2016-02-22 13:10:00

Brexit: Ue non farà campagna per il referendum del 23 giugno


"La Commissione Ue non farà campagna" per il referendum in Gran Bretagna. E’ la decisione annunciata dall’esecutivo comunitario, il cui ruolo – ha spiegato la portavoce Margaritis Schinas – “era da facilitatori tra la Gran Bretagna e gli altri 27” Stati membri. E mentre il premier David Cameron ha dato il via alla sua campagna per il sì alla permanenza del Regno Unito nell’Ue, la sterlina è scesa ai minimi da quasi un anno a questa parte, dopo l’annuncio del sindaco di Londra, Boris Johnson, a favore della Brexit. “L’accordo Ue-Gran Bretagna, in attesa del referendum, dimostra che quando si vuole si possono ottenere risultati favorevoli fra le parti contraenti”. E’ il commento dell’economista Stefano Zamagni sull’intesa che, in attesa del referendum 23 giugno prossimo, ha scongiurato la Brexit. Emanuela Campanile lo ha intervistato:

R. – In primo luogo, l’Unione europea è il più grande partner commerciale della Gran Bretagna. In secondo luogo, l’Ue è uno dei più grandi sistemi finanziari del mondo, e la Gran Bretagna è il più grande centro finanziario dell’Unione europea. In terzo luogo, la Gran Bretagna, dopo la Germania, è il Paese più popolato in Europa, con oltre 65 milioni di abitanti. Allora, basterebbero questi tre dati per farci capire che un’Europa senza la Gran Bretagna, al di là di ciò che qualcuno potrebbe dire. Entrambi ci hanno guadagnato. Finalmente si è risolto il problema delle “due velocità” dell’integrazione. Devo dire che questa è stata una grande abilità dei negoziatori. Il fatto di sapere che ci fosse un italiano tra i negoziatori mi ha consolato, e mi ha confermato che gli italiani, quando vogliono, veramente riescono quasi a fare miracoli. Cioè, riconoscendo che la Gran Bretagna ha diritto ad un minor grado di integrazione, cioè è un Paese dentro l’Ue a statuto speciale, si è però così spianato il terreno per facilitare una maggiore integrazione tra gli altri Paesi. Quindi, la Gran Bretagna resta nell’Unione europea, e i Paesi dell’area euro così hanno adesso la possibilità di integrarsi molto di più fra di loro, e non hanno più la scusa, perché fino adesso la scusa era: “Londra non vuole”. Finalmente – questa è una mia opinione – si apre la prospettiva di un vero e proprio controllo democratico. Voglio dire che finora tutte le grandi e importanti decisioni, dal Fiscal Compact al Fondo Salva Stati, alla cosiddetta “operatività della Troika”, erano prese in sede intergovernativa, non comunitaria. Intergovernativa vuol dire che i capi di Governo si mettevano d’accordo tra di loro bypassando il Parlamento, e questo non è accettabile. Ora, invece, queste stesse decisioni saranno controllate, volute, dal Parlamento stesso. Se ad esempio il Fiscal Compact, che tanto fa parlare e tanto fa soffrire diversi Paesi, tra cui l'Italia, fosse stato deciso in sede parlamentare e non in sede intergovernativa, sicuramente avrebbe avuto tutta un’altra stesura.

D. – Però ancora bisogna lasciare la parola ai cittadini, e il referendum è atteso per il 23 giugno. Vorrei sapere se c’è da parte della società civile una coscienza di quanto lei ci ha descritto…

R. – Conoscendo la loro cultura, i britannici adesso fanno un po’ il gioco delle parti, dicendo che non hanno ottenuto abbastanza, ma il governo inglese non avrebbe inviato Cameron a Bruxelles a negoziare e a firmare l’accordo, se non avesse avuto la contezza e la certezza che il referendum sarebbe passato.








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