2016-03-04 12:55:00

Libia: liberati due italiani, cordoglio per i colleghi uccisi


In Libia, sono stati liberati i due ostaggi italiani rapiti a luglio scorso insieme ad altri due colleghi purtroppo rimasti uccisi in uno scontro a fuoco a Sabrata, nell'Ovest del Paese. Forze armate francesi e britanniche stanno convergendo sulla Libia, mentre gli Usa guardano con favore ad un intervento internazionale coordinato dall’Italia. Massimiliano Menichetti:

La portaerei francese “Charles De Gaulle” ha superato il Canale di Suez e sta navigando nel Mediterraneo, ufficialmente per esercitazioni militari congiunte con l'Egitto, mentre a Sabrata nell'Ovest della Libia, fonti militari confermano che soldati britannici hanno preso direttamente contatto con le milizie presenti. Si ipotizza una prossima offensiva contro il sedicente Stato Islamico, in un Paese frammentato e diviso. Per ora l’Italia a fronte della mancanza del governo di unità nazionale esclude che ci siano i presupposti per un intervento armato internazionale. L'Is avrebbe a Sirte tra i 3 mila e i 5 mila combattenti, tra cui tunisini, nigeriani, yemeniti e sudanesi. A Bengasi comunque le brigate dell'Esercito libico fedele al generale Khalifa Haftar, capo di Stato maggiore e ministro della Difesa del governo transitorio di Tobruk, continuano a conquistare posizioni. In questo scenario è giunta la notizia della liberazione degli italiani Gino Pollicardo e Filippo Calcagno rapiti in Libia nel luglio scorso. Cordoglio invece per la morte di Fausto Piano e Salvatore Failla dipendenti, sempre della ditta Bonatti, rimasti uccisi in uno scontro a fuoco a Sabrata.

Per una testimonianza dalla Libia, Antonella Palermo ha raggiunto telefonicamente a Tripoli Domenico Quirico, inviato del quotidiano "La Stampa":

R. – Descrivere il caos è una cosa semplice e nello stesso tempo assai complicata. Allora: la Libia è un arcobaleno che va dai banditi comuni che cercano di far denaro con sequestri, rapini e via dicendo, a coloro che hanno in mano le chiavi della cassaforte petrolifera e in mezzo tutta un’infinita varietà di gradazioni che è persino difficile raccogliere …

D. – Il capo delle forze speciali dell’esercito libico ha dichiarato che la battaglia decisiva a Bangasi è vicina e che non appena avrà preso tutta la città ci sarà la fine della guerra …

R. – Speriamo che sia così … Il problema è che lei ha citato il capo delle forze speciali, sì, ma di uno dei due governi di questo Paese. Poi deve aggiungere tutte le altre milizie che non c’entrano niente con i governi, e poi c’è l’Is, ci sono i salafiti e poi ci sono i tuareg e altri gruppi … Insomma, come dire: non è la guerra tradizionale, a Waterloo, una battaglia, un mattino e alla sera i francesi sono sconfitti, gli anglo-prussiani hanno vinto e la guerra è finita. Qua le guerre civili sono cose che si dilatano, sono delle metastasi e tagliare la metastasi non sempre è così semplice …

D. – L’Is che ruolo ha? E’ davvero l’unico, esclusivo pericolo?

R. – Guardi, il problema dell’Occidente, secondo me, è che non ha ancora compiuto l’atto fondatore… Si parla già di guerra e non ha ancora compiuto l’atto iniziale di questa storia, cioè stabilire chi sono i buoni e chi sono i cattivi. Uso una terminologia volutamente ottocentesca: prima definiamo, nella tribù di queste sigle, di questi gruppi, di queste persone, eccetera eccetera, chi sono i buoni e chi sono i cattivi, e poi procediamo. Nel senso che sicuramente le forze dell’islam totalitario sono tra i cattivi e sono tra coloro che vogliono nuocerci – ma dichiaratamente: non è che lo nascondono! – però, poi, prima di riuscire a trovare i buoni – ammesso che ci siano – bisogna fare una classificazione di tutti gli altri, ed è molto complesso.

D. – Concorda sul fatto che al momento mancherebbero i presupposti per un intervento militare in Libia da parte dell’Italia?

R. – Io non lo so, quanto l’Italia possa impiegare su un teatro di questo genere. Certamente, non credo che questo sia un posto dove puoi mandare quello che – come si dice oggi, va molto di moda – le forze speciali; una guerra è una cosa complicata, complessa, per cui ci va una logistica, ci vanno i mezzi finanziari, ci va una catena di comando, ci va tutta una serie di cose: la conoscenza del terreno, degli alleati locali … Cioè, nel 1912 siamo sbarcati qui, arrivando un mattino: una flotta immensa, le corazzate; prima hanno bombardato i forti turchi e poi i marinai dell’Ammiraglio Cagni sono scesi a terra, hanno messo un bandierone sul forte di Tripoli ed è finita lì. Non funziona più così … E comunque, nel 1912 avevamo un’armata gigantesca: gigantesca per l’epoca!, e anche bene attrezzata – cosa strana … Oggi, ce le abbiamo, queste possibilità? E con chi la facciamo, questa operazione?








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