2016-03-01 14:26:00

Supertuesday Usa: riflettori puntati su Trump e Clinton


Negli Stati Uniti la corsa per la nomination alla Casa Bianca entra oggi nel vivo con il cosiddetto “Super Tuesday” giornata in cui il maggior numero di Stati vota contemporaneamente il proprio candidato per le presidenziali. E’ il primo vero test nazionale per i rappresentanti democratici e repubblicani che aspirano a diventare il candidato unico del proprio partito. Hillary Clinton e Donald Trump sembrano, secondo i sondaggi, i favoriti per la sfida finale, ma sulle loro reali possibilità sentiamo l’americanista Alia K. Nardini, docente associata di relazioni internazionali allo Springhill College di Bologna. L’intervista è di Fabio Colagrande:

R. – Credo che la candidatura di Trump venga sovrastimata da parte dei media. Sicuramente come candidato è un “good entertainment”, sono molto interessanti, anche a livello sociale, lo stile e la campagna elettorale che il magnate sta portando avanti. Tuttavia, il fatto che negli ultimi giorni il partito repubblicano si sia mosso per contrastare questa candidatura in modo più deciso e sicuramente più coeso di quanto fatto finora è importante: ci dice che il ‘Grand Old Party’ ha paura di vedere Trump come il proprio candidato alla presidenza. Il problema più grande per i repubblicani è che la sua nomination vorrebbe dire quasi sicuramente consegnare la vittoria ad Hillary Clinton, in un anno in cui i repubblicani avrebbero buone chance di conquistare la Casa Bianca, poiché si viene da due presidenze democratiche; in America l’alternanza politica vuole spesso che ci sia questo tipo di cambiamento, quindi che dopo due presidenze democratiche si abbia un candidato di segno opposto che si insedia alla Casa Bianca. Poi ricordiamo che molti personaggi del ‘Grand Old Party’ si sono già espressi prospettando uno scenario nel quale se Trump avrà la nomination lascerebbero addirittura il partito per appoggiare Hillary Clinton.

D.  - Come spiegare però questa ascesa nei risultati elettorali delle primarie e poi nei sondaggi di Donald Trump?

R. - Sicuramente all’interno del partito repubblicano si è peccato di disattenzione verso quanto stava accadendo internamente all’elettorato conservatore negli Stati Uniti e nel mondo; tutta una serie di scenari internazionali, come l’acuirsi di conflitti nella zona del Medio Oriente, del Nord Africa, il flusso dell’immigrazione, le problematiche di sicurezza nazionale ed internazionale, hanno fatto sì che se non si prestasse sufficiente attenzione a quanto la gente comune si senta ormai sempre più lontana dalla politica. La sensibilità verso questo aspetto è invece ben dimostrata dal parlare schietto di Trump, dalla sua vocazione anti-establishment; in questo senso lo aiuta il fatto di non essere un uomo politico, di essere anzi un magnate dell’industria in grado di proporre soluzioni concrete, quindi di benessere, di denaro; la sua capacità di gestire aziende colpisce cittadini che si sentono messi da parte e non compresi dal mondo della politica. D’altro canto c’è anche un problema interno a quello che è il partito repubblicano oggi, un partito frammentato con diversi candidati. Se tra i democratici assistiamo ad un duello, ad una contrapposizione - che ormai sembra quasi giunta al termine - tra Hillary Clinton e Bernie Sanders, tra i repubblicani abbiamo visto una pletora di candidati con idee differenti, stili differenti intenti ad attaccarsi l’un l’altro. Questo chiaramente ha fatto sì che la sfiducia dell’elettore comune americano verso il mondo della politica e specialmente verso il partito che finora si è dimostrato il più litigioso, portasse ad emergere il candidato che invece chiedeva di portare l’America ad essere di nuovo grande, quindi a superare queste contrapposizioni con una sorta di orgoglio nazionale.

D. - Dunque è invece indiscutibile che sul fronte democratico, alla fine di queste primarie, quest’estate vedremo Hillary Clinton conquistare la nomination?

R. - Io credo di sì e lo dico già da molto tempo guardando ad alcuni dati concreti, quindi a prescindere poi da quella che può essere l’analisi delle politiche. Ci sono due elementi fondamentali: la solidità di Hillary Clinton di fronte ai vari scandali che potevano diventare sue debolezze; l‘altro elemento riguarda il fatto che la Clinton non è mai scesa sotto il 40 percento delle preferenze. Questo è un dato importante, è un dato aggregato ovviamente, quindi che guarda a diversi sondaggi. Però, il fatto è che il candidato democratico principale che fin dall’inizio si prospettava come quello più forte - quindi Hillary Clinton - ha sempre mantenuto un profilo di gradimento altissimo e con il Super Tuesday a suo favore questo vantaggio sembra desinato a consolidarsi.








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