2016-03-15 12:20:00

Comunità Giovanni XXIII, progetto sulle alternative al carcere


Mezza Europa a confronto sul terreno delle esperienze alternative al carcere. A Bologna sono stati presentati i risultati del progetto biennale “Ridurre la popolazione carceraria: gli strumenti avanzati della giustizia in Europa”. Il programma, coordinato dalla Comunità Giovanni XXIII, ha messo i riflettori su 70 diverse realtà in sette Paesi comunitari. Il servizio di Luca Tentori:

Sovraffollamento, dispendio economico, recidività e tutela della vittime sono i punti deboli del sistema carcerario italiano ed europeo. Le pene alternative alla detenzione possono abbattere queste problematiche in maniera significativa e definitiva. Lo ha sostenuto a Bologna questa mattina Giovanni Ramonda, responsabile generale della Comunità Giovanni XXIII, con i dati alla mano di un progetto europeo di monitoraggio che ha portato alla stesura di un documento di “buone pratiche” per la formazione degli operatori impegnati nei percorsi alternativi alla detenzione:

“La certezza del reato e della pena, di persone che hanno comunque sbagliato, deve diventare la certezza del recupero. Il continuare a vivere in carcere fa accumulare aggressività e violenza, tanto che quando la persona esce a qualcuno la farà pagare. L’uomo non è il suo errore ma è molto più grande e ha delle capacità delle competenze e della abilità che sono straordinarie”.

La mattinata è stata anche occasione di fotografare il mondo delle carceri, che vede il primato dell’Italia nel sovraffollamento con 148 detenuti su 100 posti disponibili. Ma da registrare anche il dato positivo dei 187 mila soggetti che scontano pene alternative in Francia, 156 mila in Germania e 33 mila in Italia. I numeri parlano chiaro anche per le “Comunità educanti con carcerati” della Giovanni XXIII: qui la percentuale di ritorno sullo stesso reato è calato, rispetto alla popolazione carceraria, dall’80 al 10%. Ma per fare questo occorre un percorso integrato che coinvolga tutte le agenzie educative pubbliche e private, del terzo settore, delle comunità locali e delle famiglie:

“Noi abbiamo alcuni responsabili delle nostre comunità in tutto il mondo che sono stati anni e anni in carcere, ma hanno scoperto il proprio errore, lo hanno riparato e hanno puntato sulle proprie capacità. E questa è la proposta che noi oggi vogliamo portare alle istituzioni, alla politica, ai giudici e soprattutto alla cittadinanza perché diventi cultura e diventi proposta di vita”. 

E poi, c’è il tema del riscatto che stride con la realtà dell’ergastolo o addirittura della pena di morte di cui Papa Francesco aveva auspicato una moratoria almeno in quest’Anno giubilare:

“L’ergastolo ostativo è un assurdo, perché la persona deve avere la possibilità anche di fronte a reati gravi e reati importanti di poter riparare il suo errore. Quindi, la pena di morte è un assurdo, perché noi siamo creati per la vita. Giustamente, Papa Francesco richiama al fatto che Dio è l’amante della vita e non vuole la morte di nessuno: non è uccidendo che si risolvono i problemi di questa umanità, ma facendo proposte di vita che vengano recepite da tutti e anche da coloro che hanno sbagliato”.

Attualmente, sono più di 300 persone che stanno scontando una pena alternativa nella “Comunità Giovanni XXIII”. Molti di loro appartengono a religioni differenti o a nessuna fede:

“Nel pieno rispetto del loro credo noi facciamo però una proposta di vita, una proposta pienamente umana che si basa sul rispetto reciproco delle persone, sulle competenze, sulle abilità messe a servizio gli uni degli altri. Ovviamente, la nostra esperienza è un’esperienza cristiana che è maturata all’interno della Chiesa Cattolica e quindi anche noi esprimiamo il nostro credo. Ma in questa capacità, in questo dialogo con le altre religioni che è possibile”.








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