2016-03-06 15:25:00

Ucsi. De Luca neopresidente: comunicare senza temere la prossimità


La giornalista Vania De Luca, vaticanista di Rainews24, è stata eletta stamani a Matera presidente dell’Ucsi, l’Unione Cattolica Stampa Italiana. De Luca è la prima donna ad essere eletta presidente dell’associazione in quasi 60 anni di storia. L’assemblea dei delegati la eletta a larga maggioranza. Succede ad Andrea Melodia che ha completato due mandati consecutivi. L’assemblea ha inoltre eletto due vice presidenti: Donatella Trotta dell’Ucsi Campania e Antonello Riccelli dell’Ucsi Toscana. E' stato inoltre eletto segretario Maurizio Di Schino, dell'Ucsi Lazio. Alessandro Gisotti ha intervistato Vania De Luca subito dopo l’elezione a presidente Ucsi:

R. – La sigla dell’Ucsi è una sigla storica. Questa associazione è stata fatta da uomini e donne che hanno avuto non solo visibilità, ma una grossa credibilità, sia nel panorama cattolico che nel panorama pubblico, relativamente agli organismi di categoria, al mondo del giornalismo italiano. Il fatto di essere la prima donna presidente, forse in questo momento, è una responsabilità in più. Ho a cuore quello che Papa Francesco ha chiesto recentemente e cioè che le donne dicano come vedono la realtà, perché loro guardano da una ricchezza differente! Le donne giornaliste, che a questo sguardo particolare e diverso devono accompagnare poi la parola, in tempi come questi - l’Anno Santo della Misericordia - possono costruire ponti, occasioni di incontro e di dialogo con tutti. Ecco, forse, questa è una responsabilità in più: essere testimoni di una volontà di dialogo con tutti.

D. – Fin dal suo primo messaggio per le Comunicazioni Sociali, Francesco ha sottolineato che per lui il potere della comunicazione è nella prossimità. Come accogliere questa sfida nel concreto di un lavoro giornalistico e di comunicatore?

R. – Noi oggi corriamo un grosso rischio: di fare cioè i giornalisti di desk, di fare i giornalisti dietro le scrivanie, perché le tecnologie ci portano in casa le notizie, ci portano in casa le immagini. Invece di Papa Francesco, tra le cose che mi piacciano, ci sono quelle suole delle scarpe un po’ consumate, quell’andare cioè sempre fuori, in giro, camminare, andare anche nei posti più lontani della terra, nelle periferie, rendendole così centrali. Questo è quello che dobbiamo fare anche noi giornalisti: dobbiamo, in qualche modo, non aver paura di quella prossimità, che vuol dire esserci fisicamente nell’incontro con le realtà, con le situazioni, con le storie, con quei fatti che dobbiamo poi raccontare attraverso il nostro lavoro.

D. – Parlando all’Ucsi, il cardinale Parolin ha detto che il compito "più nobile" della comunicazione e del giornalismo è "dare voce a chi non ne ha”. Poi ha aggiunto che nell’era di Internet "non è tanto importante arrivare prima, ma arrivare meglio”…

R. – Sono le sfide del nostro lavoro! Forse bisogna fare tutte e due: cercare di arrivare presto, però bisogna anche arrivare bene. E allora se si deve scegliere, la cosa più importante è comunque arrivare bene. Noi lavoriamo con le parole, sono il nostro strumento, sia per chi scrive, sia per chi racconta a voce; e noi sappiamo come le parole possano ferire, ma sappiamo anche come le parole possano costruire e possano, a volte, essere un balsamo per le tante ferite dell’umanità di oggi. Penso alle guerre, penso a conflitti di ogni genere, penso anche ai giovani che non hanno prospettive; penso a quella fascia di esclusione così larga che vede tanti al di fuori dei circuiti in qualche modo... Ecco, noi con le nostre parole, con il nostro sguardo, con il nostro lavoro possiamo aiutare percorsi di inclusione a tutti i livelli.








All the contents on this site are copyrighted ©.