“Più la Chiesa è vicina a Gesù Cristo, più partecipa della sua passione”. Così mons. Camillo Ballin, vicario apostolico per l’Arabia Settentrionale, commenta l’uccisione di quattro Missionarie della Carità avvenuta due giorni fa in Yemen, nel corso di un attacco terroristico sferrato contro una residenza per anziani e disabili affidata alle cure delle suore di Madre Teresa di Calcutta. Nel corso degli scontri, sono rimaste uccise anche altre dodici persone. Si tratta di “un segno che questa Congregazione è molto vicina è Gesù Cristo, perché chi si avvicina a Gesù Cristo si avvicina anche alla sua Croce”, sottolinea mons. Ballin, citato dall’agenzia Sir.
Uccidere in nome di Dio è inaccettabile
“Le suore trucidate - aggiunge il presule - stavano dando la loro vita per servire
anziani e disabili. Già nel 1998 tre Missionarie della Carità erano state massacrate
a bastonate. Ho potuto vedere i loro volti sfigurati dai colpi di bastone. Vuol dire
che davvero questa Congregazione segue Gesù da vicino, e può indicare la strada anche
per noi che apparteniamo ad altre famiglie religiose”. Riguardo alla matrice della
strage, il Vicario dell’Arabia Settentrionale invita a non cedere alle manipolazioni
di chi punta a criminalizzare tutto l’Islam in maniera indistinta: “Uccidere in nome
di Dio - ripete mons. Ballin - è una cosa tremenda che nessun musulmano autentico
può accettare. A compiere questi crimini disumani sono individui dominati da una ideologia
che squilibra la persona umana”.
Apprensione per il sacerdote salesiano Tom Uzhunnalil
Intanto, è alta l’apprensione per il sacerdote salesiano indiano Tom Uzhunnalil, forse
rapito dallo stesso commando che ha ucciso le quattro suore. “La situazione è ancora
incerta e non siamo in grado di fornire dettagli più specifici”, spiega in una nota
il vicario del Rettor maggiore dei Salesiani, don Francesco Cereda. “Siamo in costante
contatto con le autorità locali e con la sua Ispettoria di riferimento - aggiunge
- per ricevere gli aggiornamenti relativi alle indagini, con nel cuore il sentimento
di poter presto riabbracciare il nostro confratello”. “La preghiera sentita e profonda
è per padre Tom Uzhunnalil nella speranza che possa essere rapidamente tra noi a continuare
il prezioso servizio che svolgeva presso la sua missione”, scrive ancora don Cereda”.
Ogni goccia di sangue versato sia seme di pace
Il pensiero della Famiglia salesiana va, poi, “alle quattro Missionarie della Carità
e ai civili che hanno visto la loro vita stroncata da una violenza insulsa, nella
speranza fondata che in Cristo ogni goccia di sangue versato sia seme di frutti di
pace per il popolo che stavano servendo”. “Come don Bosco e Madre Teresa hanno fatto
del servizio agli ultimi la missione della propria vita e la strada per la propria
santità - conclude don Cereda - così il nostro restare in luoghi segnati dalla divisione
e dalla povertà testimonia la fede nel messaggio cristiano che da ogni croce sgorga
la Risurrezione”. Intanto, un comunicato diffuso dalla rete di al Qaeda nella penisola
arabica e rilanciato dai media arabi nega ogni coinvolgimento del gruppo jihadista
nella strage nella casa di cura di Aden. (I.P.)
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