“La protezione delle persone in difficoltà che fuggono dalla guerra, dalle violenze e dalle persecuzioni” è principio etico che non può essere messo in discussione da nessuno, perché si tratta di “un elemento chiave del cristianesimo, dell’umanità e della moderna cultura dei diritti umani” con implicazioni “ben più ampie degli obblighi internazionali derivanti dalla Convenzione di Ginevra”. Così si legge nella “Dichiarazione di teologi e responsabili ecclesiali riguardo la politica austriaca sui rifugiati”, resa pubblica oggi e sottoscritta da cinquanta teologi, responsabili di ordini religiosi e istituzioni ecclesiali dell’Austria.
Europa trovi percorso comune per affrontare sfida umanitaria
Il documento – riferisce l’agenzia Sir - ricorda che “una politica di misure a breve
termine, per interessi nazionali e con azioni unilaterali rischierebbe di indebolire
l’Ue e destabilizzerebbe gli altri Paesi membri”. Di qui, l’esortazione affinché l’Austria
collabori nel “trovare un percorso comune europeo per affrontare la sfida umanitaria”
ora e nel lungo periodo, cercando “soluzioni comuni” riguardo “le cause dell’immigrazione
e la situazione dei rifugiati nei Paesi confinanti con le aree di guerra civile”.
Condanna della politica della paura e della xenofobia
Il documento termina con una netta condanna della “politica calcolata della paura
e della disumanità” fatta di “incitamento ai sentimenti xenofobi, diffusione di notizie
false sui rifugiati e opposizione all’accoglienza dei richiedenti asilo in Austria”.
“Solo un approccio concreto e responsabile al tema dell’asilo – si sottolinea - è
in consonanza con i valori europei”.
Rispetto e dialogo per risolvere la crisi
Da ricordare che di recente mons. Giles Zsifkovics, vescovo di Eisenstadt e commissario
per i Rifugiati e l’integrazione della Commissione degli episcopati della Comunità
europea (Comece), ha ribadito che “solo in un ambiente di ascolto rispettoso e aperto
dialogo di scambio l’uno con l’altro, riusciremo a bloccare lo sviluppo della crisi”,
operando “con lo stile di umanità cristiana nei Paesi d’origine dei rifugiati, in
quelli di transito e in quelli riceventi”. (I.P.)
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