel Mediterraneo. Non dimentichiamo che la Russia nel Mediterraneo può arrivare con la flotta del Mar Nero, ma con il drastico peggioramento dei rapporti con la Turchia è chiaro che la questione si fa un po’ più difficile. Invece, con questa presenza in Siria, la Russia si garantisce un piede nel Mediterraneo, che è una vecchissima aspirazione russa e non dico a caso russa, perché precede l’Unione Sovietica ed è presente già nell’Ottocento con la Russia zarista. Quindi, il problema è anzitutto di presenza strategica; il problema è di interessi economici evidentemente; più in generale, si ricollega al ruolo della Russia, a queste vicende che riguardano il mondo arabo e lo scontro tra sunniti e sciiti.

E ieri a Ginevra hanno preso il via i negoziati indiretti tra governo di Damasco e opposizione, con la mediazione dell’Onu. Anche oggi prevista una serie di incontri. Da Ginevra, Stefano Marchi:

L’inviato speciale dell’Onu, de Mistura, ha incontrato soltanto la delegazione del governo siriano di al Assad, con la quale, peraltro, ha parlato esclusivamente di “questioni procedurali”, che potrebbero essere l’indizio dell’impossibilità di trattative sostanziali tra il regime di Damasco e l’opposizione detta moderata. Il capo delegazione governativo, Jaafarì, ha sostenuto che, per una “soluzione politica” della guerra civile in Siria, è necessaria una più ampia rappresentanza dell’opposizione, forse alludendo ai curdi e ad altri sunniti moderati, per ora esclusi dalle trattative di Ginevra. Oggi de Mistura dovrebbe incontrare, separatamente, la delegazione dell’opposizione siriana. Domani, l’inviato dell’Onu rivedrà i rappresentanti del governo di Damasco per discussioni sostanziali. De Mistura ha detto che per le trattative questo è “il momento della verità”. Nelle prossime settimane sono programmate tre tornate negoziali a Ginevra, dopo le quali de Mistura vorrebbe che le parti si accordassero già almeno su una “road map”.








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