Dura condanna per l’assassinio di Berta Cáceres, ecologista, attivista per i diritti umani e rappresentante degli indigeni in Honduras, è stata espressa, in una nota, dalla Rete ecclesiale pan-amazzonica (Repam) e il Movimento cattolico mondiale per il clima (Mcmc). “Uniamo la nostra voce – si legge nel documento, ripreso dall’agenzia Sir – a quella di migliaia di persone e istituzioni che reclamano giustizia di fronte a questo fatto esecrabile e doloroso che ci priva in modo violento di una donna valorosa, madre, sposa e attivista dei diritti umani”.
Uccisa per il suo impegno sociale
La leader ambientalista è stata uccisa all’alba di giovedì 3 marzo a La Esperanza,
a circa 200 chilometri da Tegucigalpa, nella parte occidentale del Paese. La Cáceres
era leader della comunità indigena Lenca. Secondo fonti locali, gli assassini sono
entrati violentemente in casa per commettere il reato, anche se la polizia parla di
un tentativo di rapina. “Noi tutti sappiamo che è stato per la sua lotta”, hanno detto
i membri della famiglia.
Porre fine a violenze ed intimidazioni
Berta Cáceres, infatti, riceveva minacce di morte ormai da dieci anni. Da quando,
insieme al Consiglio dei popoli indigeni dell’ Honduras (Copinh) da lei fondato, aveva
coordinato la battaglia dei Lenca contro la maxi-diga di Agua Zarca sul fiume Gualcarque.
Nell’ottobre 2014 aveva partecipato all’incontro dei movimenti popolari convocato
da Papa Francesco in Vaticano, dove aveva preso la parola. La nota congiunta di Repam
e Mcmc si conclude facendo una appello “agli organi di giustizia internazionali e
al Governo honduregno perché vengano sanzionati i colpevoli” e perché cessino episodi
di violenza e intimidazione contro gli attivisti sociali. (I.P.)
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