2016-02-22 14:20:00

S. Egidio: la pena di morte sia un capitolo del passato


All’indomani dell’accorato appello di Papa Francesco per una moratoria universale della pena capitale, i fondamentali diritti alla vita e alla dignità della persona sono stati al centro del convegno promosso dalla Comunità di Sant’Egidio alla Camera dei deputati e incentrato sul tema “Per un mondo senza pena di morte”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

L’appello del Papa per una moratoria della pena capitale nel mondo durante l’anno della Misericordia ha irrorato il ricco confronto tra rappresentanti e ministri della Giustizia di 30 Paesi, non solo di Stati abolizionisti. Dal 1786, anno in cui il Granducato di Toscana fu il primo Stato ad abolire legalmente la pena di morte, sono stati compiuti molti passi verso un mondo senza questa piaga. Nell’ultima votazione all’Onu per la moratoria universale delle esecuzioni capitali, sono stati 114 i Paesi a favore. Durante il Convegno, si è anche ricordato che, dopo l’Europa, l’Africa si appresta a essere il secondo continente libero dalla piaga della pena di morte.

Card. Marx: la giustizia sia sempre legata alla misericordia
Il cardinale Reinhard Marx, presidente della Conferenza episcopale tedesca, ha ricordato che la misericordia per i cristiani ha il volto di un uomo, condannato a morte, che ha perdonato i propri carnefici. Per preservare l’umanità – ha aggiunto il porporato – bisogna difendere la società dalla sete di vendetta. La giustizia – ha spiegato – deve essere legata alla misericordia. Uccidere in nome della giustizia deve essere considerato un tratto del passato, non quello della nostra civiltà.

Il giudice Huber: la pena di morte svilisce l’uomo
Peter M. Huber, giudice della Corte Costituzionale tedesca ha ricordato che la Germania nazista ha ‘banalizzato’ la pena di morte, applicata durante gli anni di regime per una ampia casistica di reati. La pena di morte – ha spiegato il giudice – viola la dignità umana perché non risponde a una esigenza di prevenzione o a una istanza di educazione, ma solo a un desiderio di vendetta o a un presunto valore di deterrenza. In questi casi, però, l’essere umano diventa un oggetto della politica statale. La pena di morte svilisce dunque l’uomo, lo riduce ad un mezzo per un fine politico.

Marazziti: il terrore e la paura non diventino una trappola
Anche il linguaggio – ha detto il presidente della Commissione Affari sociali della Camera, Mario Marazziti – mostra il diffuso senso di vergogna nei confronti della pena di morte. Si utilizza infatti il verbo giustiziare, non uccidere. Si usa il termine esecuzione e non omicidio, ha detto Marazziti. Oltre a comprendere l’ipocrisia delle parole, bisogna anche arginare le trappole del terrore. Il sedicente Stato islamico, ha ricordato, vuole paralizzare con la paura anche il mondo occidentale. In questo mondo, dove la morte è esibita e spettacolarizzata, il suo rifiuto – ha affermato Marazziti – è quindi una esigenza di giustizia, una parola di vita.

Il ministro sudafricano Masutha: ora prevale il diritto alla vita
Alcuni ministri di giustizia di Paesi, scossi da violenze e da conflitti, hanno descritto la virtuosa parabola che, attraversando pagine di ingiustizie e di sofferenze, ha completato l’iter verso l’abolizione della pena di morte. Il ministro della Giustizia in Sudafrica, Michael Masutha, ha ricordato come la pena di morte sia stato uno strumento utilizzato nel periodo dell’Apartheid. Nel 1996, ha spiegato, la pena capitale in Sudafrica è stata abolita perché ritenuta incompatibile con il diritto alla vita, saldamente correlato a quello della dignità umana. La storia, ha aggiunto, ha insegnato che in Sudafrica, come altrove, la pena di morte non ha avuto la funzione di deterrenza.

Il ministro cambogiano Ang Vong Vathana: ergastolo anche per reati gravi
Il ministro della Giustizia della Cambogia, Ang Vong Vathana, ha ricordato che nel Paese asiatico per reati gravi, tra cui crimini di guerra e contro l’umanità, la pena massima può essere l’ergastolo. Il ministro cambogiano ha anche ricordato che in recenti processi nei confronti di esponenti del regime dei “Khmer Rossi” – responsabile dal 1975 al 1979 della morte di oltre due milioni di persone – non sono state emesse sentenze di condanna a morte. Ogni Paese, ha auspicato Ang Vong Vathana , consideri la possibilità di applicare l’amnistia e di abolire la pena capitale.

Il ministro della Sierra Leone Kamara: abolizione della pena capitale anche de iure
Tra i vari interventi si registra, infine, quello del ministro della Giustizia della Sierra leone, Joseph Kamara. Lo Stato africano, Paese abolizionista de facto, è stato scosso da una sanguinosa guerra civile finita nel 2002. Il virus dell’Ebola – ha aggiunto il ministro – ha recentemente diffuso paura e incertezza. Ma prosegue il processo di revisione della Costituzione per rafforzare la difesa dei diritti umani. Ed è già incardinato l’iter per l’abolizione, anche nell’impianto del diritto, della pena capitale. 

All’Angelus, Papa Francesco ha lanciato un appello rivolto ai governanti cattolici chiedendo loro di compiere un gesto “coraggioso ed esemplare”. “Nessuna condanna – ha auspicato il Papa – venga eseguita in questo Anno Santo della Misericordia”. Sull’accorato appello del Pontefice all’Angelus, Amedeo Lomonaco ha intervistato il presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo:

R. – Un appello forte che impegna i governanti cattolici, presidenti o capi di governo o uomini politici, perché – come il Papa ha già detto in aereo tornando dal Messico – se uno si dichiara cristiano, questo va verificato anche nelle scelte concrete. Noi cristiani crediamo al Comandamento “Non uccidere”. Dunque, credo che questo appello del Papa scuoterà veramente parecchie coscienze nel mondo, a partire dagli Stati Uniti. Io mi ricordo molto bene che, nel 1986, Giovanni Paolo II, quando convocò le religioni ad Assisi per pregare per la pace, chiese un giorno di tregua mondiale dalle guerre, che effettivamente si verificò. Quindi, con la stessa speranza, guardo a questo appello del Papa.

D. – Guardiamo con speranza, dunque, all’appello del Santo Padre. Il Papa ha anche aggiunto che nell’opinione pubblica è sempre più diffusa la contrarietà alla pena di morte. Anche questo è un ulteriore segno di speranza…

R. – Sì e mi pare che nel discorso del Papa ci sia veramente un appello a una giustizia che si rinnova in cui atti come quelli della vendetta di Stato, rappresentata dalla pena di morte, siano superati, siano atti del passato. Quindi, questo discorso del Papa guarda al futuro e dà una responsabilità a tutti coloro che governano i Paesi in cui c’è ancora la pena di morte di collocarsi nell’età contemporanea, nell’età di oggi, in cui dovrebbero essere garantiti pienamente i diritti umani.

D. – All’età di oggi e anche allo scenario futuro guarda il Convegno “Per un mondo senza la pena di morte”, promosso dalla Comunità di Sant’Egidio. Quali sono i temi su cui si articola questo incontro, questo appuntamento?

R. – E’ il nono appuntamento che la Comunità di Sant’Egidio organizza, convocando ministri della giustizia un po’ da tutti i contenenti – più di 30 – che rappresentano sia Paesi in cui vige ancora la pena di morte, "de jure" o "de facto", sia Paesi che la hanno già abolita. Perché questo Convegno? Per provare, scambiandosi delle esperienze e vedendo l’evoluzione dei Paesi che hanno abolito la pena di morte, a rassicurare Stati che ancora la detengono che proprio senza la pena di morte la giustizia funziona meglio. E lo Stato è più capace di garantire anche la sicurezza dei suoi cittadini. L’altro motivo è quello di sostenere la grande campagna, che si sta facendo a livello di Nazioni Unite, sulla proposta di moratoria universale della pena di morte. L’ultimo voto ha avuto un grande successo: sono 114 gli Stati favorevoli alla mozione. Di anno in anno crescono e quindi vogliamo essere anche un sostegno al grande lavoro che si sta facendo in sede di Nazioni Unite.

D. – Volendo fare proprio un punto sulla situazione della pena di morte nel mondo, quali sono i dati più salienti?

R. – Oggi, ci sono dei tentativi di reintroduzione da parte di alcuni Stati oppure di applicazione in Paesi che la avevano abolita "de facto", perché il terrorismo e la violenza diffusa pongono nuovi problemi. Oggi, dopo l’Europa, che è il primo continente libero dalla pena di morte, grazie al lavoro di Sant’Egidio e di altre organizzazioni l’Africa si sta avviando ad essere il secondo continente. Poi, c’è la grande evoluzione che comincia a esserci in alcuni Stati americani che proprio recentemente hanno abolito la pena di morte. Quindi, questa evoluzione positiva potrebbe avere una ricaduta importante. 








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