2016-02-22 19:53:00

Siria : Usa e Russia fissano il cessate il fuoco dal 27 febbraio


Siria ancora al centro della politica internazionale all’indomani delle stragi dell’Is a Homs e a Damasco che hanno causato 180 morti e 200 feriti. Scatterà dal 27 febbraio prossimo il cessate il fuoco secondo l’accordo sancito da Stati Uniti e Russia, che attende annuncio ufficiale dalle rispettive presidenze. L’ipotesi viene accetatta in linea di principio dal fronte dell’opposizione siriana riunita a Ryad, mentre trova pieno sostegno da Italia e Turchia. Sul terreno intanto arriva una buona notizia: il sedicente Stato islamico ha liberato gli ultimi 43 cristiani assiri dei circa 200 rapiti un anno fa. Il servizio di Gabriella Ceraso:

Il cessate il fuoco temporaneo in Siria scatterà entro la mezzanotte di sabato 27 febbraio, tra le forze del regime e i ribelli escludendo però le operazioni militari contro i gruppi terroristici Is e Fronte al Nusra, affiliato locale di Al Qaida. I primi a riferirlo sono funzionari americani citati dai media. E subito la decisione suscita reazioni. La tregua va discussa e comunque non deve avvantaggiare i "terroristi" dice Teheran; si' alla tregua in linea principio mediata però dalla comunita' internazionale e a determinate condizioni fa sapere il coordinamento delle opposizioni siriane riunito a Ryad. Il cessate il fuoco va sostenuto e incoraggiato, affermano dal canto loro i ministri degli Esteri di Italia e Turchia riuniti da Ankara. Con Gentiloni anche Cavusoglu plaude ad una transizione politica in Siria e scongiura un attacco di terra imminente coordinato con la sola Arabia Saudita,tuttavia torna a condannare i raid russi come ostacolo alla pace e a proclamare il diritto alla difesa del proprio territorio, con riferimento anche ai curdi. Intanto si alza unanime dall’Onu, dagli Stati Uniti e da Mosca la condanna dei barbari attentati dell’Is ieri a Homs e Damasco con 180 vittime. Invece la buona notizia di oggi è il rilascio degli ultimi 43 cristiani assiri ancora nelle mani dell'Is dei 230 presi in ostaggio un anno fa nel nord-est.  Nulla si sa del pagamento di un eventuale riscatto che era stato chiesto.

Dietro ai drammatici attentati di ieri a Homs e a Damasco con 180 morti e 200 feriti rivendicati dal sedicente Stato islamico, potrebbe nascondersi una mutata strategia o una mutata capacità operativa dei miliziani dell’Is in Siria.E' quanto spiega al microfono di Roberta Gisotti, Stefania Azzolina, analista del Centro Studi internazionali (Ce.S.I):

 

R. – Sicuramente, gli attentati di ieri ad Oms e a Damasco hanno avuto come obiettivo quello di dimostrare che lo Stato islamico, seppure in un momento di oggettiva difficoltà, continua ad avere una capacità grande di colpire quelli che sono in questi momento i centri di potere del fronte lealista e quindi del governo di Assad. Ha grande valore simbolico soprattutto l’attentato a Damasco presso il Mausoleo sciita che viene colpito per la terza volta. Quindi, si vogliono colpire luoghi strategici, simbolici, proprio per riaffermare la propria capacità in un momento che invece sul campo vede lo Stato islamico arretrare su diversi fronti.

D. – È pur vero che questi attentati potrebbero trarre in inganno, perché operare con attentati terroristici non comporta avere poi dietro eserciti equipaggiati e strutture logistiche…

R. – Assolutamente sì. È proprio questo l’obiettivo: cercare, utilizzando strumenti di natura terroristica di sopperire a quella che è una mancanza di capacità di azione sul territorio. Proprio nel corso di questo fine settimana, infatti, si è avuta notizia del ritiro delle milizie di Al Baghdadi da 27 villaggi situati a nord di Aleppo. L’esito della battaglia di Aleppo sarà in grado di fornirci le tendenze del prossimo futuro. Nel caso in cui le forze lealiste riusciranno a concludere l’accerchiamento di Aleppo, e quindi pian piano riprendere anche il controllo del centro cittadino, a questo punto le milizie dell’insorgenza sunnita avrebbero solamente il controllo di Idlib. Questo porterebbe l’opposizione siriana a non avere più un grande credito al tavolo delle trattative.

D. – A proposito di trattative, da Amman in Giordania è arrivato l’annuncio oggi del segretario di Stato Usa, Kerry, di un accordo – ma solo provvisorio, è stato sottolineato – per un cessate-il-fuoco da cui sarebbero esclusi quei gruppi ritenuti dall’Onu terroristi. Ma che senso può avere tale accordo se non quello di inutile facciata?

R. – Rappresenta sicuramente un piccolo passo, nel senso che in questo momento le diplomazie mondiali stanno cercando di evitare una nuova escalation del conflitto. Si è visto come nelle scorse settimane sia la Turchia che l’Arabia Saudita abbiano più volte paventato l’idea di possibili interventi all’interno del contesto siriano, che di fatto andrebbero a rendere la situazione, già difficile, ancora di più precaria soluzione. È un tentativo quindi di trovare un cessate-il-fuoco che però – come giustamente lei sottolinea – è soltanto una dichiarazione, perché lo stesso ministro degli Esteri russo, Lavrov e il segretario di Stato, Kerry hanno detto che permangono ancora delle contrapposizioni su punti maggiormente specifici. Ad esempio, ci dovrebbe essere la volontà da parte della Russia di porre fine ai bombardamenti che in questo momento però stanno aiutando le forze lealiste a riprendere i territori persi nel corso degli anni passati, oppure rimane sempre il ruolo fondamentale di quale sarà il ruolo di Assad una volta che le conflittualità sul campo verranno fermate.

D. – Quindi, un valore più che operativo sul cessate-il-fuoco, un valore politico di contenere, come lei ha spiegato…

R. – Assolutamente sì. C’è comunque la volontà di porre fine al conflitto, ma permangono delle criticità, delle visioni diverse e soprattutto permangono degli interessi estremamente confliggenti l’uno con l’altro, che non permettono di giungere a una sintesi che di fatto possa essere accettabile per tutti i soggetti sia regionali che internazionali coinvolti nella crisi siriana.

 








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