2016-03-12 14:00:00

Austria. Voce di 50 teologi sui rifugiati: no a nuovi muri


“La protezione delle persone in difficoltà che fuggono dalla guerra, dalle violenze e dalle persecuzioni” è principio etico che non può essere messo in discussione da nessuno, perché si tratta di “un elemento chiave del cristianesimo, dell’umanità e della moderna cultura dei diritti umani” con implicazioni “ben più ampie degli obblighi internazionali derivanti dalla Convenzione di Ginevra”. Così si legge nella “Dichiarazione di teologi e responsabili ecclesiali riguardo la politica austriaca sui rifugiati”, resa pubblica oggi e sottoscritta da cinquanta teologi, responsabili di ordini religiosi e istituzioni ecclesiali dell’Austria.

Europa trovi percorso comune per affrontare sfida umanitaria
Il documento – riferisce l’agenzia Sir - ricorda che “una politica di misure a breve termine, per interessi nazionali e con azioni unilaterali rischierebbe di indebolire l’Ue e destabilizzerebbe gli altri Paesi membri”. Di qui, l’esortazione affinché l’Austria collabori nel “trovare un percorso comune europeo per affrontare la sfida umanitaria” ora e nel lungo periodo, cercando “soluzioni comuni” riguardo “le cause dell’immigrazione e la situazione dei rifugiati nei Paesi confinanti con le aree di guerra civile”.

Condanna della politica della paura e della xenofobia
Il documento termina con una netta condanna della “politica calcolata della paura e della disumanità” fatta di “incitamento ai sentimenti xenofobi, diffusione di notizie false sui rifugiati e opposizione all’accoglienza dei richiedenti asilo in Austria”. “Solo un approccio concreto e responsabile al tema dell’asilo – si sottolinea - è in consonanza con i valori europei”.

Rispetto e dialogo per risolvere la crisi
​Da ricordare che di recente mons. Giles Zsifkovics, vescovo di Eisenstadt e commissario per i Rifugiati e l’integrazione della Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece), ha ribadito che “solo in un ambiente di ascolto rispettoso e aperto dialogo di scambio l’uno con l’altro, riusciremo a bloccare lo sviluppo della crisi”, operando “con lo stile di umanità cristiana nei Paesi d’origine dei rifugiati, in quelli di transito e in quelli riceventi”. (I.P.)








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