“Trovare con ogni mezzo i responsabili di questo crimine abominevole”: è il mandato del presidente dell’Honduras, Hernandez, alle Forze dell’ordine dopo l’uccisione ieri di Berta Caceres, l’attivista indigena che nel 2015 aveva ottenuto il massimo riconoscimento mondiale per le lotte ambientaliste, il "Goldman Environmental Prize". A ottobre 2014, aveva partecipato all’Incontro dei Movimenti popolari con Papa Francesco in Vaticano, spendendo parole sull’urgenza di prendersi cura del creato. Il servizio di Fausta Speranza:
Nonostante le tante minacce ricevute, Berta Caceres non aveva scorta. Erika Guevara-Rosas, responsabile per le Americhe di Amnesty International afferma: “L’uccisione di Berta si poteva prevedere da anni”. La donna, esponente di punta dell’etnia lenca, era tra i fondatori, nel 1993, del Consiglio nazionale delle Organizzazioni popolari e indigene dell'Honduras (Copinh), istituito per migliorare le condizioni di vita delle popolazioni locali, combattendo in particolare le attività di disboscamento illegale. Già altri tre membri del Consiglio erano stati uccisi. Berta Caceres sosteneva che il progetto della diga Agua Zarca con lo sbarramento sul fiume Gualcarque poneva a rischio “l’approvvigionamento di acqua, alimenti e medicine di centinaia di indigeni”. Nel ricevere il Premio Goldman, aveva dichiarato: “In Honduras il 30% del territorio è stato consegnato alle multinazionali dell’industria mineraria per progetti guidati da un’ottica neoliberale, secondo la quale l’energia non è più un diritto fondamentale per l’umanità”.
Billy Kyte di Global Witness, l’organizzazione internazionale che denuncia i legami tra abusi ambientali, corruzione, conflitti, aveva lavorato con Berta Caceres. Ricordandola con dolore, ci parla del suo insegnamento e di poteri forti e interessi:
R. – Yes I did: I met her on numerous occasions, I knew her well; we wrote together
a lead up to a report…
Sì. L’avevo incontrata in diverse occasioni, la conoscevo
bene. Avevamo scritto insieme l’introduzione a un rapporto che era stato pubblicato
l’anno scorso sull’uccisione di attivisti ambientali in Honduras, uno degli ultimi
posti al mondo nel quale un attivista vorrebbe trovarsi … Ero con lei anche alla presentazione
del “Goldman Environmental Prize”, che lei aveva vinto e che è il più prestigioso
riconoscimento nel campo della difesa dell’ambiente. La sua morte è una grande perdita.
D. – Quale eredità lascia Berta Cáceres?
R. – So, she leaves behind a legacy of…
Lascia l’eredità di lotta per i diritti degli indigeni
in Honduras e non solo. Rimane un’icona e un faro di questa lotta in un Paese nel
quale, purtroppo, i diritti degli indigeni non sono riconosciuti, né applicati e nemmeno
diffusi. Nonostante l’Honduras abbia firmato diverse Convenzioni a livello internazionale
che garantiscono alle popolazioni indigene il diritto di decidere delle loro terre,
in pratica questo non è mai accaduto. La notizia della sua morte ha già fatto il giro
del mondo. La causa che lei sosteneva è ormai conosciuta nel mondo. Noi come organizzazione
chiediamo un’inchiesta internazionale e indipendente sulla sua morte e la protezione
legale per la sua famiglia e per i suoi colleghi.
D. – Cosa si può dire degli interessi illeciti che Berta ha sempre cercato di combattere?
R. – One of the biggest causes she led was against the construction of a hydroelectric
dam project…
Una delle cause più importanti che stava combattendo
era l’opposizione alla costruzione di una diga idroelettrica sul Rio Blanco, nelle
terre degli indigeni. Era riuscita a ottenere di eliminare dal progetto una compagnia,
ma recentemente la costruzione della diga era ripresa. Nelle ultime settimane, aveva
ricevuto di nuovo minacce di morte perché aveva ripreso la sua lotta per difendere
il fiume sacro del popolo Lenca, unica fonte di acqua potabile per molti. La sua lotta
era ripresa forte: insieme con altri attivisti, protestavano ancora, e ancora, contro
questa diga, che si vuole costruire sulla loro terra senza consultare minimamente
la popolazione del posto.
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